La costruzione della casa, con o senza l’aiuto dell’architettura,
è da sempre un universale impulso culturale. Avere un posto da condividere con
persone con cui si ha una relazione, possedere una casa fa parte della natura
umana. Le case possono essere di vari tipi in base alla cultura delle persone
che vi abitano. Possono essere case disegnate per durare nei secoli oppure essere
mobili, come nel caso dei nomadi che si spostano con le loro tende in continuo;
possono essere imponenti oppure quasi invisibili (i ripari di foglie dei Punan
nelle foreste del Borneo). In tutti questi casi abbiamo bisogno di vedere e
capire le trace visibili che ci offrono le diverse costruzioni per comprendere
la cultura dei loro abitanti.
Con architettura vernacolare si intendono le forme
architettoniche-edilizie che appartengono alla tradizione più antica dell’uomo (dalle
tende dei nomadi alle tombe celtiche fino ai portici come dispositivo urbano) e
che non sono attribuibili a nessun progettista o autore in particolare. Nel
passato quasi la totalità delle abitazioni veniva costruita dai propri
abitanti. Secondo Paul Oliver, negli anni Ottanta soltanto il 5% delle
abitazioni è stato costruito con l’aiuto di professionisti, ma quelli disegnati
da architetti erano meno dell’1%.
In Africa le donne sono le principali costruttrici delle
case di fango e materiale vegetale. Il film Building
Season in Tiebele è un documentario sulla costruzione delle tipiche case in
terra cruda dei kassena (etnia del
distretto Tiebele di Burkina Faso, Africa). Le costruzioni hanno forma
arrotondata, senza finestre verso l’esterno e hanno le pareti esterne
affrescate con disegni geometrici realizzati dalle donne sposate. I disegni rappresentano
oggetti di vita quotidiana e animali. Il particolare impianto di questi
villaggi aveva scopo difensivo. Le case costruite da molte società dell’Asia
Sudorientale sono, invece, opera degli uomini adulti, molto abili nella
lavorazione del bamboo e del legno.
Questi sono due esempi di architettura vernacolare che
riflette le culture, le usanze, le storie dei popoli. Questa architettura è
molto più interessante per gli studi antropologici degli edifici costruiti dai
professionisti. Gli antropologi studiano anche l’architettura moderna opera
degli architetti, tenendo conto, però, che gli edifici progettati rispecchiano
il loro stile e non quello di chi vi abiterà. L’architettura vernacolare è in
netto contrasto con quella moderna e spesso è vista in modo negativo dagli
architetti in quanto non-moderna.
Gli antropologi sono molto attenti al significato sociale
dell’architettura ma poco pratici nel disegnare e analizzare le tecniche di
costruzione. Gli architetti, al contrario, possono riprodurre perfettamente gli
edifici ma prestano poca attenzione al loro lato sociale e al loro significato.
Una soluzione sarebbe insegnare le tecniche di disegno e fotografia agli
antropologi ma, per quanto portati, non avranno mai le qualità degli architetti.
Un’altra soluzione potrebbe essere una collaborazione, ma spesso gli architetti
sono troppo ambiziosi per “perdere tempo” a prendere misure e disegnare case
antiche per poi lasciare l’interpretazione del significato sociale agli
antropologi.
Il contributo più significativo per lo studio
dell’architettura vernacolare è stato dato da Paul Oliver. Dopo svariati studi
sul campo in zone colpite da calamità naturali, ha introdotto il master in
International Studies in Vernacular Architecture all’Oxford Brookes University.
Ha pubblicato anche l’Encyclopedia
of Vernicular Architecture of the World in tre volumi.
Molto importanti sono anche le ricerche e gli studi di
Labelle Prussin (African Nomadic
Architecture: Space, Place and Gender), che si definisce “architetto e storico
dell’architettura”. Ha studiato alcune società nomadi dell’Africa e il modo di
trasportare con sé tutta la loro vita. Impacchettare la propria casa e
caricarla su un cammello sono abilità straordinarie, riservate alle donne, che
solo se provata dai ricercatori riesce a essere apprezzata veramente. La
Prussin ha raccolto fotografie e disegni che testimoniano queste straordinarie
tecniche, che le ragazze imparano ancora in tenera età giocando con tende in
miniatura.
Molte culture hanno dovuto fare i conti con i tempi
moderni. E’ il caso delle tradizionali case balinesi. L’aumento della
popolazione urbana (quintuplicata a Denpasar) ha portato la popolazione locale
a usufruire dell’architettura moderna per trovare spazio per tutti. Non è
possibile riprodurre le case tradizionali come in campagna e si cerca con
l’aiuto dei professionisti ad adattare lo spazio che si ha a disposizione al
numero sempre crescente di persone che abitano in città. Un cambiamento molto
importante è stato la suddivisione interna come nelle case occidentali (stanze
con funzioni diverse).
L’antropologia visiva, nel caso dell’architettura
vernacolare, dovrebbe servirsi più spesso dei media visivi, come il video. Il
caso del film Building Season in Tiebele
documenta tutto il processo della costruzione delle case tradizionali, ci dà un
quadro completo del lavoro svolto, della suddivisione dei lavori, dell’importanza
del lavoro femminile in questa società.
Lo studio dell’architettura vernacolare è un ramo molto
importante dell’antropologia, sottovalutato nel passato, che consente di
conoscere il modo di vivere di tanti popoli nel mondo. Per farlo nel migliore
dei modi deve ricorrere ai media visivi e alla collaborazione tra architetti e
antropologi.
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