30 novembre 2013



Partire dalla fine – Il pane come forma d’arte

Nella cronologia della mia ricerca questa dovrebbe essere la fase conclusiva. La trasfigurazione del pane attraverso l’arte snatura quest’ultimo dalla sua identità alimentare per essere utilizzato come metafora che rappresenta la Vita, la Madre Terra,
l’alimento primario, la trasformazione della materia, lo sfruttamento e il consumismo. Lo spunto da cui nasce l’idea di iniziare dalla fine in flash back è stato l’inaugurazione avvenuta il 26 novembre, presso lo Spazio Oberdan a Milano della mostra “Rito, Costume, Paradosso – Il cammino del Pane – il pane come non l’avete mai visto, l’arte come non l’avete mai assaporata” realizzata all’interno del progetto “Non di solo pane. http://www.provincia.milano.it/cultura/manifestazioni/oberdan/non_di_solo_pane/index.html
Ho colto al volo l’opportunità cittadina per andare di persona e vivere
questo momento che sin dall’ingresso anticipa scenograficamente il tema e ci accoglie con una pila di sacchi di farina introducendoci senza mezzi termini nell’atmosfera . Molte persone sono accorse per l’inaugurazione di questo spazio espositivo affascinante e visivamente ben realizzato.  La mostra si presenta e conduce il visitatore ad esplorare un percorso in cui le opere propongono, sul tema del pane e del “Nutrire il pianeta” la trasposizione del cereale e del prodotto in un percorso che parte dalla pagnotta ancestrale fino a giungere all’eccesso del consumismo e quindi alla discarica, allo spreco e al rifiuto. 
Le opere  realizzate da trentatre artisti sollecitati ad esprimersi sul tema utilizzando i propri canali e le proprie tecniche, ci propongono il tema del pane reinterpretato attraverso materiali e tecniche evocative. Ma non è solo il tema del pane ad attraversare la mostra, anche il tema del nutrimento cattura la nostra attenzione che ritroviamo, ad esempio, nella bella istallazione in cui il cereale (in questo caso il riso) nutre le persone, oppure nei diversi messaggi che ci guidano e ci accompagnano nel percorso.

Le opere si susseguono, alcune esplicite, altre decisamente più complesse e ci giudano nell’universo di simboli e significati che solo un elemento come il grano e un prodotto come il pane, hanno saputo evocare nel cammino dell’uomo e nella sua cultura.


Ho colto questo appuntamento come l’opportunità di aprire lo sguardo al pane e alla mia ricerca, attraverso un altro canale di lettura, speranzoso di subire sollecitazioni che mi
permettessero di ampliarne i significati. L’idea di inziare questo mio percorso di ricerca dalla fine è nato proprio nei corridoi della mostra, catturato dall’immagine e dall’atmosfera che ho respirato. Mi sono detto: “questo è un paradosso”, bello si, un paradosso!. Penso che mi  servirà a guidarci efficacemente nella ricerca visuale in cui accosto il tema della
tradizione a quello dell’innovazione. Direi che mi porto a casa una nuova prospettiva, che mi conferma un’intuizione personale l’innovazione nello sviluppo del tema del pane e la sua trasfigurazione artistica in cui dell’elemento nutritivo non rimane nulla, solo puri elementi simbolici, sarebbero  assolutamente inutili se non si rifacessero a millenni di storia dell’uomo vista attraverso l’analisi dell’elemento nutritivo per eccellenza, il Pane.
Individuato il punto di arrivo non mi resta che iniziare dal principio, dalle origini.




29 novembre 2013

Aysel Tribe - Un viaggio nella Tribal Bellydance


Chiara e le Aysel Tribe sono un gruppo di danzatrici di Tribal Bellydance

Il loro particolare stile ci ha invogliate a esplorare il mondo della Tribal Bellydance e del loro peculiare format di Etnotribal®.
La nostra ricerca comincia innanzitutto con un’analisi della storia della Tribal Bellydance e delle sue derivazioni: una danza importata dagli USA che si ricollega alle movenze di varie danze etniche come la Danza del Ventre, la danza Bharathanatyan e il Flamenco.

