Il LAMA è uno spazio di riflessione e di sperimentazione nell'ambito delle pratiche audiovisive di rappresentazione dell'esperienza etnografica.
23 ottobre 2014
8 ottobre 2014
Video Fenomeno Zumba
Cari professoressa e colleghi,
buongiorno a tutti. Annunciando che abbiamo caricato il nostro video sul Fenomeno Zumba come da accordo, volevamo approfittare dell'occasione per spendere un paio di parole sul nostro progetto.
Abbiamo deciso di scegliere come oggetto di studio per il nostro video la zumba: un corso fitness di gruppo accompagnato da musica "latineggiante". La motivazione che ci ha spinto a scegliere questo tema è principalmente il fatto che questo corso fitness stia andando per la maggiore negli ultimi anni; inoltre perché anche la sottoscritta, Cristina Ranieri, si è ritrovata nell'ultimo anno a praticarla. La nostra domanda di partenza, prima di svolgere l'etnografia, è stata la seguente: al giorno d'oggi possiamo parlare di fenomeno zumba?
All'interno di questo percorso abbiamo deciso di focalizzarci sul corso di zumba che si svolge nella palestra della sottoscritta: abbiamo ripreso diverse lezioni svolte in questa palestra ed eventi inerenti alla zumba (masterclass ed esibizioni all'aperto); abbiamo intervistato l'insegnante della palestra, cercando di capire cosa fosse la zumba e tutti gli elementi che girano intorno a questo mondo; abbiamo cercato di capire cosa spinge le persone a partecipare a queste lezioni. La ricerca si è svolta nell'aerea della periferia di Milano. Grazie a questo lavoro abbiamo riscontrato che la zumba è un fenomeno che ha contagiato un sacco di persone e che i benefici derivanti da esso non sono solo fisici; la musica contagiosa ed energica fa sì che le persone condividano divertimento, gioia e fatica.
Buona visione
http://www.youtube.com/watch?v=RlbmRGiKqKk&feature=youtu.be
Cristina Ranieri
Jacopo Milelli
buongiorno a tutti. Annunciando che abbiamo caricato il nostro video sul Fenomeno Zumba come da accordo, volevamo approfittare dell'occasione per spendere un paio di parole sul nostro progetto.
Abbiamo deciso di scegliere come oggetto di studio per il nostro video la zumba: un corso fitness di gruppo accompagnato da musica "latineggiante". La motivazione che ci ha spinto a scegliere questo tema è principalmente il fatto che questo corso fitness stia andando per la maggiore negli ultimi anni; inoltre perché anche la sottoscritta, Cristina Ranieri, si è ritrovata nell'ultimo anno a praticarla. La nostra domanda di partenza, prima di svolgere l'etnografia, è stata la seguente: al giorno d'oggi possiamo parlare di fenomeno zumba?
All'interno di questo percorso abbiamo deciso di focalizzarci sul corso di zumba che si svolge nella palestra della sottoscritta: abbiamo ripreso diverse lezioni svolte in questa palestra ed eventi inerenti alla zumba (masterclass ed esibizioni all'aperto); abbiamo intervistato l'insegnante della palestra, cercando di capire cosa fosse la zumba e tutti gli elementi che girano intorno a questo mondo; abbiamo cercato di capire cosa spinge le persone a partecipare a queste lezioni. La ricerca si è svolta nell'aerea della periferia di Milano. Grazie a questo lavoro abbiamo riscontrato che la zumba è un fenomeno che ha contagiato un sacco di persone e che i benefici derivanti da esso non sono solo fisici; la musica contagiosa ed energica fa sì che le persone condividano divertimento, gioia e fatica.
Buona visione
http://www.youtube.com/watch?v=RlbmRGiKqKk&feature=youtu.be
Cristina Ranieri
Jacopo Milelli
6 ottobre 2014
Doing Visual Ethnography - By Sarah Pink
Doing Visual Ethnography
– By Sarah Pink.
