Le Sue riflessioni sono state molte spero quindi di riuscire a
rispondere a tutte, se dimenticassi qualcosa mi faccia sapere, cercherò di
essere più preciso.
Per comodità mi torna utile rispondere dalle ultime questioni che mi ha
posto, aiutandomi nel procedere cronologicamente.
Le domande che muovono l’indagine e la decisione di procedere in uno
specifico modo hanno una derivazione, questo documentario infatti dovrebbe
nascere come “fratello minore” di uno realizzato lo scorso anno focalizzato sul
tessuto sociale di Quarto Oggiaro e le esperienze nascoste o inattese di un
quartiere molto connotato nell’immaginario comune. L’associazione per cui
lavoro e parte della troupe del lavoro su Quarto, hanno deciso di replicare la
sperimentazione spostandosi sull’hinterland popolare di Milano, come ulteriore
specificità forse ancora meno indagata o data per scontata dai più perchè vista
tradizionalmente come una sorta di dormitorio per pendolari.
Si è immediatamente deciso di circoscrivere un’indagine che avrebbe
potuto essere molto dispersiva. L’interesse è subito ricaduto sulla presenza
straniera in una zona, quella est. Anche per dare seguito a campagne come
quella di “L’Italia sono Anch’io” sostenute dall’associazione. Una presenza,
quella straniera qui, talvolta vista come impenetrabile, molto chiusa. Ci siamo
chiesti quindi: Chi sono queste persone? Come vivono il territorio? Qual è il
terreno di relazione tra le persone? Come si svolgono queste relazioni?
Sicuramente l’oggetto d’indagine è rimasto inizialmente molto sfumato,
sfuggente. Come si è visto dai miei post l’approccio con esso è stato lungo e
delicato prima di poter entrare in confidenza, in una relazione di fiducia.
La domanda attorno al “quando” che Lei mi pone, ha senz’altro dettato
il modo di procedere. La tempistica su tutto. Essendoci dati circa tre mesi di
tempo molte accortezze si sono dovute riadattare, talvolta mediare. Luoghi come
il quartiere Satellite di Pioltello appaiono come fortezze impenetrabili al
primo impatto pertanto per potervi entrare in contatto in modo non invasivo e in
tempi stretti è stato indispensabile cercare qualcuno che mediasse l’ingresso.
Inevitabile in questo modo spostare inizialmente lo sguardo secondo il punto di
vista dei nostri accompagnatori, così come accettare alcune condizioni. Come
quella posta di non far apparire esplicitamente il centro di cultura nell’indagine,
cosa tuttavia accolta senza grossi sacrifici, del resto l’interesse è quello di
raccontare il contenuto e non il contenitore; la mediazione di persone come Don
Luigi o Barbara (la professoressa) dovevano fungere fin da subito da sorta di “shattle”
da cui staccarsi una volta in orbita.
Dei luoghi scelti solo uno è un’istituzione, la scuola (anche se indagando
un gruppo classe, è sfumata la definizione). Gli altri invece no, possiamo
definirli come iniziative spontanee, tutti generati comunque da italiani, anche
se poi progressivamente passati nelle mani di stranieri qui residenti da alcuni
anni.
Forse proprio per questo li abbiamo individuati come primi oggetti d’indagine.
Del resto si era fin da subito immaginato che rivolgendosi a realtà già
costituite e presentati da persone “fidate” sarebbe stato poi più facile e
immediato sviluppare l’indagine sulla quotidianità e le relazioni di persone di
origine straniera. Senz’altro siamo stati convinti dalle richieste di Don Luigi
che ha chiesto di raccontare, portare alla luce delle esperienze non note,
nascoste anche se rilevanti nella zona; così dalle richieste di Barbara di dar
modo a degli adolescenti di tirare fuori se stessi e confrontarsi con un
identità in costruzione, sia per l’età dei ragazzi sia per le differenze
culturali tra Cernusco e i Paesi d’origine.
Entrando in contatto con gli interlocutori individuati (studenti e
frequentanti dei centri culturali) abbiamo riformulato il nostro modo di
procedere perché abbiamo trovato molto interessante dare spazio a queste
persone che in modi diversi avevano voglia di raccontarsi o talvolta sfruttare
la nostra presenza per conoscersi o confrontarsi. Ad esempio inizialmente la
nostra presenza voleva essere lontana dalla scena, abbiamo deciso invece di inserire
anche alcune interviste come modo forse più semplice per comunicare da parte di
alcuni. L’idea del focus group a posteriori posso dire che avrebbe potuto
essere interessante anche se non sono sicuro che sarebbe stata vincente. Anche
data la giovane età di alcuni o la difficoltà linguistica di altri, le cose più
interessanti uscite nel corso della conoscenza, sono derivate da scambi di
battute “uno a uno”, nel gruppo, temo si sarebbero perse. Per quanto riguarda
lo story board, senz’altro l’imprinting di alcune scene è stato costruito con
gli interlocutori (non mancherò di sottolinearlo nei prossimi post riguardanti
le riprese) anche se poi l’organicità viene data dalla troupe già di per se
numerosa. Su quest’argomento possiamo sì definirlo come un processo di ricerca
partecipato applicativo, secondo qualche ricerca che ho potuto fare on-line,
ammetto però di essermi un po’ perso e non aver ancora letto il testo di Sarah
Pink.
Il discorso attorno alla realtà multiculturale mi pareva di averlo
affrontato e rimesso in discussione nel post in cui annunciavo il passaggio da multiculturale
a interculturale, spiegandone i motivi. Forse ho omesso alcune riflessioni
proprio attorno alle comunità e l’omogeneità di cui mi parlava, ad esempio
siamo entrati in relazione con molti pakistani, spesso provenienti da regioni
diverse in cui anche la lingua (oltre alla religione) differisce sensibilmente.
In questi casi è forte lo scambio che avviene in egual misura tra persone
provenienti dallo stesso paese ma da regioni diverse e persone provenienti da
Paesi tra loro lontani. Le classi (sia dell’Itsos che d’italiano per stranieri)
sono diventati quindi contesti interculturali proprio per questa
caratterizzazione.
Infine per quanto consapevoli e concordi dell’opportunità di scegliere
prima il campo/oggetto rispetto allo strumento d’indagine vista la genesi di
questo lavoro è stato inevitabile rovesciare la prassi corretta.
Le nostre riprese nel frattempo sono iniziate, se mi da l’ok inizio a
postare a riguardo, vorrei poi sapere se, a riprese a concluse o nel corso di
esse, vuole che le mostri il pre-montato o visionerà il risultato finale.
Grazie
Vittorio