Il nostro lavoro si struttura su quattro orizzonti specifici, ovvero:

  • Storia della Tribal Bellydance

  • Tecniche del corpo utilizzate

  • Tecniche Tribal

  • Il format Etnotribal® secondo le Aysel Tribe

Le riprese vengono effettuate nei mesi di novembre e dicembre 2013, nel backstage di uno spettacolo, a teatro nel corso dell’esibizione e durante l’allenamento nella scuola di danza (Spazio Aries, Milano). 
Le  interviste sono strutturate, sia di gruppo che singole, alternate a momenti “rubati” durante l’allenamento e domande improvvisate; le integriamo con spezzoni di riprese durante gli spettacoli gentilmente concessi dalla compagnia.

Le componenti del gruppo sono:

Capon Roberta
Mantovani Giuliana
Porcaro Alessia 
Vivaldelli Sara


Famiglia:oltre il nucleare

La tematica che vogliamo affrontare è la rappresentazione della famiglia, indagando le credenze, le inclinazioni affettive e le categorie diffuse in una città che si definisce aperta e “cosmopolita”. Cosa è la famiglia? Cosa la rende tale? Quali sono i valori che la rappresentano? Saranno le domande che porremo ai nostri interlocutori, cercando di far emergere “ciò che non viene detto”, cogliendo l’implicito nell’esplicito, oltrepassando l’illusione di una tolleranza completa ed incondizionata. Dopo le prime generiche risposte abbiamo approfondito chiedendo quale fosse la relazione tra famiglia e procreazione. Attori: casualmente reperiti in contesti definiti. Luoghi: Università degli Studi di Milano, Università Bocconi, Lega pensionati CGL, Parrocchia, ambienti gay-friendly … (vari ed eventuali) Tempo: novembre-dicembre 2013 Metodo: intervista strutturata integrata con mini focus group. Obiettivi: dare una panoramica delle concezioni di famiglia odierne, sfidando i nostri preconcetti che ci portano ad avere aspettative basate sui vari contesti. Gruppo: Ester Angelotti, Chiara Maino, Chiara Sosio, Chiara Lombardi

28 novembre 2013

Memorie di un pugile. "La speranza non muore mai"

Ciao, in questo post presento l'analisi del mio lavoro di ricerca.
 
Linee guida tematiche:

- tema generale: migrazione e identità;

-aspetto specifico: il ruolo che ha lo sport per un insegnante di pugilato arrivato in Italia dalla Romania;

-domanda concreta: in questo caso specifico, che ruolo ha lo sport nelle dinamiche di rielaborazione dell'identità nel contesto della migrazione?

1.Descrizione

Spazio: la ricerca si svolgerà in parte nell'abitazione del soggetto, in parte nella palestra da lui frequentata. La casa, ambiente nel quale vive la famiglia, è colma di ricordi del passato (ad esempio fotografie e premi). La palestra è l'ambiente in cui il soggetto si relaziona con gli altri tramite lo sport.

Tempo: l'azione si muove tra passato ( ricordi e memorie , biografia del soggetto, radici), presente (vita quotidiana) e futuro (aspirazione, speranza). Nello specifico la ricerca, tramite la descrizione della quotidianità, evidenzierà gli elementi appartenenti al tempo passato e futuro che contribuiscono a dare forma alla vita presente del soggetto.

Attori: l'attore principale è l'insegnante di pugilato romeno, intorno al quale gravitano la sua famiglia e gli atleti della palestra. L'insegnante è inserito in un contesto biografico particolare in quanto proviene da una famiglia di lottatori per tradizione che ha subito una serie di eventi travagliati dovuti a povertà, mancanza di risorse, malattia.