Riflessioni e linee guida teoriche e pratiche sull'etnografia visualeIl testo di Sarah Pink, in particolare nella sua terza edizione, si conferma un utile strumento per riconoscere l'importanza che i media hanno nella formazione della conoscenza durante il processo etnografico e come questa conoscenza può essere rappresentata in modo efficacie al fine di raggiungere il maggior numero di persone possibile. Permette quindi di approfondire il tema delle risorse e potenzialità dei mezzi visivi aiutando l'etnografo nei suoi progetti di ricerca sul campo. In particolare nella terza edizione affronta anche temi attuali legati alle pratiche web e ai digital media.
Dal libro di Sarah Pink emergono quindi due aspetti di analisi che affronterò in questo lavoro e che possono essere utili come base per una ricerca sul campo; una parte teorica legata al pensiero e all'approccio nei confronti della ricerca etnografica in relazione alle immagini e alla loro importanza nel comprendere l'esperienza sociale delle persone, ed una parte pratica legata allo svolgimento del lavoro sul campo attraverso l'utilizzo dei diversi mezzi, ovvero fotografia, video e web e a come rappresentare tale conoscenza in un lavoro accademico che possa raggiungere il pubblico. Per dirlo con le parole della Pink, il suo è un libro metodologico, “il cui scopo è mettere insieme elementi teorici e pratici di approccio visivo all'apprendimento e alla conoscenza, del mondo e nel mondo, e comunicare tutto ciò agli altri.” (Pink, 2013, p. 6)
In merito all'aspetto teorico, Sarah Pink stressa alcuni concetti fondamentali:
- Aspetto interdisciplinare dell'approccio visivo. Un approccio etnografico orientato verso l'aspetto visivo è sempre più riconosciuto in diverse discipline fra cui geografia, medicina, pedagogia, design, ingegneria, pianificazione urbana. Si è ormai entrati a far parte di una pratica di dinamica interdisciplinare ed internazionale, dove l'incorporazione dei mezzi audiovisivi diventa ormai parte del lavoro di ricerca sul campo di ricercatori di varie discipline.
- Aspetto riflessivo del lavoro etnografico. Tale approccio si focalizza sui concetti di soggettività, collaborazione, creatività e consapevolezza. Mette insieme le idee antropologiche sull'individuo nella società con le teorie visive, al fine di capire come le immagini e le tecnologie interagiscono con la cultura oggetto di studio. Lo scopo dell'etnografo è di capire le pratiche visive e le immagini che sono parte del mondo delle altre persone e allo stesso tempo avere un approccio riflessivo sulle proprie pratiche visive e immagini e sulla conoscenza ad esse associata. L'etnografia visiva si presenta quindi come un processo di apprendimento ed esperienza piuttosto che come una forma di 'data collecting'. Per la Pink l'etnografia è “una metodologia e un approccio per sperimentare, interpretare e rappresentare esperienze, culture, società e ambiente sensoriale e materiale che influenza ed è influenzato da diverse agende disciplinari e principi teorici.” (Pink, 2013, p. 34). Lo scopo quindi dell'etnografia non è di produrre un verità oggettiva o una descrizione veritiera della realtà ma di presentare una versione dell'esperienza dell'etnografo in merito alla realtà analizzata che sia fedele al contesto tenendo conto che tale esperienza è frutto di un lavoro di negoziazione e intersoggettività. L'approccio riflessivo riconosce quindi la centralità della soggettività del ricercatore nella produzione e nella rappresentazione della conoscenza. Il ricercatore quindi deve essere consapevole di come la sua storia ed esperienza personale influenza il suo lavoro e di come gli altri soggetti lo percepiscono. Ciò comporta l'applicazione di metodi collaborativi e partecipativi. Secondo la Pink ciò che fa di un'immagine, un testo, un'idea etc un pezzo di conoscenza etnografica è la sua interpretazione ed il suo inserimento in un determinato contesto.
