23 dicembre 2014

"Haz de tu vida un bhajan"

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http://www.dailymotion.com/video/xu9phs_haz-de-tu-vida-un-bhajan-documental-sobre-devotos-de-sai-baba-en-barcelona_lifestyle

Gent.le prof.ssa, cari/e colleghi/e

Il video che condivido con voi su questo blog è il frutto della ricerca di campo che ho svolto nell'annata 2011/2012 durante il Master in Antropologia Visuale presso l'Università UB di Barcellona.
Il prodotto finale della ricerca doveva essere un video della lunghezza di circa 40 minuti.
Vorrei giusto citare un paio di premesse che credo possano essere utili a una migliore contestualizzazione del video stesso e alla problematizzazione di alcune questioni.
All'inizio del master siamo stati divisi, in base ai nostri interessi di ricerca,in cinque gruppi, ognuno con una tematica di ricerca ben definita: nel mio caso “Ritual religioso en contexto urbano”.
Dopo circa un mese di tempo, datoci per prendere le varie decisioni, all'inizio di ottobre (termine di scadenza del periodo di scelta) abbiamo deciso di condurre la nostra ricerca etnografica presso il centro Sai Baba di Barcellona, situato nel quartiere di Gracia.

I motivi della scelta finale sono stati di vario ordine: questo gruppo religioso si è dimostrato molto accogliente nei nostri confronti fin da subito (forse perchè inizialmente ci hanno preso come papabili devoti) e nonostante avessimo tentato di specificare i nostri intenti (fare un video per l'università ecc) si ostinavano a ripetere che se eravamo arrivati fin lì era perchè ci aveva chiamato Sai Baba e che quindi eravamo i benvenuti.
Sai Baba è un “guru indio” (morto giusto l'anno prima in cui abbiamo iniziato a fare ricerca) che ha milioni di devoti in tutto il mondo, sparsi in diversi centri, che predica una religione universale riprendendo una serie di pratiche provenienti dalla tradizione induista e condensando il proprio insegnamento in cinque valori fondamentali: amore, non violenza, pace, rettitudine e verità.
La cosa interessante che abbiamo notato fin da subito era la compresenza di devoti indiani, spagnoli, oltre che latinoamericani e italiani; la divisione dello spazio rituale a seconda del genere (uomini nella parte destra, donne nella parte sinistra) e il ruolo centrale che aveva la musica all'interno della cerimonia.
Il centro veniva aperto circa tre volte a settimana : martedi' per le prove di canto, venerdi' per temi di discussione filosofica o cinema e domenica per la cerimonia principale della settimana, che durava circa un'ora.

Abbiamo quindi iniziato a costruire il nostro campo partecipando agli incontri settimanali (oltre che alla cerimonia domenicale) dove il clima informale favoriva una maggior possibilità di dialogo con i devoti.
Per le prime 3 settimane non abbiamo mai utilizzato la videocamera per rispetto del contesto “sacro” e delle persone con cui ci trovavamo ad agire.
Abbiamo quindi preferito spendere il tempo per costruire le relazioni con le diverse persone che frequentavano il centro e per cercare di spiegare il motivo della nostra presenza lì (impresa inizialmente ardua e non priva di “giri di parole” visto che l'antropologia visuale non è ancora così famosa), per documentarci il più possibile sulla letteratura riguardante Sai Baba, oltre che per vagliare i molteplici approcci teorici e metodologici offerti dalla letteratura antropologica riguardo a temi quali performance, rituale religioso, etnografia visuale, approccio riflessivo ecc...
Un altro interrogativo forte riguardava le tematiche che ci interessava maggiormente raccontare e soprattutto come riuscire a trasmettere delle “storie” possibilmente interessanti attraverso un approccio etnografico audiovisuale critico.
Con questo intendo dire che il video non costituiva un semplice mezzo neutro di raccolta dati, successivamente elaborati nella fase di montaggio, ma un particolare punto di vista dinamico, posizionato e negoziato con tutti gli attori sociali presenti sul campo: non è un caso che i dialoghi più profondi e le riprese migliori siano avvenute tutte nella fase finale quando il grado di confidenza e conoscenza era tale che la telecamera non costituiva un problema, al contrario diventava per molti un’ occasione propizia per raccontare e raccontarsi.
Più che cercare di nascondere la telecamera abbiamo cercato di problematizzare la nostra presenza e quella della telecamera stessa: l'abbiamo data in mano ai fedeli per filmarsi o filmarci in modo tale che perdesse quello statuto di estraneità che all'inizio aveva.
Inoltre abbiamo visionato insieme ai devoti delle riprese di una cerimonia annuale che avevamo editato e montato “come regalo” per loro, in cambio dell'apertura e disponibilità che hanno mostrato nei nostri confronti.
Mi sono dilungato in questa premessa per cercare di chiarire un po' il punto di partenza della nostra ricerca e cercare di evidenziare l'approccio riflessivo che abbiamo portato avanti: mostrando all'interno del video stesso la nostra presenza ingombrante (attraverso l'utilizzo di due telecamere) vogliamo esplicitare il processo che ha portato alla realizzazione del prodotto finale.