Eventi significativi: sono le tappe della biografia del soggetto che l'hanno portato ad avere determinata visione della vita. Ad esempio: esperienze che lo hanno portato nel mondo del pugilato, la costruzione di una famiglia, l'esperienza della migrazione, reinserirsi in un nuovo contesto grazie allo sport.

2.Focalizzata

La rilevazione descrittiva ha posto particolare attenzione alla memoria del passato e alla speranza per il futuro. Quindi la domanda conoscitiva è: Quali sono i valori, le idee, le esperienze in cui il soggetto si identifica per ricominciare una vita in un nuovo contesto?

3.Selettiva: esempi delle pratiche, delle narrative e dei processi individuati nella fase precedente

Aspetti importanti del contesto di ricerca sono:

-la biografia dell'attore principale; quindi sarebbe interessante soffermarsi sulle pratiche di narrazione del sé indagando sulle sue origini, sulla sua famiglia, sulla sua esperienza di migrazione, sul nuovo contesto di arrivo e sul pugilato. Trattandosi di una storia di vita, la tipologia di intervista che ho scelto è quella non strutturata, per non bloccare il flusso del racconto o semi- strutturata nel caso ci sia bisogno di fornire delle linee tematiche o di inserire precisazioni.

-l'analisi delle pratiche legate allo sport; tema della ricerca che verrà indagato tramite l'osservazione del soggetto nel contesto della palestra, ovvero, allenamento, insegnamento e rapporto con gli altri atleti.

Nel tentativo di legare questi due aspetti per rispondere alla domanda conoscitiva, si può procedere con domande dirette, sul modello dell'intervista strutturata, ad esempio:

- quanto influisce lo sport nella tua vita personale?

- i valori e la disciplina legati allo sport ti hanno aiutato a superare gli ostacoli della vita?

- essendo il pugilato una tradizione di famiglia, in che modo intendi tramandarla ai tuoi figli?

-la memoria, il ricordo del passato come influisce sul tuo presente?

- cosa ti aspetti dal futuro, quali sono le tue aspirazioni?

-quanto ti ha aiutato questo sport ad inserirti nel nuovo contesto in Italia?

-cosa significa per te continuare a fare sport?

Cristina Pozzi


 

 

27 novembre 2013

Le immagini del pane




Ciao a tutti
Intendo concentrare la mia ricerca visuale sull’elemento Pane. Questo alimento, per molti secoli base dell’alimentazione e principale fonte di sostentamento ha rappresentato e rappresenta molto di più del semplice impasto di farina di frumento e acqua (a volte sale) cotto in forno. Nei paesi che si affacciano sul bacino Mediterraneo, e non solo, si è andato caricando nel tempo di molteplici significati simbolici fortemente radicati nelle diverse culture, ancora oggi patrimonio collettivo. Di pane si è vissuto e ancora oggi, anche al mutare delle consuetudini alimentari, il pane rappresenta il radicamento alla terra ed è ancora fortemente presente nell’immaginario collettivo oltre che sulle nostre tavole.
La ricerca si vuole concentrare sul duplice aspetto di tradizione e di modernità raccogliendo immagini dei Luoghi del pane e che viene utilizzato per rendere la sua rappresentazione.
Per Luoghi si intendono gli spazi di produzione, di vendita e di consumo del pane. Per Immagini tutto ciò che viene utilizzato per veicolare il prodotto pane.
In entrambi i casi l’attenzione sarà posta sul differenziale fra tradizione, e per il pane questo elemento diviene basilare come richiamo alle “cose buone di una volta” e modernità, tecniche, farine, impasti, ricette, luoghi, ecc. Come efficacemente ci ricorda Arjun Appadurai nel suo “Modernità in polvere” il concetto di “patina” indica quella “proprietà delle merci per cui la loro età diviene un indice chiave del loro status elevato” e quindi anche le immagini che vengono utilizzate tendono a suscitare “l’impressione di una perdita che non è mai avvenuta, queste pubblicità creano quel che si potrebbe chiamare “nostalgia immaginata” nostalgia per cose mai accadute”.  Appadurai prosegue affermando che  “quello su cui non si è ancora indagato è che questa nostalgia nella misura in cui riguarda la commercializzazione di massa, non implica perlopiù l’evocazione di un sentimento provato da consumatori che abbiano veramente perso qualcosa. Queste forme di sollecitazione pubblicitaria di massa insegnano piuttosto ai consumatori a sentire la mancanza di cose che non hanno mai perduto”.
Proprio partendo da queste affermazioni intendo avviare la mia ricerca. Quanto di evocativo e quanto di innovativo è presente ed è utilizzato oggi per veicolare l’immagine del pane?
Ho deciso di utilizzare lo strumento fotografico che ritengo adeguato sia all’elemento di indagine che alle mie capacità e mi concentrerò, per problemi di tempo e di territorio, sulla città di Milano, territorio fortemente legato al pane e con numerose iniziative sul tema.

