20 giugno 2014

Video Parkour

Buongiorno a tutti,
annunciando che abbiamo caricato il nostro video sul Parkour sul canale YouTube come da accordo, volevamo approfittare dell'occasione per spendere un paio di parole sul progetto appena concluso.

L'esperienza del laboratorio è stata per entrambe le componenti del gruppo (Laura Floreani e Melissa Fiameni) molto positiva. Da zero abbiamo imparato non solo ad accendere ed utilizzare una telecamera, ma anche a montare un intero video; il risultato non era scontato e la soddisfazione finale è stata maggiore del previsto.

Rispetto all'idea iniziale, come è immaginabile, il progetto si è modificato ed adattato alla realtà che ci siamo trovate dinnanzi. Avendo scoperto nella palestra un luogo dove la dimensione dei corsi e dell'insegnamento della disciplina erano preponderanti rispetto alla dimensione spettacolare e della performance, almeno all'interno delle mura dell'edificio, abbiamo quindi deciso di orientare la ricerca, oltre che verso le esperienze personali dei giovani istruttori e performer, anche verso la dimensione della consapevolezza e della trasmissione dei valori del parkour attraverso l'insegnamento.
Il video comprende molte interviste parlate, e questo può essere anche visto come un punto debole, ma ha cercato anche di sottolineare, con la scelta di certe inquadrature, i tempi, ritmi e gesti che i piccoli e i giovani sperimentano e cercano di copiare ed interiorizzare.
La visione che si è voluta utilizzare è dal generale al particolare: dall'arrivo alla palestra, alla costruzione di questa e del gruppo intervistato, alle tipologie di corsi, agli esempi dei corsi, alle interviste sul rapporto soggetto-spazio-ostacoli, agli esempi del rapporto e dei gesti che si instaurano tra insegnanti e corsisti, per arrivare alle definizioni e ai significati veicolati.

Analizzandolo criticamente si può riscontrare la mancanza di alcune interviste ai corsisti e dell'azione sul campo vero e proprio dei performer-istruttori, che non si vedono entrare del tutto in azione. Questo è dovuto ai tempi e alle modalità della nostra ricerca: non abbiamo avuto moltissimo tempo a disposizione sia noi, sia i ragazzi per farci vedere acrobazie particolari; per quanto riguarda i clienti, visto il tempo limitato, abbiamo preferito cercare di non influenzare ulteriormente l'ambiente in cui ci trovavamo per lasciare spazio ai gesti e alle dinamiche che emergevano.

Certamente i miglioramenti possibili sono molti, ma per essere una produzione prima ci riteniamo più che soddisfatte del risultato. Le possibilità che questo video ci ha aperto sia nell'approfondimento della ricerca in questo campo specifico, sia nelle possibili migliorie tecniche ed artistiche, sia nell'utilizzo e nella consapevolezza del mezzo audiovisivo, aprono verso il futuro.

Grazie alla professoressa Bramani per la gentilezza e la disponibilità,

Laura Floreani
Melissa Fiameni

12 giugno 2014

Ultima lezione

Ciao a tutti,
giovedì prox dalle 9.30 alle 12.30 ci si trova nel laboratorio di antropologia visiva (U16 - primo piano) per la registrazione dei crediti e visione dei video terminati
Ricordatevi di caricarli sul canale youtube@etnografiadellaperformance.it (per password scrivetemi mail) e non sul blog per nn caricarlo
A presto
Sara