- Approccio sensoriale. Le immagini ci permettono non solo di vedere ciò che è evidente ma anche di immaginare le cose che non possiamo vedere. L'immaginazione sta sempre di più diventando un campo etnografico, dove sogni e pensieri interiori diventano oggetti di analisi sul campo. Le immagini sono parte della nostra immaginazione e le pratiche visive ci aiutano ad analizzarle allo scopo di far emergere sentimenti e sensazioni. L'etnografia visiva non è quindi solo un metodo di osservazione ma ci può aiutare ad entrare in una sintonia partecipativa con le persone con cui lavoriamo. Vi è quindi un aspetto intangibile nelle immagini. I video e le foto sono realizzate nella relazione con gli altri per cui sono sia parte del mondo del ricercatore sia parte del mondo e dell'ambiente dei soggetti oggetto della ricerca, creando inevitabilmente un rapporto dove il lavoro dell'etnografo diventa parte della vita delle persone e dove la loro vita diventa parte della ricerca. L'etnografia visuale diventa un modo per comprendere quegli aspetti dell'esperienza che spesso sono sensoriali, taciti e invisibili.
- Aspetto etico. L'etica dipende dal contesto nel quale ci si trova e dalle relazioni di potere che si creano sul campo fra etnografo, informatori, altri professionisti, sponsors, uffici istituzionali. La Pink suggerisce di fare una riflessione sulle proprie credenze etiche, senza considerarle necessariamente superiori e di crearsi un proprio codice etico personale e professionale, magari facendo riferimento a diverse fonti, tra cui le guide etiche di associazioni professionali. Compito dell'etnografo è essere responsabile assicurandosi di rispettare i principi a cui fa riferimento. Un giusto approccio secondo la Pink è quello che tiene conto della sensibilità con cui le persone nei vari contesti sperimentano ansia e stress per evitare di danneggiare i soggetti. Inoltre bisogna avere un approccio collaborativo e trasparente informando opportunamente i soggetti in merito al consenso alla pubblicazione fin dall'inizio e condividendo con loro il materiale prodotto.
Passando ora all'aspetto più pratico della ricerca diventa importante capire che tipo di metodi e mezzi usare sul campo. A volte è possibile, se non necessario, scegliere ciò prima della partenza, mentre altre volte è possibile decidere sul posto in base alla relazione che si viene ad instaurare con i partecipanti. La Pink suggerisce tre metodi principali di ricerca visiva: photo elicitation (intervistare con le immagini), video tour e participant-produced images. Prima di partire può essere utile cercare online siti web, blogs, forum, video, fotografie per capire come la cultura visiva di una società è rappresentata di solito e analizzare ciò che altri ricercatori hanno fatto prima di noi. In realtà però solo quando si è sul posto si capisce come si può realmente procedere. La Pink quindi suggerisce di avere un approccio aperto alle possibilità durante il processo di ricerca, questo significa che la nostra strategia potrebbe anche dover essere modificata in corso d'opera. E' importante inoltre quando si decide quale tecnologia usare ricordare che una macchina fotografica o un computer saranno parte del contesto di ricerca e diventano elementi dell'identità del ricercatore. I mezzi diventano parte delle relazioni sociali e del modo in cui i partecipanti interagiscono con noi, può diventare argomento di conversazione, collaborazione e condivisione di interessi. Inoltre bisogna tenere conto che in alcune circostanze bisogna vagliare bene aspetti come la marca, la grandezza, il design o la portabilità dell'equipaggiamento e vari aspetti pratici (trasporto, elettricità etc). A volte infatti può essere necessario sacrificare la qualità delle immagini per rappresentare un particolare tipo di conoscenza etnografica, dove immagini scure o sgranate possono essere di maggiore efficacia.
Analizziamo ora i mezzi: fotografia, video, web.
