30 giugno 2013

Potenzialità e risorse dei mezzi audio-visivi in ''Film as etnography'' di Peter Ian Crawford e David Turton.

Parte quarta

Le video ricerche antropologiche possono arrivare al fruitore anche attraverso il medium della televisione, nonostante essa abbia il dichiarato intento di divertire ed intrattenere il pubblico, nell'ottica di spettacoli mandati in onda una sola volta, in contrasto col film antropologico-scientifico inteso per essere visto e rivisto anche un fotogramma per volta. Nonostante questo aspetto in contrasto ad una diffusione dei film etnografici in televisione, vi è la grande possibilità di raggiungere un pubblico sempre più ampio ma eterogeneo di spettatori. Quello che lo studente di antropologia potrebbe ''leggere'' in un film antropologico studiato per la televisione, sarà differente dalla visione che di esso avrà il pubblico (Singer 1992).
Una problematica a riguardo dell'uso del film etnografico nei palinsesti televisivi è legata al fatto che rispetto ad altri programmi, per esempio i talk show, essi siano sicuramente molto più costosi da sviluppare. Essi sono per avvantaggiati da un servizio pubblico, che nel presente periodo storico, incoraggia i programmi educativi che contrastino l'impellente populismo ideologico-politico, oltre a quelli che pongano l'attenzione sulle attuali criticità ambientali; così che reportage come quello sui Kayapo e le problematiche della distruzione della foresta pluviale brasiliana, sui Baka in Cameroon o sui Penan in Borneo abbiano riscosso successo, non tanto per un piacere dell'esotico nel pubblico, quanto per appunto una sana e consapevole conoscenza degli affari globali (Singer 1992).
Da un lato quindi la televisione ha reso disponibili registrazioni video delle culture del mondo che stanno scomparendo, all'altro estremo ha generato attenzioni e risposte alle questioni ecologiche ed etniche attuali (Wright 1992).

26 giugno 2013

Potenzialità e risorse dei mezzi audio-visivi in ''Film as etnography'' di Peter Ian Crawford e David Turton.

Parte terza

E' percepibile un'aura di ottimismo e di fervore creativo nei confronti dell'antropologia visiva in contrapposizione ad una crisi della rappresentazione nell'antropologia che interessa la disciplina almeno dall'ultima decade, come testimonia per esempio la nascita del ''Granada Centre for Visual Anthropology'', in dissenso appunto con la relativa sterilità dell'antropologia britannica contemporanea (Faris 1992). L'autore pone però l'attenzione su come le possibilità offerte dal movimento contemporaneo non debbano spingere nella direzione di un consumo dell'alterità quasi come di un feticcio, da parte di un'industria occidentale che oggettiva e fruisce di chi sta davanti alla videocamera quasi in un'ottica coloniale.
Attraverso la videoanalisi l'antropologo ha la possibilità di indirizzare l'opinione pubblica su problematiche di carattere socio-politico che sente particolarmente; dovrebbe però tener ben presente che la propria analisi non costituisca una critica culturale al sistema politico altro, attraverso la lente della cultura occidentale egemone, così da non perpetuare stereotipi di dominio che travisano lo scopo scientifico della disciplina. ''Si può essere realmente critici solo del nostro proprio sistema culturale, dato che è l'unico sistema sociale di cui abbiamo una sufficiente ed intima conoscenza'' (Faris 1992).
Kuehnast parla di questo rischio nei termini di un ''imperialismo visuale'', capace di colonizzare il mondo attraverso la selezione di immagini che rappresentano una ideologia dominante ed una raffigurazione di verità. Imperialismo visuale come il messaggio subliminale di una gerarchia culturale, che esemplifica quello che è naturale, normale e desiderabile da quello che è anormale ed innaturale, perpetuando quindi stereotipi razziali e di genere (Kuehnast 1992).
L'antropologia visuale offre svariati e nuovi campi di ricerca. Tra questi uno di particolare impatto è costituito dallo studio delle rappresentazioni generate dagli indigeni stessi e dall'uso che essi ne fanno in particolar modo a livello politico. A riguardo, per approfondire il discorso, risultano emblematici gli studi sui Yoruba di Sprague (1978), di Hammond sui Tonga dello Utah (1988), di Jhala in India (1989) e di Chalfen sull'uso dei videotape da parte dei teenagers a Philadelphia (1988).
Un altro interessante studio a riguardo è quello di Turner sui Kapayo in Brasile; in esso si può osservare la loro pluralità di scopi di utilizzo dello strumento visuale. Viene utilizzato per documentare le proprie tradizioni culturali, in primo luogo le performance rituali; come strumento di organizzazione socio-politica laddove per esempio alcune importanti manifestazioni (come quelle riguardanti lo sfruttamento di una miniera d'oro sul loro territorio) vennero registrate per essere divulgate tra i vari capi Kayapo; e ancora con risvolti socio-politici dato che le riprese per le transazioni con i brasiliani per la miniera d'oro di Maria Bonita hanno per loro una sorta di valore legale e contrattuale (Turner 1990). Vediamo come l'analisi che parte dallo studio dell'utilizzo del mezzo audio-visivo, in questo caso da parte dei nativi, travalichi facilmente lo studio dello strumento visuale. L'estensione logica potrebbe essere lo studio dei cambiamenti culturali in correlazione alle tecnologie di comunicazione (Chalfen 1992).
E' però fondamentale tenere conto, nonostante i connotati culturali nell'utilizzo della videocamera, dell'eterogeneità interna alle culture nei termini di divisioni socio-politiche e culturali. E' auspicabile infatti che differenti persone, in differenti settori socio-culturali della comunità vedano e registrino il mondo in maniere differenti. A riguardo è notabile lo studio di Bourdieu (1965) sulle auto-rappresentazioni negli album di famiglie parigine di diverse aree, quale strumento per rafforzare l'immagine della famiglia al suo interno. Si ipotizza che la middle-class tenda a rappresentare non solamente i componenti della famiglia, ma ad espandere appunto i soggetti fotografati, in contrapposizione alla classe operaia, relativamente alla maggiore ambizione date le possibilità economiche e la posizione sociale migliore (Grace 1977).