fuorimano


FUORIMANO
Ex Conceria Sabatia di Via Boffalora n° 15/17 Milano
L'intento di questa esperienza è quello di costruire un primo abbozzo di un idea più completa e organica per una documentazione audio visiva relativa all'ex conceria Sabatia, posizionata alle porte di Milano, all'inizio del parco sud,  tra la Barona e il Grattosoglio, a 90 metri dal Naviglio Pavese. Chiudendo l'attività nel 1991 la struttura si trasforma in contenitore di spazi sia lavorativi che abitativi, confermandosi nel tempo in un luogo di residenza e integrazione di persone provenienti da diverse nazionalità come Cina, Romania, Bulgaria, Marocco, Tunisia, Costa d'Avorio, Stati Uniti d'America, Croazia, Polonia, ecc; persone in continuo movimento verso direzioni obbiettivi e con velocità e ritmi diversi.
La maggior parte delle volte sono le persone ad adattarsi al posto e agli spazi e non il contrario, per cui uno degli aspetti più suggestivi e delicati è il degrado di elementi di primaria necessita (impianti elettrici, fognature, raccolta della pattumiera,  infrastrutture). I proprietari sono chiamati padroni per le modalità anacronistiche con cui sono gestiti i rapporti. Nello stesso luogo sono praticati lavori tipicamente artigianali quali fabbroferraio, meccanico, vetraio, falegname e professioni più vicini all'ambito tipicamente creativo come registi, designer e scenografi.
Risiedo qui dall'agosto del 2002 e il mio punto di osservazione è sicuramente privilegiato. Essere in una zona di contatto mi ha permesso di raccogliere molti episodi di trasformazione e visioni poetiche vivendoli personalmente attraverso l'esperienza quotidiana. Sono sempre rimasta colpita e affascinata, per come persone di habitus,  estrazione sociale,  professione, obbiettivi  molto differenti riescano a convivere e condividere questo luogo attraverso le mille contraddizioni, contrasti, armonie e disarmonie, legami, amicizie e inimicizie che si avvicendano  alternandosi nello spazio e nel tempo. Mi sono chiesta se questi attori sociali, al di la delle loro diversità condividano una sorta di comune denominatore che va oltre al basso costo economico degli affitti; se vige una sorta di equilibrata anarchia non dichiarata, che placa la violenza la maggior parte delle volte e permette una fragile ma intensa armonia, essa è sorretta dalla responsabilità di tutti.
Questa ex fabbrica, che trattava pelli e che inizialmente ospitava circa 150 operai in camerate comuni provenienti tutti dallo stesso paese, Solofra in provincia di Avellino, indichi già diverse possibilità e diverse vie d'indagine. Questo posto si presterebbe per un lavoro pluri tematico e necessariamente ipertestuale, considerando che la posizione topografica risulta apparentemente fuorimano rispetto al centro città ma in realtà velocemente raggiungibile seguendo la linea retta del naviglio.
Non posso non mettere in evidenza la mia posizione realmente inserita nel contesto, per cui il mio punto di vista è condizionato fortemente dai luoghi e dai punti di ripresa. Ottenere la fiducia delle persone che mi circondano, non avvertirle ogni volta che le riprendo, nonostante siano a conoscenza delle mie intenzioni, non è cosa proprio scontata. Come strategia metodologica per ottenere la loro autorizzazione al completamento del lavoro organizzerò una proiezione collettiva in uno spazio comune dove faro vedere a tutti il montaggio finale.
 Ho registrato numerosi episodi su diversi livelli attraverso la mia partecipazione attiva, spendendo diverso tempo con i soggetti, integrandomi nel contesto del momento in modo da condizionare il meno possibile l'azione, a volte riprendendo "a freddo", provocando la reazione diretta del soggetto. La scelta "stilistica" e' sicuramente di carattere poetico,  cercando di oggettivare il più possibile il dato osservato, senza nascondere una personale selezione che possa rappresentare in pochi minuti la realtà che più persone condividono in questo luogo. Ho cercato col montaggio di dar voce sia ad alcuni aspetti poetici ma non per questo meno importanti, sia ad interviste più mirate, considerando che la maggior parte degli episodi che accadono, non possono essere registrati tout court  sia per l imprevedibilità con cui avvengono sia per la delicatezza dei contenuti. Attraverso la visione di questa microetnografia visiva mi auguro sia possibile farsi un idea di un luogo,  che unisce paesaggio, ambiente  e momenti  aggregativi  e di scambio che sono comunque le riprese generalmente più autorizzate dai residenti.
La prima parte del progetto prende spunto  da un lavoro audio del 2003 dal titolo E arrivarono...  Costruire cioè una sorta di carta d'identità di questo sito, attraverso la lettura da parte delle persone coinvolte, di un testo contenente un elenco di sinonimi di volta in volta liberamente scelti dai soggetti. Una direzione suggerita da questa indagine potrebbe nascere proprio dal perchè  della scelta, fino a ricostruire vite intere fatte di spostamenti,  soste e nuove nascite.
"La storia e' lunga" , molto lunga soprattutto per le diverse e numerose persone, che attraverso le proprie venture si e' trovata ad abitare in questo luogo per ragioni diverse.