Fotografia
Secondo
la Pink non è possibile attribuire una valore di “etnograficità”
all'immagine in base al suo contenuto, alla sua forma o al suo
potenziale di dato raccolto. Il valore dell'immagine dipende dalla
sua interpretazione e dal contesto in cui si colloca. In una foto
antropologica non è il soggetto che conta ma il significato che
nasconde. Inoltre una foto non ha un singolo significato ma dipende
da chi la analizza e in quale contesto. La fotografia è quindi
composta da elementi soggettivi, ognuno ha la sua teoria di
rappresentazione.
L'etnografo
ha una responsabilità, interpreta le immagini in un certo modo dando
una visione della realtà che si deve relazionare con le aspettative
di molti attori (istituzioni accademiche e culture locali).La fotografia crea una forma di connessione con la comunità. In alcuni casi la cosa è immediata soprattutto quando i soggetti hanno familiarità con la presenza di fotografi (es. lo studio che la Pink ha fatto sulla corrida in Spagna). Altre volte invece, prima di poter usare la macchina fotografica, è necessario essere riconosciuti come persone di fiducia.
Come
usare le fotografie:
- come mezzo per intervistare e non solo come oggetto di studio, la foto in questo caso diventa un metodo etnografico mobile.
- Walking and photograpy. È un metodo che sta diventando molto popolare nella ricerca, il cui scopo è rappresentare l'esperienza di ambienti particolari. Chi vede le foto è chiamato a fare un viaggio attraverso le immagini in modo empatico, si crea una relazione con l'ambiente. La fotografia è un processo per creare immagini mentre ci muoviamo nel mondo spesso insieme ad altri. Camminare, fare dei tours e fotografare insieme alle persone è un modo per partecipare al modo in cui sperimentano e danno significato al loro ambiente e ci permette di avvicinarci alla sensorialità del luogo. Quindi, significa muoversi nell'ambiente come parte dell'ambiente stesso.
- Fotografia partecipativa e collaborativa. Lavorare con uno o più informatori in lavori creativi che uniscono il punto di vista dell'etnografo a quello dei partecipanti. Importante è entrare nella cultura fotografica locale riproducendo le immagini che sono più popolari per loro. Spesso la foto che noi facciamo per rappresentarli non è quella che loro vorrebbero perchè non li rappresenta. Ascoltare come loro vorrebbero essere fotografati è importante per capire l'idea che loro hanno della performance sociale che deve emergere dalla foto. Un' altra possibilità è lasciare che loro facciano delle foto per capire la loro prospettiva, anche perchè possono accedere a contesti che gli etnografi non riescono a vedere. Si può imparare molto osservando come le altre persone usano la fotografia per inserirci nelle loro categorie.
- Uso della foto nelle interviste (photo elicitation). L'intervista fotografica (metodo creato da John Collins Jnr. 1986) è un modo per invitare, co-creare e generare conoscenza, serve come riferimento per esaminare l'atteggiamento degli informatori nei confronti della vita, del lavoro, del loro ambiente. Le immagini mostrate scattate dall'etnografo sono indicative del modo in cui lui vede la realtà e questo può essere lo spunto per discutere e confrontarsi sul diverso modo di vedere le cose, di rappresentare la realtà e le immagini. Spesso inoltre mostrare le foto diventa un modo per parlare di cose che è difficile descrivere a parole e le foto sono particolarmente efficaci per rievocare ricordi e storie personali perchè alimentano la dimensione sensoriale ed evocativa.
Video
Per
la Pink la video etnografia è basata su tre presupposti principali:
a) non è possibile filmare o girare un video di persone o culture in
modo 'indisturbato'. Le persone saranno sempre influenzate, almeno in
parte, dalla presenza del video. L'etnografia è sempre una
rappresentazione e quindi è costruita. b) la conoscenza etnografica
non si manifesta sempre attraverso fatti osservabili. La conoscenza
nasce dalla negoziazione sul campo, non è una realtà oggettiva. c)
l'etnograficità di un video non dipende dal suo contenuto ma è
contestuale, un video è etnografico quando chi lo vede ritiene che
contenga informazioni di tipo etnografico.
