30 novembre 2011

stato dell'arte

Ciao a tutti,
una breve sintesi a beneficio di tutti per tentare di ricomporre un quadro generale dei lavori che sono in corso nei diversi gruppi e condivederne i progressi....oltre che, ovviamente, per riflettere circolarmente su di essi.

Gruppo memoria: ho letto con attenzione le trascrizioni delle interviste da voi postate sul blog e alcune di esse forniscono numerosi elementi molto utili per l'analisi:(in sintesi)
1: la domanda dell'austriaca: Dove sono? (oltre alla nostalgia per uno spazio immaginato - romanticismo italiano - la domanda esprime un ansia di località che mi sembra dire molto in riferimento ai processi globali in corso
2: le memorie di emigrazione e dei vissuti di contatto con il nuovo ambiente urbano da parte degli immigrati italiani. Mentre questi ultimi esprimono rammarico - generalmente - rispetto alla situazione della via in confronto a un prima (per quanto irto di difficoltà)a volte idealizzato, i commercianti stranieri all'opposto sembrano rilevare i miglioramenti recenti nella via (ad esclusione dei controlli delle forze dell'ordine). la consapevolezza circa le difficoltà incontrate al proprio arrivo a Milano non sembrano (apparentemente?) facilitare una migliore comprensione dei vissuti degli attuali immigrati.Ma bisogna distinguere i livelli: se dal piano "commerciale" ci spostiamo al livello del vissuto/conoscenze soggettivo ( saperi e pratiche di emigrazione, mestieri, etc)la narrazione mi sembra riflettere una riflessione - in alcuni casi profonda - sui cambiamenti in corso e sulle continuità/discontinuità esistenti.
3. la ricchezza dei saperi/conoscenze che alcuni soggetti hanno condiviso con voi (vedi borsalino, tappezziere et al)

GRUPPO MEMORIA:
Da lunedì iniziamo a lavorare con il montaggio. Le diverse difficoltà che avete incontrato nel corso del vostro lavoro ( sia con gli interlocutori che nell'utilizzo dei mezzi di registrazione audiovisiva) vanno pensate/riflettute come risorse che vi consentono uno sviluppo più approfondito della vostra analisi. Lunedì alle 9.00 mi incontrerò con un gruppo e nel pomeriggio alle 13.30 con un altro gruppo per il montaggio - ad ora - dei seguenti materiali ( le macchine disponbili nn ci consentono di lavorare tutti in contemporanea):
- videointervista borsalino
- video intervista gian paolo
con i vostri colleghi presenti all'ultimo incontro abbiamo selezionato e segnato le parti utili per il montaggio.
si è inoltre deciso di:
- approfondire la visita al sarto turco transitando nello spazio del suo negozio al fine di esplorarlo attraverso l'utilizzo della telecamera.
- riprendere l'uscita e l'entrata dai negozi delle attività commerciali filmate
- ampliare le riprese dal tappezziere con l'eventuale possibilità di filmarne il lavoro in corso d'opera.

infine: l'audio utile verrà lavorato e costituirà materiale d'approfondimento in sè

GRUPPO MONTAGGIO: i vs colleghi, dai quali attendiamo news al più presto via blog, stanno ultimando il montato del lavoro svolto con il comitato stranieri di villa Pallavicini. Dal momento che le riprese sulla passeggiata successiva al focus group non è utilizzabile, i vs colleghi si sono recati in via Padova nel tentativo di ricostruire il percorso svolto durante la passeggiata, e di ampliarlo. (loro sapranno di certo dircene meglio e di più).
L'idea lanciata a fine lezione è quella che, previo contatto con Beatrice - coordinatrice del comitato - si organizzi una proiezione del materiale durante la quale:
- raccogliere le impressioni/percezioni/riflessioni dei membri del comitato (filmare)
- raccogliere delle narrazioni (videoriprese) sulle immagini che ricostruiscono posteriormente l'esperienza della passeggiata che i soggetti hanno personalmente vissuto
- gettare le basi per i prox itinerari di ricerca e di approfondimento

GRUPPO ITINERARI VISIVI: il materiale video in parte postato via blog si unisce alla ricerca dei titoli di coda dei periodici che hanno costruito una certa rappresentazione della via nel corso del tempo ( che si sta modificando grazie all'azione congiunta dei soggetti attivi sul territorio) e alla ricerca di materiale fotografico che testimoni del cambiamento di cui la via è stata oggetto. Il gruppo ha postato puntualmente le sue sintesi sul work in progress e direi che è arrivato il momento di incontrarci e di fare il punto della situazione in vista del montaggio che non è un impresa da poco se non si ha familiarità con il mezzo.

La mia disponibilità, come accennavo a Roberta, è per mercoledi mattina o giovedì della prossima settimana(fatemi sapere il prima possibile).