Stefano Fava

18 novembre 2013

Spettacoli di danza per turisti a Mombasa

Buongiorno a tutti,

vorrei brevemente presentarvi il mio progetto. A giugno-luglio di quest’anno ho trascorso tre settimane a Mombasa (Kenya) per la tesi e ho avuto modo di vedere alcuni spettacoli di danza presentati in contesti turistici. In particolare ho assistito ad alcuni spettacoli organizzati in un albergo ubicato a Nyali beach, a nord di Mombasa, che ospita sia turisti domestici sia internazionali e ho pensato che avrebbero potuto essere il tema del mio progetto.
In riferimento agli spettacoli di danza qui rappresentati, si può fare una distinzione fra quelli messi in scena da una compagnia di ballo impiegata dall’hotel e quelli messi in scena da danzatori “itineranti” che si esibiscono quindi in diversi alberghi della costa.

Con il progetto vorrei quindi occupami di danze tradizionali eseguite in contesti turistici, prendendo in considerazione nello specifico, due spettacoli presentati in questo hotel: il primo, dal titolo An African Celebration, è rappresentato dalla compagnia impiegata dall’albergo, il secondo vede un gruppo di circa 20 Maasai esibirsi in una serie danze tradizionali.
Con il primo spettacolo, prodotto ex novo appositamente per i turisti, vorrei indagare i seguenti aspetti:
-        quanto la rappresentazione pensata per intrattenere i turisti si discosta o si avvicina all’immaginario che gli stranieri hanno sviluppato sull’Africa a partire dall’epoca coloniale fino ad oggi, come ben mettono in evidenzia gli aspetti enfatizzati dai tour operator: l’esotico, il diverso, il tribale, l’arretratezza, la sensualità, la violenza.
-        La dimensione della creatività e della sperimentazione in rapporto agli elementi considerati tradizionali e autentici.

Con il secondo spettacolo, che consiste nella rappresentazione di quattro differenti danze Maasai per gli ospiti dell’albergo, vorrei porre l’attenzione sul fatto che le danze qui esibite sono passate da una dimensione rituale e da una funzione coesiva della comunità a una dimensione teatrale, che non implica una dimensione sociale se non quella di divertire gli spettatori (Marco Aime, L’incontro mancato, Torino, Bollati Boringhieri, 2005 , p. 121). Qui le danze possono rimanere invariate negli aspetti formali (sebbene possano cambiare alcuni elementi come la durata) ma subire un processo di risignificazione.

Ho parlato con alcuni ballerini della compagnia di danza dell’albergo e con alcuni danzatori Maasai. Due di loro hanno accettato di essere intervistati ma non ripresi. Il lavoro sarà dunque costituito da riprese effettuate durante i due spettacoli e da spezzoni di interviste audio.
Nel primo caso le domande erano focalizzate sugli aspetti relativi alla creatività e all’innovazione; nel secondo ho chiesto di parlare delle differenze fra le danze eseguite nella loro comunità e quelle danzate appositamente per i turisti e degli eventuali cambiamenti che possono verificarsi.