 Marta Dell'Angelo

2 giugno 2014

progetto "rappresentare il cambiamento culturale in azienda attraverso il teatro"

Buongiorno Professoressa,
allego il progetto di lavoro "Rappresentare il cambiamento culturale in azienda attraverso il teatro".
Stiamo lavorando sulle modifiche al video, che abbiamo concordato insieme la scorsa settimana. Innanzitutto, abbiamo unito alcuni spezzoni dei video, spiegandoli con un commento più chiaro. Non potendo intervistare i partecipanti, abbiamo aggiunto alcune pagine di "diario del cambiamento". Infine, abbiamo pensato di inserire una riflessione critica sull'utilizzo del teatro in azienda, sviluppata dalla collega. Contiamo di venire all'ultimo incontro del 19 maggio per mostrarle il video.
Cordiali saluti
Simona


RAPPRESENTARE IL CAMBIAMENTO CULTURALE IN AZIENDA ATTRAVERSO IL TEATRO

Questo lavoro nasce da una riflessione sulla cultura aziendale e sul nostro ruolo di consulenti e facilitatori del cambiamento culturale nelle organizzazioni.
La cultura esercita una forte influenza sul comportamento e gli individui all’interno dell’organizzazione imparano a seguire delle modalità di condotta, che rispecchiano la cultura aziendale di riferimento.
In una azienda spesso convivono due culture, che si articolano su due livelli e che, attraverso la loro intersezione ed interdipendenza, danno origine a molteplici scenari. Ad un primo livello di analisi si incontra la cultura esplicita, manifesta, che si concretizza nelle dichiarazioni formali dell’organizzazione (vision, mission e valori) e nelle norme di comportamento (regole di condotta, direttive).
Ad un livello più profondo si trova un tipo di cultura latente. Tale cultura il più delle volte è implicita e, né gli individui, né l’organizzazione ne hanno piena consapevolezza. Essa, però, si rivela spontaneamente nei gesti quotidiani, nel modo in cui gli individui si rapportano al loro lavoro, costruiscono interazioni, elaborano modelli di comportamento e rappresentano, rappresentandosi, il mondo aziendale.
Un osservatore esterno può cogliere questo mondo sommerso fatto di quotidianità e di rappresentazioni attraverso i comportamenti manifesti delle persone:
-        il modo di svolgere l’attività (la professionalità, l’impegno, il coinvolgimento nei gruppi di lavoro, il modo di parlare del proprio ruolo);
-        le conversazioni (le pause alla macchinetta del caffè, i termini condivisi, le esperienze comuni che entrano nella memoria collettiva, i miti);
-        l’interazione con gli altri (il grado di collaborazione, le alleanze, i conflitti, i pregiudizi);
-        la visione di sé (il senso di appartenenza, la motivazione, la partecipazione).