25 giugno 2013

Potenzialità e risorse dei mezzi audio-visivi in ''Film as etnography'' di Peter Ian Crawford e David Turton.


Parte seconda

Nell'ottica di una attenta analisi degli effetti che il film etnografico genera sul pubblico è necessario pensare a come determinati temi possano talvolta shockare gli spettatori, o generare un travisamento dei contenuti, data la lontananza tra le culture interagenti, come si può notare dall'esperimento di Schwartz (1955), che nel tentativo di monitorare i timori del pubblico americano riguardo la castrazione, mostrò in un teatro un film etnografico riguardante le pratiche di subincisione degli Aborigeni centro-australiani. Il risultato fu appunto quello di turbare gli spettatori data la relatività culturale di una pratica per loro insensata e cruenta.
Questa relatività non è solo un fatto di distanza tra soggetto e spettatore, essa è veicolata anche dalla rappresentazione stessa coi suoi paradigmi tecnologici, così da rendere necessaria un'attenta analisi a riguardo, dato che le pratiche dei film-makers muovono i risultati in certe direzioni piuttosto che in altre (MacDougall 1992). Degli approcci alternativi sono possibili come evidenziato da Sol Worth, Jhon Adair e Eric Michaels.
Inoltre alcune culture possono risultare maggiormente adatte ad essere oggetto di videoanalisi data l'intrinseca ideologia occidentale, di chi solitamente sta dietro l'obiettivo, volta a porre l'attenzione sull'individualità. Ne risulta che, per esempio in ''The Woman's Olamal'' (1984), la cultura Maasai sia ideale ad essere rappresentata in film, data la propria predisposizione positivista nell'esprimere le proprie emozioni ed opinioni, così che i criteri di causalità della filmografia europea vengano rispettati. Invece un film a riguardo degli aborigeni australiani (come ci spiega anche William Stanner che a lungo si interessò di loro) dovrebbe tendere a mostrare in maniera sistemica le loro conoscenze ed aspetti culturali, senza troppo indugiare sull'individualità (MacDougall 1992).
Il film etnografico pone infatti l'attenzione tanto sul focus del regista, che sull'effetto dell'evento raccontato al pubblico, in una catena di costruzione dello stesso ''intenzione-evento-pubblico'', utile in ultima analisi a discernere i film etnografici dalla filmografia di intrattenimento (Banks 1992).
Il film maker in ambito etnografico, che è solitamente un antropologo, è capace di raccontare non tanto attraverso la spettacolarizzazione degli accadimenti quanto con un approccio olistico, capace di cogliere la ''totalità'' delle azioni, dei personaggi e delle situazioni (Heider 1976).