Sto ora cercando di lavorare sui materiali raccolti, a presto con nuovi aggiornamenti.
Grazie,
Sara

15 novembre 2013

camera angles and shots



Ciao a tutti,
vi posto un elenco riduttivo, ma potenzialmente pratico e utile,  sulle diverse tecniche di riprese che abbiamo visto a lezione (oggi nel pomeriggio concludiamo). Se qualcuno si esercita e ne ricava dei buoni filmati possiamo costruire insieme dei sample per i prox lab da far vedere agli studenti. 
  • Establishing shot: stabilisce il setting di una scena/film e si trova all’inizio delle stesse.
  • Close up shot: inquadra strettamente una persona o un oggetto per mostrare dettagli (per esempio un movimento delle mani) e emozioni, per risaltare i personaggi principali e vicinanza emotiva. Lo svantaggio può essere quello di non mostrare le posizioni relative di oggetti e soggetti nello spazio. 
  • Medium shot: riprese dalla vita o dalle ginocchia da una distanza media. In genere mostra il linguaggio del corpo unito alle espressioni e meno i dettagli specifici.
  • Long shot (full o wide shot - uso grandangolare delle lenti) : mostra l’intera figura in relazione all’ambiente circostante. La ripresa è effettuata lontano dal soggetto/oggetto.
  • Tracking shot: segue l’azione da una distanza costante e mantiene il soggetto/oggetto sullo schermo.
  • Aerial shot: mostra l’intera figura da una posizione alta. A volte definita bird’s eye view shot.
  • Dolly shot: la camera è posizionata su un supporto e si muove a un ritmo/tempo costante. Non segue necessariamente l’azione. 
  • Handheld shot: ripresa dalle mani del cameraman ed è un poco  traballante.Può essere usata per mostrare la prospettiva e i sentimenti del soggetto. 
  • Zoom shot: zoom in  per isolare il soggetto/oggetto  -  zoom out per mostrarlo in un contesto più ampio.
  • Swish pan shot: movimento di camera molto veloce da un soggetto/oggetto all’altro.
  • High angle: La camera è collocata sopra il soggetto e filma verso il basso. Utilizzato spesso per mostrare quale carattere è più potente.
  • Reverse angle: passaggio della ripresa di due soggetti dialoganti. Ripresa dall’altro lato del soggetto. 
  • Over the shoulder shot: modo più semplice per coprire l'interazione tra due persone. Al primo piano del volto di uno dei dialoganti (vedi sopra) si può alternare/sostituire la ripresa media di uno dialoganti da dietro le spalle - includendole - dell'altro. ogni ripresa è fatta dalle spalle dell'altro interlocutore. 
  • Low angles: una ripresa filmata dalle ginocchia in sù. Può mostrare il potere di una persona in una conversazione. 
  • Arc shot: la camera si muove circolarmente intorno all’oggetto in modo da mostrare l’immagine da angoli differenti.
  • Match cut: due riprese che hanno una qualche relazione sono sovrapposte attraverso una rapida transizione come se fossero nella stessa scena. 
  • POV: la camera mostra una scena dalla prospettiva di un soggetto. Vediamo attraverso l’occhio di un soggetto. si filma al livello dello sguardo del nostro interlocutore e non del nostro e la camera si deve trovare al livello dello sguardo di chi esprime il punto di vista. 
  • Head on shot: quando l’azione viene direttamente verso la camera. 