Il
senso di un video non è quello di portarci indietro nel tempo ma
quello di proiettarci in avanti verso una nuova conoscenza. Anche in
questo caso l'approccio riflessivo è sempre importante. Per la Pink
il video deve essere prodotto di una configurazione di persone e cose
in movimento.Quando si fa un video ci sono due elementi che influenzano le relazione con i partecipanti: le differenze culturali e ambientali e la presenza della videocamera che ha un impatto sulle relazioni fra etnografo e individui coinvolti; la videocamera e la registrazione diventano elementi della relazione.
Osservare la relazione dei partecipanti di fronte alla videocamera può essere molto importante per capire la rappresentazione che loro hanno di sé stessi. Ad esempio, nel lavoro di Manuel Cerezo sugli immigranti africani in Spagna (Tres antropologos inocentes y an ojo si parpado, 1996), i soggetti non hanno apprezzato il video perchè vi vedevano rappresentata la loro condizione di povertà.
Spesso prima di fare il primo video potrebbe trascorrere molto tempo, soprattutto quando i soggetti sono molti ed ognuno ha tempi diversi di adattamento e interazione. A volte però la preparazione del luogo per il video (luci, etc) può essere un modo per interagire.
Come
usare i video:
- Mostrare le immagini ai soggetti. E' un modo per ascoltare le critiche su come l'etnografo ha visto la scena e cosa loro invece vedono attraverso le immagini; questo permette di capire il loro modo di osservare. Cristina Grasseni (Video and ethnographic knowledge, 2004) dice che l'etnografo può, affidandosi agli informatori, sviluppare ciò che lei chiama la 'skilled vision': l'abilità di capire e vedere i fenomeni locali nello stesso modo delle persone con le quali il ricercatore sta lavorando.
- Creare dei video tour collaborativi. Creare un video in diretta collaborazione con le persone coinvolte, chiedendo loro di essere attori partecipi. Lo scopo è chiedere loro di mostrare a parole e fisicamente alcune loro attività o aspetti della loro vita. (es. lavoro della Pink, Cleaning Homes and Lifestyles, 1999). Il tour video permette alle persone di mostrare le loro esperienze ai ricercatori, offrendoci un modo per cercare di comprenderli.
- Dare la telecamera ai partecipanti. Lasciare che siano loro a girare il video. Diventa per i soggetti un processo di auto-esaminazione che aumenta la loro consapevolezza e ci permette di raggiungere luoghi e contesti personali e intimi ai quali spesso il ricercatore non ha accesso. Diventa un processo di brokerage culturale. (Chalfen and Rich, 2004).
- Video partecipativi. Fare un video insieme ai partecipanti è importante non tanto per il risultato finale ma per il processo collaborativo che si produce perchè attraverso questo processo si generano nuovi livelli di coinvolgimento e consapevolezza che servono per produrre conoscenza.
Web
Parlando
di web la Pink non vuole semplicemente mostrare come quella
particolare piattaforma o tecnologia può essere usata nella
etnografia digitale, ma invitare i lettori a vedere nei media
digitale nuove opportunità. L'uso dei media è di per sé un
progetto di ricerca per sperimentare nuovi metodi.
