Nuovi contatti e sopraluoghi nelle due realtà identificate
come più interessanti delineano maggiormente l’approccio che potrebbe essere
utilizzato nel corso del lavoro e delle riprese. Modificando livelli pratici e
teorici di quanto immaginato all’affacciarsi della ricerca.
Più frequenti sono i contatti, più ci si aspetterebbe una
qualche forma di confidenza, fiducia e informalità con gli interlocutori, non
sempre però è così. E’ il caso del centro culturale di Seggiano e del rapporto
con i suoi volontari. La nostra proposta come già precedentemente riportato
incuriosisce, al punto di “convocare” un incontro allargato, con la “troupe”, i
volontari del centro ed esterni vicini ai volontari o rappresentati di realtà
simili ubicate altrove che su una video-ricerca di questo genere hanno comunque
qualcosa da dire. L’incontro è preceduto, come prevedibile, da un passaggio,
una negoziazione interna, che ci viene poi riportata anche attraverso la
moderazione di Don Luigi. In sostanza il progetto continua a piacere, l’interesse
è forte verso il lasciare una traccia delle attività e delle persone che
lavorano nel centro culturale (sempre che esse siano concordi) sorprende invece
l’improvvisa chiusura verso la visibilità del centro culturale stesso. Non
riusciamo a capire il perché ma la condizione imposta è che il Centro scompaia
dalla scena, nessun riferimento, nessuna inquadratura che possa identificarlo
inequivocabilmente (esterni, le insegne…) e che faccia ricondurre lo spettatore
a quel preciso luogo. Di fatto si vuole valorizzare il contenuto ma rendere
molto generico il contenitore. Anche senza aver ottenuto precise spiegazioni su
questa scelta, sembra opportuno rispettarla sia nelle inquadrature che in
questi report sul blog, nei quali preferirei far riferimento il meno possibile
al Centro Culturale da qui in avanti.
Anche i nostri interlocutori originari sfumano, si
sottraggono dolcemente, mettendoci nelle mani del coordinatore delle attività:
Giovanni, vigile urbano e pilastro del corso d’italiano per stranieri. Il rapporto
con lui si fa subito fitto, è lui a cercarci (numerosissime telefonate e
messaggi in pochi giorni) per spiegarci, per suggerire cosa e come inquadrare,
diventa anche difficile già da ora tracciare una linea tra ricercatore e
oggetto della ricerca. Scopriamo che le attività si svolgono a Seggiano e a
Pioltello, che il corso ha rischiato di chiudere siccome si sono chiamati fuori
gli altri “insegnanti” storici, è rimasto solo lui e ha deciso, sotto loro
suggerimento, di coinvolgere alcuni giovani ragazzi pakistani residenti già da
alcuni anni: Hassan, Faizan, Umer. Insieme insegnano l’italiano alla grande
comunità pakistana ma non solo, Giovanni si sofferma sulla particolarità
intererpretativa di alcune parole o concetti in base alla provenienza geografica
degli utenti.
Progrediscono anche i rapporti con l’Istos, l’insegnante
Barbara, si è convinta ad entrare con le camere in classe. Mossa da un episodio
curioso: la lettura di una poesia di Dante in cui gli studenti di diversa
provenienza hanno voluto ingaggiare una sorta di gara su chi meglio riusciva a
riprodurla e reinterpretarla nella propria lingua d’origine. Barbara s’incarica
di preparare il terreno prima di tutto con l’istituzione scolastica (preside e
passaggi burocratici) e poi con gli studenti. Chiede a noi di ipotizzare un
“ingresso dolce” nel contesto classe, che sia in grado di non sconvolgere gli
equilibri e muovere anzi l’interesse degli studenti.