Consigli: a) visionate insieme (o a piccoli gruppi) i materiali che avete raccolto e costruite uno storyboard (cosa includere e cosa escludere nel montaggio. b) raccogliete i file audio/video in differenti cartelle di riferimento (per es. periodici/ attualità/passato, etc. d) mettete il tutto raccolto in una cartella MONTAGGIO in un dispositivo di memoria (hard disk)c) controllate l'estensione dei file audio/video in vs possesso e in caso di strane estensioni segnalatemelo che vi informo su come convertire i vostri materiali in un'estensione lavorabile.

Per ora mi sembra tutto,
in caso aggiungerò e/o chiarirò eventuali dubbi e perplessità
un caro saluto e buon lavoro
sara

29 novembre 2011

Resoconto giornate di venerdì 25 e lunedì 28 novembre

Durante la giornata di venerdì 25 novembre abbiamo partecipato alla mostra fotografica organizzata dal Sig. Carfagno, il quale ci ha fornito contatti rivelatisi in seguito molto utili. Nel corso della mostra abbiamo avuto modo di effettuare una conversazione registrata con il Sig. Ingrosso Mario, le cui foto contribuivano alla composizione della mostra. Le sue considerazioni riguardo via Padova possono risultare utili nel rendere conto dei vari immaginari che si sviluppano intorno a quel luogo. Grazie ai riferimenti del Sig. Carfagno, abbiamo successivamente contattato il Sig. Bolt Renato, il quale si propone di raccogliere documentazione fotografica storica circa la zona nord-est di Milano e che aspira ad aprire una fondazione il cui contenuto sia consultabile al pubblico gratuitamente. Dopo averci dato appuntamento, nella giornata di lunedì 29, abbiamo ottenuto interessantissimo materiale riguardo al primo tratto di via Padova ed abbiamo inoltre effettuato un'intervista ponendo particolare attenzione ai ricordi ed alle personali considerazioni che venivano sollecitate dalla visione di alcune foto. Abbiamo infine ritenuto utile eseguire riprese agli stessi scorci raffigurati nelle foto e nelle cartoline in modo tale da procedere nella comparazione visuale del luogo attraverso il trascorrere del tempo.
Nella giornata di domani ci incontreremo per chiarire il punto della situazione ed iniziare a convogliare tutti i materiali raccolti finora in previsione della prossima fase di montaggio.

27 novembre 2011

Gruppo 1: Qualche riflessione sul lavoro svolto finora

Nella mattina di lunedì 21 Novembre, il gruppo si è trovato (questa volta al completo) in via Padova.
Durante la lezione di laboratorio del 14 Novembre, successiva alla prima esplorazione sul campo, dopo aver ascoltato parte del materiale audio-registrato, è emersa l'importanza di orientare le interviste alla raccolta di "storie di vita", ovvero racconti riguardanti il percorso migratorio dei soggetti intervistati, siano essi italiani emigrati dal sud al nord del Paese, o persone provenienti dall'Estero. La focalizzazione sulle esperienze individuali è funzionale all'individuazione di analogie e differenze nei percorsi di migrazione, tale da permettere una comprensione più generale del fenomeno.
In effetti, le successive esplorazioni in via Padova (17, 18 e 21 Novembre) sono state condotte con questo scopo. Tuttavia sono emerse alcuni ostacoli di ordine pratico: innanzitutto la difficoltà di intervistare persone durante l'orario di lavoro (soprattutto i negozianti stranieri), per questioni di tempo, per l'assenza del proprietario, per disinteresse o fastidio rispetto al progetto. Infatti, la costante presenza di studenti (provenienti da scuole e università diverse) che svolgono interviste in via Padova, probabilmente comincia ad essere percepita con un po' di stanchezza e indifferenza. Inoltre, è difficile che i soggetti coinvolti approfondiscano il loro vissuto personale nel frangente di una singola intervista, con ragazze che non conoscono. Infine,i commercianti italiani presenti sul territorio, come il macellaio e il Borsalino, pur essendo stati molto disponibili raccontandoci la loro personale esperienza lavorativa, non ci forniscono informazioni inerenti alla migrazione, essendo nati e cresciuti a Milano o in provincia.
Il rischio intravisto a seguito delle ultime interviste, è il medesimo che aveva caratterizzato le prime: che si ottengano informazioni tra loro piuttosto simili, nella loro superficiale parzialità.
In seguito a queste considerazioni, il problema sollevato dal gruppo è quindi relativo all'utilizzo del materiale ricavato e, più in generale, all'orientamento definitivo da dare al lavoro. Un'ipotesi avanzata è stata quella di fornire una ricostruzione della memoria tenendo come sguardo privilegiato quello dei negozianti italiani. In effetti, in considerazione del tempo a disposizione per la ricerca, il confronto con i negozianti italiani è sicuramente più immediato e, altro aspetto, si tratta di signori non più giovani, che hanno tanto da raccontare sulla propria attività, vissuta con passione e impegno, e sui cambiamenti che hanno potuto osservare e vivere nel corso degli anni.
Il resoconto delle ultime interviste verrà pubblicato quanto prima.

Arianna Albieri, Irene Borchi, Irene Carrara, Alice Comotti, Claudia Esposito, Beatrice Meroni, Chiara Valsecchi

18/11/11 - Gruppo 1: Resoconto Interviste di Beatrice e Irene C.

