Parte
seconda
Nell'ottica
di una attenta analisi degli effetti che il film etnografico genera
sul pubblico è necessario pensare a come determinati temi possano
talvolta shockare gli spettatori, o generare un travisamento dei
contenuti, data la lontananza tra le culture interagenti, come si può
notare dall'esperimento di Schwartz (1955), che nel tentativo di
monitorare i timori del pubblico americano riguardo la castrazione,
mostrò in un teatro un film etnografico riguardante le pratiche di
subincisione degli Aborigeni centro-australiani. Il risultato fu
appunto quello di turbare gli spettatori data la relatività
culturale di una pratica per loro insensata e cruenta.
Questa
relatività non è solo un fatto di distanza tra soggetto e
spettatore, essa è veicolata anche dalla rappresentazione stessa coi
suoi paradigmi tecnologici, così da rendere necessaria un'attenta
analisi a riguardo, dato che le pratiche dei film-makers muovono i
risultati in certe direzioni piuttosto che in altre (MacDougall
1992). Degli approcci alternativi sono possibili come evidenziato da
Sol Worth, Jhon Adair e Eric Michaels. Inoltre alcune culture possono risultare maggiormente adatte ad essere oggetto di videoanalisi data l'intrinseca ideologia occidentale, di chi solitamente sta dietro l'obiettivo, volta a porre l'attenzione sull'individualità. Ne risulta che, per esempio in ''The Woman's Olamal'' (1984), la cultura Maasai sia ideale ad essere rappresentata in film, data la propria predisposizione positivista nell'esprimere le proprie emozioni ed opinioni, così che i criteri di causalità della filmografia europea vengano rispettati. Invece un film a riguardo degli aborigeni australiani (come ci spiega anche William Stanner che a lungo si interessò di loro) dovrebbe tendere a mostrare in maniera sistemica le loro conoscenze ed aspetti culturali, senza troppo indugiare sull'individualità (MacDougall 1992).
Il film etnografico pone infatti l'attenzione tanto sul focus del regista, che sull'effetto dell'evento raccontato al pubblico, in una catena di costruzione dello stesso ''intenzione-evento-pubblico'', utile in ultima analisi a discernere i film etnografici dalla filmografia di intrattenimento (Banks 1992).
Il film maker in ambito etnografico, che è solitamente un antropologo, è capace di raccontare non tanto attraverso la spettacolarizzazione degli accadimenti quanto con un approccio olistico, capace di cogliere la ''totalità'' delle azioni, dei personaggi e delle situazioni (Heider 1976).
Nessun commento:
Posta un commento