Capitolo 4: di che cosa parlano i documentari?
Proprio per il fatto che nel
capitolo precedente Nichols diceva che il documentario “parla di”, è giunto il momento di comprendere quale possa essere il
contenuto della sua storia. Per la precisione, è meglio utilizzare il plurale,
poiché le storie narrate sono almeno tre: quella del regista, del film e del
pubblico.
Nell’osservare il video comprendiamo
che una storia riguarda come e perché il film è stato realizzato. Molti
fattori, anche al di fuori del contenuto stesso, si intrecciano e determinano
la produzione dell’opera. Il trionfo
della volontà di Leni Riefenstahl, per esempio, contiene sia l’ambizione del
regista di creare un film dal grande impatto emotivo e per certi aspetti
colossale sia il desiderio del partito nazista di costruire un’immagine di sé che
rispecchiasse sentimenti positivi. Infine, anche lo spettatore concorre a
determinare una storia del film, in base alle proprie aspettative e alle
proprie esperienze passate. Spesso trova nell’opera ciò che vuole vedere e ne
legge il contenuto alla luce delle sue impressioni o “pre-visioni”; va da sé
che persone differenti coglieranno spunti differenti dal film. Spesso nei
documentari etnografici sono presenti sacrifici di piccoli animali (polli o
maiali), queste azioni possono creare repulsione in uno spettatore occidentale,
non più avvezzo ad azioni di questo genere. Il film, in questo caso, ci parla
anche degli spettatori, i quali mostrano questa specifica reazione. I
documentari si fondano sulle nostre esperienze passate e grazie ad esse cercano
di trasmetterci particolari sentimenti.
I concetti che veicolano tuttavia
sono “invisibili”(cfr. p.74). Ad esempio non possiamo vedere il concetto
“povertà”, ma ne possiamo percepire la rappresentazione: alcuni vedranno il
dramma dei bambini di strada, altri la spazzatura e i vagabondi. La forza del
documentario sta nel mostrare ai nostri sensi, attraverso la disposizione dei
suoni e delle immagini, una rappresentazione meno sfuggevole possibile. Nel
mostrare determinate immagini il regista parla di come vede una situazione e di
quale può essere l’impressione che vuole trasmettere. John Huston nel suo film San Pietro non inserisce una voce fuori
campo che annuncia “la guerra è un inferno” o “il soldato semplice paga con la
sua vita ciò che i generali decidono”(p.74), ma lo trasmette attraverso le
immagini. Il documentario si fonda sulla commistione tra concetti astratti e
immagini selezionate, da ciò nasce una gestalt,
ovvero un modo di trattare un argomento concettuale.
Attraverso il film, come Nichols
diceva nei precedenti capitoli, siamo convinti, persuasi e predisposti nei
confronti di un particolare punto di vista sul mondo che ci circonda. Attiva
oltre la nostra coscienza estetica quella sociale, fondata su temi specifici
che oltrepassano quelli semplicemente artistici; ritengo sia una sorta di
“estetica militante” (questo termine non è presente in Nichols). Con la
retorica e l’oratoria il film ci indirizza agli argomenti che tratta, spesso
incorrendo nei tre tipi di problemi che furono affrontati già dalla disciplina
classica. Innanzitutto emerge una sfera legislativa
o deliberata: il film esorta il
pubblico ad abbracciare un determinato modo d’agire. Le questioni politiche di
rilievo sociale, come la guerra, il benessere, la conservazione, l’aborto, la
sessualità, ecc… fanno parte di questa categoria. In secondo luogo, si può
avere a che fare con la sfera giudiziaria
o storica, accusando o difendendo azioni compiute in passato. Il regista
vuole che attraverso il documentario lo spettatore sia spronato a valutare un
problema, ad affrontare un certo numero di prove e alla fine trarne delle conseguenze,
così che giustizia sia fatta. La storia, oltre ad avere carattere logico,
mostra aspetti particolarmente oratori o se si vuole “emotivi”. In terzo luogo,
la sfera apologetica o encomiastica fa riferimento alla lode o
all’accusa di altre persone. Con questa particolare retorica, il regista può
inserire le proprie impressioni che sostengono la tesi che va argomentando.
Molti dei concetti presi in
considerazione nel film, tuttavia, non possono essere veicolati direttamente,
ma necessitano di significati metaforici. L’amore, la guerra e la famiglia,
sono tutti argomenti che una descrizione da dizionario non potrebbe cogliere
appieno. I documentari “ci mostrano un modo per dire che la guerra è un inferno
o le famiglie sono nidi di serpi o una gioia” (p.82). le metafore servono ad
accostare questi concetti (ed altri ancora più astratti) a cose che
inconsciamente li richiamano. Queste possono rafforzare le nostre definizioni
dandone una connotazione, morale, sociale e politica. Ad esempio per
rappresentare il successo, il film può mostrare un uomo che scala una montagna
vera e propria, oppure una serie di cadaveri per dire che la guerra è un
inferno. I documentari ci danno l’idea di come poter comprendere con categorie
a noi familiari le esperienze vissute degli attori sociali, spesso anche molto
distanti da noi. Essi ci trasportano con grande enfasi verso le questioni
principali che hanno mosso la produzione stessa. In Padeniye dinastii Romanovykh (1927) Esther Shub delinea, attraverso
il recupero di immagini d’archivio, uno scenario ambiguo, contro cui si pone
criticamente. Nella sequenza di immagini viene mostrato un conte, pochi anni
prima della rivoluzione russa, che sta prendendo il tè con sua moglie. All’uscita
di scena dei due, subentra quella dei camerieri che sparecchiano il tavolo.
Shub con queste immagini vuole mettere in evidenza chiare opposizioni: il
piacere e il lavoro, la ricchezza e la povertà, l’eleganza e la necessità. In
questo caso le immagini biasimano quel prodotto che era nato con l’intento di
elogiare, proprio come un quadro campestre, i possedimenti e gli agi della
nobiltà.
I Film e i video documentari
parlano di fatti sociali nell’intento di smuoverci. Affrontano spesso temi che
sono mediati dalla istituzioni come la famiglia, la scelta sessuale, il
conflitto sociale, la guerra, la nazionalità, l’etnia, la storia, ecc…
affrontando una tra le storie possibili, mettono in campo alcune strategie in
grado di persuadere, divenendo una tra le molteplici voci del dibattito.
Basandosi su questo tipo di convenzioni, il regista può distaccarsi dalla
definizione dei concetti per il senso
comune e affrontare in modo distaccato l’argomento. Il documentario ci
consiglia di riflettere sul mondo in cui viviamo e agire in un modo
politicamente determinato.
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