Dato
che la tecnologia digitale è in continua evoluzione per la Pink non
è importante parlare dei singoli mezzi tecnologici; nell'era
digitale infatti le tecnologie non sono così distinte. Il suo scopo
è capire il legame che esiste fra i mezzi usati (foto, video) e
internet e le implicazioni legati alla pubblicazione on-line del
lavoro dell'etnografo. I video, le registrazioni e le altre
tecnologie sono parte di un assemblaggio che compone il materiale
on-line. Il tema principale qui infatti è che chi fa etnografia
digitale deve stare attendo al significato e alla conoscenza che le
informazioni possono produrre nel contatto con il web.La Pink tratta alcuni esempi di come la fotografia e il video vengono usati per creare comunicazione, interazione e relazioni sociali attraverso il web. Un esempio è lo studio di Fors (Fors et al, 2013) sui giovani svedesi che creano di diari fotografici sul web da condividere con gli amici. I photo diaries forniscono un ricco contenuto per capire cosa è importante per i giovani e permette agli etnografi di entrare nella loro dimensione altrimenti inaccessibile, permette di capire come i giovani vivono fra loro in connessione con l'ambiente e le cose. Quello che questi studi dimostrano è come, coinvolgendo i giovani in un progetti di digital media nella loro vita di tutti i giorni, possiamo creare dei modi per capire il loro mondo anche oltre i media. Lo scopo è comprendere i loro movimenti online e offline.
Ardevol e San Cornelio nel loro lavoro sui video girati nella metro di Madrid (Si quires vamos en accion: Youtube.com, 2007) mostrano come l'analisi dei video online possono diventare oggetto di ricerca etnografica, studiandone sia l'aspetto tecnico sia l'esperienza dei soggetti nella produzione stessa del video e analizzando come la presenza sicura di potenziali spettatori sia parte della creazione del video stesso generando delle aspettative.
I video sul web sono un modo quindi per fare etnografia; inoltre analizzandoli nel corso del tempo si nota come è cambiata la tecnologia, le persone, la società e il loro rapporto con il web. Partendo dal web si può legare la ricerca tradizionale (es. interviste, metodo partecipativo, analisi di testi). Il luogo etnografico diventa quindi non solo quello materiale e fisico ma è il web stesso.
Ogni
giorno emergono nuove forme online di etnografia visiva. La Pink
indica alcuni esempi come i giornali online che rispetto a
quelli tradizionali offrono un'esperienza visiva nuova, più
completa, a partire da una maggiore quantità di fotografie, da video
accessibili direttamente tramite i links, da layout di testo che sono
essi stessi una forma di rappresentazione visiva. Questi giornali
offrono un grande potenziale alla pubblicazione della antropologia
visuale, perchè i testi si armonizzano alle immagini in maniera più
incisiva, con livelli maggiori di coinvolgimento, empatia e
rappresentazione della realtà. Un esempio: Visual Ethnography
(www.vejournal.org).
Altre
forme online di diffusione dell'etnografia visiva sono i siti web e i
blogs. Tra gli esempi citati il blog di Cristina Lammer sulle sue
ricerche in campo della salute ('Healing Mirrors: Body Arts and
Ethnografic Methodologies', 2012), dove attraverso il blog fornisce
aggiornamenti continui sul suo lavoro e riesce a raggiungere un vasto
pubblico (accademici, artisti, medici), composto sia da persone con
cui collabora che da appassionati dell'argomento. In merito ai siti
web, la Pink cita invece www.praticagroup.com/pictures_videos.shtml
(Sunderland and Denny, 2007) dove pubblicano sia video dei
partecipanti che dei ricercatori, dando origine a quello che loro
chiamano cinema verité. Rispetto ai giornali online, i blogs e i
siti sono spazi digitali dove le ricerche possono essere pubblicate,
discusse e presentate mentre si sviluppano, è un processo on-going
che viene aggiornato di continuo.
Costruire significati
attraverso la classificazione e l'analisi.
La
Pink ci dice che dobbiamo tenere un approccio riflessivo anche nei
processi di classificazione, analisi e interpretazione del materiale
raccolto che riconosce la costruttività delle scienze sociali, dei
contesti e delle relazioni e le contingenze attraverso cui i
significati sono costruiti.