18 giugno 2013

Ricerca sui Navigli

Salve Sara, ho caricato alcuni estratti delle video interviste sul canale tubo in modo che possano essere visionate. Non sono ancora naturalmente spezzoni definitivi  ma già si notano alcuni accorgimenti di montaggio. ho tagliato, quasi del tutto, la mia voce che fa le domande e in alcuni casi salto momenti morti o parti non focalizzate contenutisticamente sulla mia ricerca. Come già accennato mi piacerebbe costruire un documentario che faccia sì un punto sui Navigli, tra passato presente e futuro, arricchendo le interviste con immagini e musiche ma che sia inoltre una narrazione che si "racconti da sola" senza l'interferenza di una voce narrante esterna. Ho messo per ora solo degli estratti perché devo ancora partire con la costruzione finale dell'elaborato, ovviamente prima attendo un riscontro da parte sua. Tenga conto che ho già altre interviste "in cascina" e almeno altre tre o quattro avrei intenzione di farne in modo da rendere il mosaico finale meglio assortito. Mi faccia sapere, le invio anche una mail per un problemino sulla questione dei crediti, grazie mille e buona visione...

Andrea Calvanelli

14 giugno 2013

Orules Lugano: prime interviste

Lo scorso 2 giugno sono andato al Centro sportivo di Muzzano (Canton Ticino) per assistere a una sessione di allenamento dei Lugano Bankers e realizzare alcune interviste. La prima chiacchierata con Luca, fondatore e allenatore della squadra, è servita per inquadrare in via generale che cosa è il Football Australiano, quali sono state le ragioni che hanno incoraggiato la creazione di una Lega italo-svizzera, quali le difficoltà, le sorprese e le soddisfazioni del riuscire a coinvolgere più gente possibile in questa nuova disciplina. Successivamente ho intervistato Marisa, una ragazza svizzera di origini portoghesi, che mi ha raccontato il suo passaggio dal calcio al football australiano e l'arricchimento personale dopo l'esperienza in un camp in Australia. Dopo Marisa, è stata la volta di Kabil, ragazzo indiano arrivato in Svizzera molto giovane, con il quale ho approfondito il suo "shock" culturale nell'approcciarsi a una disciplina così lontana dal suo modo precedente di concepire lo sport. Le successive interviste a Martino e Daniela hanno integrato uno sguardo d'insieme che mostra come il football australiano abbia unito persone provenienti dalle esperienze sportive e culturali più disparate: ognuno ha trovato nella nuova pratica sportiva dei punti di contatto con il passato e degli elementi di freschezza e novità. Ho poi filmato parte dell'allenamento come materiale di contesto: immagini della riunione tecnica, dei vari esercizi e schemi di gioco, qualche atteggiamento informale fuori dal campo di gioco. La difficoltà principale è stata a livello tecnico: non sempre è stato facile trovare la giusta luce per le riprese in esterna. Nella prossima settimana ho in programma una nuova visita a Muzzano per realizzare dei nuovi establishing shots, e nuove immagini di allenamento: purtroppo lo scorso 2 giugno un paio di atleti intervistati non sono stati in grado di partecipare alla sessione, per questo conto di filmarli in questa seconda occasione.

12 giugno 2013

dead line presentazione lavori

Ciao a tutti,
messaggio per frequentanti e non sulle date di consegna dei lavori al fine della registrazione crediti:
il tutto deve essere consegnato entro e non oltre il 30 di Giugno.
nella prima settimana di luglio invierò a segreteria amministrativa i dati per registrazione crediti del semestre.
Per esigenze personali vi consiglio di scrivermi una mail.
la prossima data di registrazione utile sarà a gennaio del 2014 con i crediti del primo semestre dei frequentanti.
Come vi ho spiegato sia a lezione che in comunicazioni personali, i tempi di elaborazione delle vostre rappresentazioni audiovisive potete sceglierli autonomamente a seconda delle vostre esigenze ed interessi connessi al corso di studio et al. Non potendo inviare dati per registrazioni crediti in qualsiasi momento è però necessario tenere presente le date di scadenza dei semestri come punti di riferimento per la conclusione formale dei percorsi di accreditamento
un caro saluto
sara

Urbanizzazione delle tradizioni popolari rurali

Pubblico un post da mail di Federica che ha condiviso il suo lavoro via mail. il titolo è un mio apporto assolutamente temporaneo al suo lavoro che mi sembra molto interessante.
a lezione abbiamo guardato insieme le riprese di un incontro di musica e danza che lei ha riprese all'interno di un capannone e dal quale abbiamo cercato di individuare gli elementi significativi da osservare/riprendere nell'indagine visiva.
lascio a lei il compito di ulteriori specifiche sul suo lavoro
un caro saluto
Sara


Ciao a tutti!
Il mio progetto riguarda i balli popolari del sud Italia.