11 novembre 2013

Antropologia visuale a Istanbul


Sono a Istanbul per la mia ricerca di tesi che ha come tema l'Islam e l'edilizia, il capitalismo islamico e la produzione di nuove forme di abitare, di nuovi stili di fare città. L'abitare è uno snodo che chiama in causa molti aspetti della vita degli esseri umani, fra i quali non credo – e non pretendo – di poter stabilire un ordine; ciò che mi interessa è piuttosto la possibilità stessa di indagare questi aspetti della vita urbana. Quanto sono visibili? Quanto possono essere indagati attraverso gli strumenti video-fotografici? Nella mia ricerca ha infatti molta importanza l'ambiente, il paesaggio, inteso come riferimento per l'orientamento, per l'abitare (cfr. La Cecla).
Prenderò in considerazione tre interventi edilizi: il terzo ponte sul Bosforo, il quartiere tradizionalmente Rom di Sulukule, ormai raso al suolo, e il progetto di rinnovamento di Fıkırtepe, ora in atto.
E allora perché ho ritenuto importante andare alla commemorazione della morte di Mustafa Kemal Atatürk, il padre della patria turca laica e progressista, repubblicana e intellettuale, avvenuta 75 anni fa? Per verificare 1) chi ci sarebbe andato 2) per mostrare che cosa, con che intenzione 3) con quale atteggiamento e infine 4) quante persone ci sarebbero andate. Avevo ritenuto che in un momento della politica turca in cui il laicismo così come è inteso tradizionalmente qui sembra divenire sempre più obsoleto, questa fosse un'occasione per riaffermare un'ideologia che sfuma, mortificata dal crescente progressismo islamico, moderno e produttivo. Che è responsabile dell'aspetto che sta prendendo la città, aprendo un cantiere dopo l'altro. Uno scontro che appare subito esplicito prendendo un qualunque autobus, facendo una qualunque passeggiata: la città, i ponti, le autostrade, gli edifici sono tappezzati di immagini del premier Recep Tayyip Erdoğan, la sua faccia sollevata a mezz'aria che realizza i sogni e le favole degli abitanti della città: la metropolitana, il tunnel sotto il Bosforo..Fa il verso all'egualmente onnipresente (prima l'unica) immagine di Atatürk, che adesso appare un po' invecchiata. E allora mi aspettavo del vigore per riaffermarne la vitalità, oggi, nel giorno della sua morte. Infatti è stato così, benché tra la folla qualcuno immagino sia venuto solo per entrare gratis nel palazzo di Dolmabahçe. Bandiere, bandane, coccarde, canti. Una fiumana di gente che tornava dalla visita al sancta sanctorum del palazzo: la stanza dove il Padre dei Turchi è spirato. Un'altra fiumana entrava, e io con loro. Sarebbe bello dilungarsi sull'aspetto sacrale e – oserei – religioso delle cerimonie (alle 9:05 suonano le sirene e la città si blocca, i passanti con il passo sospeso, o un automobilista che ferma la macchina e si mette in piedi accanto alla portiera; mentre una ragazza velata cammina con forse ostentata indifferenza). È magico, fa correre un brivido. Un'unione mistica della nazione a cui mi è concesso partecipare. Ma non è più nell'argomento della mia tesi. Invece trovandomi lì, e dovendo decidere cosa riprendere ho deciso che valeva la pena riprendere cosa facevano le persone, come vivevano questa sacralità, quanto spazio le davano, come si rapportassero con la specialità del luogo. E ho visto (e ripreso): che, una volta dentro le sale del palazzo, parlavano e bisticciavano (per esempio si lamentavano del fatto che si facessero le pulizie proprio in quel momento), facevano le foto prima di guardare, non guardavano (mentre lo studiolo di Mustafa Kemal è stato preso d'assalto dai telefonini, il suo bagno è passato completamente inosservato); ho visto che rifacevano volentieri una coda, dopo tutta quell'estenuante precedente, per lasciare una firma; che facevano fotografie con i reduci di guerra; che cantavano e applaudivano. Erano presenti, per dire qualcosa sulla politica attuale. Ma questa è solo una mia interpretazione.