Come
procedere:
- Creare
un archivio immagini. La
prima cosa da fare è creare un archivio delle immagini attraverso
l'uso di software specifici. Le immagini possono essere salvate su
hard drives, online o in reti informatiche condivise. A volte questo
processo di archivio inizia dopo la fine del lavoro sul campo, ma
nell'attuale era digitale la ricerca, l'archivio e l'analisi spesso
si sovrappongono e durano per tutto il periodo della ricerca.
La
categorizzazione delle immagini dipende dai temi che si vogliono
affrontare e dall'uso che se ne deve fare (documentari, presentazione
etc).
- Analisi.
Le immagini si muovono nel mondo
e le loro storie possono assumere significati diversi. Nel momento in
cui le immagini abbandonano il campo verranno interpretate attraverso
una molteplicità di prospettive diverse. Gli osservatori danno un
significato soggettivo e contingente alle immagini, queste ultime
quindi devono essere 'collocate'. Importante è ricordare che lo
scopo non è tradurre in parole le immagini ma esplorare la relazione
fra i vari modi di fare conoscenza (diari di campo, registrazioni
video e audio, trascrizioni, letteratura, posts online dei social
network, foto amatoriali). Quindi la fotografia non serve per
illustrare le note di campo e i video non sono solo la prova
dell'intervista, ma immagini e parole si contestualizzano l'uno con
l'altro, sono fra loro interdipendenti.
E'
necessario inoltre avere un approccio riflessivo, il che significa
non rendere il processo solo sistematico, ma tenere conto delle
storie, delle emozioni, combinare l'aspetto realista delle immagini
alla consapevolezza della loro costruzione soggettiva. Usarle sia
come realistic record (come documentazione di sequenze di eventi) sia
come forma narrativa pur riconoscendo la contingenza del
significato. I significati infatti spesso vengono rivisti per motivi
accademici, cambiano a seconda del contesto, questo non significa
rimpiazzare ciò che è stato fatto sul campo ma aggiungere un
ulteriore strato in modo da creare una biografia dell'immagine. Ogni
interpretazione data a un immagine ha un significato antropologico
quando legata ad altri livelli di conoscenza.
Come scrivere un testo
ed integrarlo alle immagini.
La
Pink contesta la dominanza del testo scritto nelle rappresentazioni
etnografiche. La rappresentazione della conoscenza etnografica non è
solo un fatto di produzione di parole ma di collocare immagini,
qualche volta in relazione alle parole scritte, ma anche in relazione
ad altre immagini, a dialoghi o suoni. Alcuni studiosi, come George
Marcus e Paul Stoller, suggeriscono di scrivere non secondo la forma
convenzionale di 'linear narrative' ma attraverso un 'montage text',
non è più solo un discorso accademico ma una interazione che nasce
in unione con i discorsi degli individui e con le culture locali,
ovvero una rappresentazione simultanea e non-gerarchica delle diverse
conoscenze (locali, accademiche, personali) all'interno dello stesso
testo. Per raggiungere questo scopo è necessario unire diversi
stili, tra cui ad esempio poesia, racconti autobiografici, scritti
accademici, fotografie etc. Un numero sempre crescente di autori
hanno sviluppato libri accompagnati da foto e anche da collegamenti a
web sites dove trovare materiale visivo addizionale.
Un
altro elemento da analizzare è: scrivere al presente o al passato?
Anche i testi che vengono usati per descrivere le immagini possono
essere scritti al presente o al passato. Normalmente scrivere al
presente serve a rendere il contenuto astratto e oggettivo, invece
scrivere al passato costituisce l'affermazione di autorità e
autenticità dell'etnografo. Se il testo della foto è scritto al
passato lo scopo è dare evidenza della propria presenza sul campo e
produrre uno specifico momento etnografico con l'intento di
convincere il lettore dell'autorevolezza del ricercatore.Scrivendo al presente invece si vuole indicare l'idea di permanenza e continuità, un'immagine situata nel presente è trattata come una rappresentazione realistica, si crea una particolare relazione fra il testo, l'immagine e il contesto etnografico. Il presente etnografico è un processo dove l'esperienza etnografica, il materiale raccolto sul campo e i dibattiti accademici si intersecano fra loro.