Studiare la cultura presente all’interno di una azienda è determinante per comprenderne le logiche di funzionamento ed in particolare consente di portare alla luce i gap spesso esistenti fra la cultura esplicita e quella implicita. L’intervento di consulenza, allora, ha l’obiettivo di promuovere un allineamento, che si sviluppa attraverso delle connessioni fra i due tipi di cultura ed una presa di consapevolezza dei significati.
Le implicazioni sono molteplici.
Innanzitutto, un primo oggetto di studio può essere indirizzato alla comprensione della cultura latente, quella che spesso diventa la cultura dominante, perché condivisa dalla maggior parte delle persone nella quotidianità, anche a scapito della cultura ufficiale, quella voluta dall’azienda, ma non compresa o assimilata da chi ci lavora. L’obiettivo, allora, diventa promuovere un cambiamento culturale, che abbia un impatto sia sulle persone e sul loro modo di vivere e condividere la cultura, che sull’organizzazione e sul modo in cui essa assimila le necessità dei suoi membri, pur mantenendo la sua identità. Si tratta di favorire un allineamento fra due culture, che richiede alle persone un notevole impegno cognitivo ed affettivo, di elaborazione o rielaborazione di significati.
In un secondo momento si può cercare di cogliere come la dissonanza cognitiva ed affettiva legata a due culture spesso contrapposte, possa avere impatti molto pesanti sul benessere sia delle persone, che dell’organizzazione nel suo insieme ed intervenire, di conseguenza, sugli stati di malessere e sul senso di straniamento, aumentando di contro il senso di appartenenza, la motivazione ed il coinvolgimento.
Infine lo studio può essere indirizzato alla scoperta (o riscoperta) dei valori aziendali che appartengono alla cultura ufficiale, con l’intento di renderli visibili e condivisibili, aiutando le persone ad interiorizzarli.
Lavorare sulla condivisione dei valori aziendali definiti dalla cultura ufficiale è un aspetto fondamentale dell’intervento di consulenza volto a promuovere un cambiamento culturale.
Il primo passo è fare in modo che sia le persone che l’azienda portino alla luce i valori esistenti, li discutano e li condividano. Questo tipo di intervento può portare a tre diversi risultati.
Talvolta, emerge che i valori ufficiali non sono condivisi dalle persone, che, però, in linea di principio ne riconoscono la validità. In questo caso l’intervento sarà incentrato su come imparare a condividere i valori aziendali, aiutando le persone a rivedere il proprio modo di rappresentarsi l’organizzazione e di rapportarsi ad essa.
In altri casi emerge che i valori non esistono o non rispecchiano la cultura ufficiale e gli intenti dell’azienda. In questo caso si procede con un lavoro di revisione dei valori fino alla loro validazione e condivisione.
Infine, può accadere che, attraverso l’incontro con la cultura implicita, la cultura ufficiale venga arricchita di altri nuovi valori. In questo caso l’obiettivo del lavoro è favorire la compenetrazione dei valori.
Da parecchi anni utilizziamo come strumento di lavoro le tecniche teatrali. Riteniamo che, attraverso il teatro, le persone riescano a ragionare in modo molto efficace sulla rappresentazione che hanno della propria cultura e questo è possibile proprio grazie alle qualità del teatro stesso.
Abbiamo notato che, utilizzando le tecniche teatrali, le persone parlano più volentieri e più liberamente di sé, lavorano più efficacemente in gruppo, superano più facilmente imbarazzi o pregiudizi verso gli altri, si aprono maggiormente ad una conoscenza reciproca, riflettono meglio su tematiche astratte come la cultura.


Per realizzare il video abbiamo pensato di raccontare in prima persona la nostra esperienza di facilitatori del cambiamento culturale in azienda. Abbiamo pensato di intervistarci, ponendoci delle domande sul metodo per individuare la cultura in azienda, sulle tecniche di intervento e sui risultati attesi. Riteniamo che sia utile arricchire il nostro racconto con dei video, che mostrino dei gruppi durante il lavoro di riconoscimento dei valori aziendali. Infine, pensiamo che sia interessante mostrare un caso particolarmente esplicativo, dove chiediamo al gruppo di negoziare i valori che secondo loro rappresentano l’azienda e, in un secondo tempo, di realizzare una performance teatrale che mostri tali valori.
Tuttavia, il video, realizzato in questo modo, ha parecchi limiti. Primo fra tutti, la difficoltà di mostrare il cambiamento culturale in atto all’interno dell’azienda. Nel nostro lavoro di consulenza esiste un prima (ciò che accadeva in azienda prima del nostro intervento), un durante (il percorso che le persone fanno quotidianamente per cambiare la propria rappresentazione della cultura aziendale) ed un dopo (il risultato che le persone e l’organizzazione hanno ottenuto attraverso un lavoro congiunto di negoziazione, revisione e messa in discussione, durato almeno un anno). Solitamente, lo strumento di misura del nostro lavoro consiste in interviste, workshop di gruppo e questionari. Ma anche di un lavoro costante di osservazione dell’attività quotidiana e di partecipazione alla vita dell’organizzazione. Pensiamo che sia proprio in questa quotidianità, fatta anche (e soprattutto) di piccoli gesti e di mezze parole, che risieda il cambiamento culturale. Una quotidianità che rappresenta un mondo denso, vivo, dinamico e complesso, che è molto difficile racchiudere in un’intervista o in un video.

Team di lavoro:
Simona Raimondi
Rosa Pantaleo