Il video è diviso in varie fasi:
inizialmente viene raccontata la storia del centro Sai Baba di Barcelona e di come si è formata questa comunità;
in una seconda fase il dialogo è più incentrato sulle storie personali di alcuni personaggi-chiave, cosa abbia significato l'incontro con Sai Baba e che impatto ha avuto sulla loro vita; la fase finale del video è appunto il rituale domenicale dove si suonano e cantano dei canti sacri (bhajan e mantra).
In questa maniera quasi tutto il video è pensato come una preparazione al rituale principale che costituisce il climax sia del video, sia della vita della maggior parte dei devoti.

Una delle tematiche chiave che emerge dal titolo “Haz de tu vida un bhajan” (Fai della tua vita un canto sacro) e dal video stesso è il ruolo fondamentale della musica non solo nel rituale ma anche nella vita delle singole persone che frequentano questo centro.
Spesso veniva fatta la similitudine fra il nostro corpo e uno strumento musicale: entrambi emettono vibrazioni più o meno armoniche. Essere intonati non è vista come una dote, ma diviene dunque una questione di cammino personale di disciplina spirituale che mira a un maggior equilibrio e pace interiore.

Quest'esperienza, grazie soprattutto alla collaborazione coi miei compagni di gruppo, è stata per me un' incredibile occasione per apprendere a utilizzare il linguaggio visuale in maniera più consapevole. Dalla fase di ripresa, a quella di selezione dei filmati, al successivo montaggio, si è trattato di fare continuamente delle scelte che, per avere un peso all'interno del gruppo di ricerca, dovevano essere argomentate e molto spesso negoziate in maniera “più o meno pacifica”.
Inoltre essendo stata la mia prima “esperienza di campo”, ho avuto modo di capire che il fare antropologia non può essere solo l'applicazione di una serie di teorie e tecniche, ma che si “apprende solo facendo” . Si tratta di un esperienza molto complessa, che si costruisce anche grazie a una serie di gaffe e fraintendimenti e che spesso va oltre gli schemi interpretativi ed epistemologici che l'antropologia offre.
Con questo non voglio dire che questa griglia interpretativa sia inutile, anzi è proprio questa che dà un “taglio antropologico” al lavoro, voglio solo condividere ciò che ho vissuto sulla mia pelle : la frattura che esiste in questa disciplina tra “la teoria in classe” e “la pratica sul campo”, cosa che spesso provoca un forte disorientamento nel momento dell'incontro con l'altro, esperienza che richiede una “esserci totalmente”, dove la sensibilità personale, che non viene certo coltivata durante i corsi di antropologia, riveste un ruolo centrale.

Buona visione

http://www.dailymotion.com/video/xu9phs_haz-de-tu-vida-un-bhajan-documental-sobre-devotos-de-sai-baba-en-barcelona_lifestyle

Alfredo Treccani

10 dicembre 2014

registrazione crediti del semestre mancato

Cari tutti,
vi scrivo per chiedere a tutti gli studenti che hanno concluso o stanno concludendo il loro lavoro nel presente semestre di inviarmi una mail segnalandomi nome/cognome/numero di matricola.
Come già comunicato, durante la pausa estiva il laboratorio ha subito il furto di ogni strumento utile all'attività didattica ed è stato spostato nel secondo semestre sebbene fosse stato pianificato per il primo.
Questo equivale a dire che i prossimi crediti da calendario didattico potranno essere "normalmente" inviati alla fine del secondo semestre (luglio 2015).
Dal momento che alcuni di voi però sono in fase di conclusione del loro percorso di studi e necessitano dei CFU del lab per poter fare domanda di tesi, vi prego di segnalarmi la cosa in modo da inviare un unica mail ad amministrazione ed evitare in questo modo fraintendimenti e ritardi.
Attendo le vostre segnalazioni fino alla fine del mese di Dicembre per poi inviare il tutto all'inizio di Gennaio.
un caro saluto
sara