Il testo e le foto spesso sono inserite di pari passo quando vogliono essere da supporto l'uno dell'altro (approccio realistico). Altre volte le foto possono essere separate dal testo in modo che possano essere interpretate da sole da parte del lettore/osservatore (approccio narrativo), le foto in questo caso non sono a supporto del testo ma in relazione con lo stesso.
Simili approcci riguardano l'uso dei video nella rappresentazione etnografica. Vi sono diversi approcci. Il primo è un approccio oggettivo, dove si ritiene che il video debba avere un valore scientifico e quindi descrivere il più possibile la realtà e la cultura in oggetto, senza modifiche e conservando i suoni originali. Un secondo approccio invece tende a valorizzare l'individuo più che la cultura nel suo insieme, quindi è più soggettivo. Il terzo approccio è di tipo partecipativo fondato sulla collaborazione con i soggetti della ricerca. Secondo Barbash and Tylor (Cross Cultural Filmmaking, 1997), la preparazione di un documentario è per natura un processo collaborativo, è impossibile fare un film sulle altre persone completamente da soli. I partecipanti possono essere coinvolti a diversi livelli, nell'editing, nel commento e nel feedback, nel supporto tecnico o anche nella presentazione del video a esterni.
Anche per il video, come per la fotografia, è importante unire al video anche atri materiali di ricerca. Immagini e testo sono complementari, entrambi partecipano a livelli diversi alla rappresentazione dell'esperienza individuale. E' inoltre importante sapere a che pubblico ci si rivolge. Ad esempio conferenze e seminari sono i luoghi adatti in cui inserire video clips in combinazione con altri testi e immagini. Il video ha la capacità di incorporare l'esperienza multisensoriale del lavoro sul campo e di evocare la parte empatica del pubblico molto più di quanto possa fare da solo un testo scritto.
Conclusione
Sarah
Pink conclude il suo lavoro dicendo che il suo libro non è un
metodo, non è qualcosa che si 'fa' ma qualcosa che accade mentre si
fa, e il fare è in continuo cambiamento poiché la tecnologia, la
teoria, la pratica e la vita vanno avanti in modi nuovi. Nonostante
le nuove tecnologie che nascono ogni giorno, noi possiamo imparare da
quelle già esistenti, sono il nostro punto di partenza mentre il
nuovo si fa strada. Le nuove emergenti tecnologie cambieranno ancora
i contesti, le relazioni, i luoghi nei quali fare etnografia
visuale. Nonostante ciò l'autrice ritiene che alcuni concetti
rimangono fondamentali e alla base del lavoro nella pratica, concetti
che sono sempre più presenti nel modo in cui l'etnografia visuale
digitale è teorizzata, approcciata e performata. Tali concetti sono
ad esempio la partecipazione, il mapping, la sensorialità, il
movimento. La relazione fra questi elementi può essere sempre il
punto di partenza per una etnografia visuale digitale.
1 ottobre 2014
Furto in U16
Ciao a tutti,
a causa del furto attrezzature avvenuto nell'edificio U16 durante la pausa estiva, il laboratorio di Antropologia visiva è spostato al secondo semestre.
Coloro che hanno lavori in sospeso e che necessitano della registrazione dei crediti entro la fine del semestre si facciano vivi via mail per accordi specifici
un caro saluto a tutti
sara
a causa del furto attrezzature avvenuto nell'edificio U16 durante la pausa estiva, il laboratorio di Antropologia visiva è spostato al secondo semestre.
Coloro che hanno lavori in sospeso e che necessitano della registrazione dei crediti entro la fine del semestre si facciano vivi via mail per accordi specifici
un caro saluto a tutti
sara
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