Nel
2007 cominciò la protesta degli aborigeni contro la Telstra, la più grande società
australiana di telecomunicazioni che creò The
Pond, l’isola virtuale che rappresentava l’Australia nel mondo virtuale di Second
Life 3D. La Telstra aveva riprodotto nel mondo virtuale uno dei luoghi sacri
degli Anangu. Nel mondo reale dal 1987 i non-Aborigeni non possono fotografare
o filmare senza l’autorizzazione della popolazione locale. Il portavoce della
Telstra ha confermato che la società non aveva alcun permesso per utilizzare le
fotografie per scopi commerciali. Questo esempio ci fa capire come non si
possono più considerare gli indigeni come oggetti di studio che appartengono di
diritto agli antropologi.
A
partire dagli Anni 80 i media indigeni hanno attirato l’attenzione degli
studiosi. Molti dei loro progetti sono identificati con il termine “attivismo
culturale”. La distribuzione e la facile reperibilità di tecnologie a basso costo
hanno permesso agli indigeni di produrre film e video che rappresentano non
solo la loro cultura e tradizioni ma anche il desiderio e i progetti di
emancipazione.
Gli
antropologi si domandano sull’effetto che la tecnologia possa avere sugli
indigeni, mentre questi ultimi sono impegnati ad adattare queste tecnologie ai
propri bisogni. Nel suo libro Our Own
Image (1990), Barry Barclay introduce il termine Fourth Cinema per identificare il cinema indigeno. Una cosa che caratterizza i produttori di film
indigeni è che quasi mai lo scopo della distribuzione sia di tipo economico.
Ormai
sono circa quarant’anni che la televisione è entrata a far parte della vita
degli indigeni, partendo dalle TV con sistema di ricezione analogica per poi
arrivare ai canali terrestri e satellitari. E’ uno strumento per far conoscere
la propria cultura nel mondo. La prima rete aborigena è stata l’Inuit Broadcasting Corporation in Canada
(1982). Negli Anni 80 sono nate reti indigene in Australia e negli Anni 90
negli Stati Uniti, Brasile, Bolivia e Messico. Comunità come, First Peoples, sono una forma mediale
che permette di creare progetti di sviluppo tra le popolazioni indigene nel
mondo, di collegarle con l’Occidente e persino di usare il loro sapere per risolvere
alcuni problemi del mondo moderno.
I
prodotti dei media indigeni sono distribuiti nel mondo oltre dai canali
televisivi anche tramite DVD, film e portali Internet. Serie documentarie come,
First Australians e We Shall Remain, sono state trasmesse
per raccontare la storia delle popolazioni locali a partire dal periodo precoloniale.
I lungometraggi
prodotti dagli indigeni raccontano le loro culture da un punto di vista diverso
rispetto a quello degli antropologi. Dimostrano che i testi antropologici non
sono sufficienti per descrivere la loro vita senza tener conto dei prodotti
mediali indigeni.
Ultimamente
si discute su come le tecnologie digitali possono essere adattate alle esigenze
degli aborigeni. Anche se su Internet si trovano tantissimi materiali sulle
popolazioni indigeni, il loro spazio è molto limitato. Nel mondo moderno quasi
tutto passa almeno parzialmente dalla rete e lasciare fuori le popolazioni analfabete
equivale a lasciar morire la loro lingua, cultura ed economia. Per loro l’unico
modo per raccontarsi nella propria lingua è sfruttare le nuove tecnologie
offerte da Internet 2.0.
I
media indigeni hanno conosciuto un grande sviluppo negli ultimi decenni che,
insieme alle forme mediali di produzione propria, danno la possibilità alle
popolazioni locali di adattarsi al mondo moderno e di sopravvivere.