In particolare la mia indagine si concentrerà sui balli popolari del sud Italia nella città di Milano e nell’hinterland milanese.

Partendo dall’ipotesi che, nel capoluogo lombardo, tali balli non siano rimasti “puri” nella loro tradizione, ma abbiano subìto dei cambiamenti conseguenti all’”urbanizzazione”, mi propongo:
1)      di verificare la veridicità di questa ipotesi;
2)      di indagare alcuni aspetti relativi alla riformulazione  di questi balli nella città di Milano e nell’hinterland milanese.   

Nello specifico, vorrei indagare quale sia il pensiero relativo all’ “urbanizzazione” di queste danze da parte di chi:
1)      dal Sud Italia si è trasferito a Milano ed ha contribuito a portare al Nord della penisola le tradizioni della propria terra;
2)      nato a Milano, si è avvicinato a queste danze.
3)      vive al Sud e si dedica a questi balli. (questo punto verrà sviluppato solo se avrò la possibilità di recarmi a breve nel sud Italia).

Durante le interviste che realizzerò, mi propongo di soffermarmi sui seguenti quesiti:
1)      Chi sono le persone che, a Milano, si dedicano ai balli del sud Italia?
2)      Perché avviene la scelta di praticare questi balli a Milano?
3)      Dove si balla a Milano?
4)      Come si impara a Milano?

5)      Come viene percepita questa “urbanizzazione” delle danze popolari da parte delle persone del Sud Italia che vivono a Milano? E da parte di chi invece vive al sud Italia?
6)      Quali sono le principali differenze che queste persone colgono?
7)      Come vengono percepite queste differenze?

A presto per aggiornamenti!
Federica

9 giugno 2013

Ricerca sui Navigli

Salve Sara, è tanto che non scrivo ma intanto la mia  ricerca sui Navigli sta dando i suoi frutti.
Il prof Van Aken mi ha proposto di usare il documentario per supportare la tesi. Capiremo poi più avanti come valorizzare le videointerviste anche in chiave tesi. Rispettando le macroaree d'intervento ho intervistato persone che mi descrivessero esperienze del passato a contatto col Naviglio (soprattutto del Martesana sul quale abito), soggetti che vivono tutt'ora esperienze a contatto con canale(pescatori, orticoltori, canoisti) e infine personalità (intellettuali, politici e architetti) che hanno elaborato, tra passato, presente e futuro, una loro rappresentazione dei canali milanesi. Il lavoro è tanto anche perchè più indago più emergono particolari  interessanti da approfondire. Ho avuto la fortuna di intervistare tra gli altri anche Ermanno Olmi, Gianni Mura e di addentrarmi tra gli uffici di palazzo Marino per avere il parere di Basilio Rizzo, e ognuno ha arricchito la discussione col suo punto di vista appassionato e sincero. Ho incontrato rappresentanti di associazioni, architetti e professori del politecnico che sperano in una riapertura dei Navigli con tanto di progetti alla mano. Nel contempo ho "bazzicato" soggetti che investono il loro tempo libero sul canale Martesana risignificando con la loro presenza, sulla scia di usi passati, il contatto diretto con le acque dei Navigli. Non so ancora quanto durerà il prodotto finale (il materiale è davvero tanto) ma sicuramente il percorso si sta rivelando molto stimolante. Volevo solo chiederle qualche consiglio su come comportarmi adesso. Sto finendo le interviste(almeno sembrerebbe) e ho trovato un programma per montare il tutto(sto imparando ad usarlo ma ci vorrà tempo). Posso impostare il lavoro mantenendo la traccia iniziale (i Navigli tra passato presente e futuro) oppure ha qualche indicazione da offrirmi? Io mi sto divertendo molto ma essendo un principiante non vorrei uscire dal seminato. Mi faccia sapere sono naturalmente disposto a pubblicare alcune videointerviste (ancora non troppo elaborate) per farle capire quello che sto facendo. In ultimo: il prodotto finale deve avere limiti di tempo o posso usufruire dello spazio che mi serve? La ringrazio, a presto
Andrea