Arrivate in Via Padova ci siamo guardate intorno per scegliere un posto dove pranzare e ne abbiamo individuato subito uno che cucina kebab. Siamo entrate con la speranza che dopo aver mangiato ci avrebbero dato la possibilità di intervistarli.
Erano presenti due ragazzi, una ragazza giovane e una donna: la madre dei tre figli.
Vista la signora che indossava il velo e la varietà di piatti che proponevano abbiamo pensato fossero persone provenienti da qualche paese del Medioriente.
Invece si sono presentati come lei siciliana e il marito egiziano (assente in quel momento).
Non siamo riuscite a intervistarli, ma solo a recuperare qualche suggerimento per possibili interviste future e a fargli qualche domanda tra cui:
Come mai avete aperto un negozio in Via Padova?
“Abbiamo scelto di aprire qui perché c’era lo spazio disponibile.”
Abbiamo notato che oltre a kebab vendete lasagne, arancini e pizza, perché?
“Il nostro negozio riflette la nostra famiglia che è mista”.

Ci siamo poi dirette a un’agenzia viaggi che Irene conosceva: Vuela, alla prima rotonda di Via Padova.
Entrate, ci siamo presentate e abbiamo chiesto se potevamo fare qualche domanda.
Juan, il ragazzo dietro al bancone ci ha accolte calorosamente e si è reso disponibile a rispondere, ma non ha voluto che lo registrassimo. Ci ha dato, però, il permesso di fare un video all’interno del negozio firmando il consenso.
Lui è italo argentino ed è solo da qualche anno che lavora qui. La sua titolare, invece, è peruviana ed è qui da 20 anni. Nel negozio lavora anche un altro ragazzo che è equadoriano.
Juan ci racconta che vendono biglietti aerei soprattutto per il Sudamerica e hanno scelto di aprire un’agenzia viaggi di questo tipo in Via Padova perché “è il punto focale per i sudamericani”.
Lui non vive qui, ma fuori Milano e viene in Via Padova solo per il lavoro. Per questo motivo non ci dice molto sulla questione della memoria e della vivibilità nella Via, ma afferma: “ È una via pericolosa, non è come andare in Buenos Aires. Però ci sono anche molti stereotipi.”
Prima di salutarci ci dice che per la nostra ricerca può essere interessante intervistare la panettiera di fronte. Seguiamo il suo consiglio, lo ringraziamo e ci dirigiamo verso Il Fornaio.
Entriamo nel negozio e ci presentiamo alla signora panettiera.
Si dimostra subito disponibile e comincia a raccontarci le sue impressione sulla Via.
“… Da un annetto a questa parte ci sono più controlli, va un po’ meglio.
Vent’anni fa ho aperto il negozio e non era così. Se no non avrei mai aperto qui. Non per gli stranieri, eh, per carità”.
Entrano due clienti italiani. La signora continua: “Io non vado nei loro negozi e loro non vengono nel mio…C’è troppa prostituzione… Vede non ci sono più italiani in questa Via. Non ci sono più i negozi che c’erano prima. Oltre Moda era un negozio che vendeva vestiti da sposa, ora sono cinesi che vendono le loro “cineserie”. Il “degrado”, perché lo dobbiamo chiamare così, è iniziato con questi negozi “usa e getta”, senza qualifica… Io non ce l’ho con gli stranieri, ce l’ho con le autorità che danno i permessi a questi stranieri di aprire i loro negozi che fanno gli orari che vogliono. Come fa un fruttivendolo a stare aperto tutto il dì da mattina a sera?”
Le chiediamo se ha mai pensato di trasferirsi. Intanto vediamo che entrano clienti, anche stranieri.
“Sì, certo, penso di trasferirmi, i miei figli soprattutto… Anche noi siamo venuti qua con la nostra valigia di cartone 40 anni fa. Prima siamo andati a vivere a Crescenzago poi qui. Viviamo in un condominio di italiani e stranieri che lavorano onestamente… Siamo di Bari noi… abbiamo lottato per non lavorare la domenica. Anche “loro” devono rispettare gli orari di apertura e chiusura dei negozi… E poi c’è troppa gente sul marciapiede da mattina a sera senza lavorare”.
Con fatica tentiamo di indirizzare il discorso sulla sua storia di migrazione.
“Sì, c’erano discriminazioni nei miei confronti. Vi racconto un episodio: Un giorno sono entrate due signore a comprare il pane e hanno visto i miei figli. Una disse – Che bei bambini!- L’altra signora si gira e dice – Sì, ma son semper terùn- “.
La nostra interlocutrice torna subito al discorso dei negozi di stranieri che sono tutti di abbigliamento, sono sempre vuoti e si chiede come fanno a pagare l’affitto. Sono sempre aperti, alcuni fino a tardi, mentre il suo negozio una volta è rimasto aperto fino alle 19.37 e le hanno fatto subito il verbale.
Le chiediamo se lei entra mai in uno di quei negozi e ci risponde:
“ Solo al cinese qui di fianco do il pane e bevo il caffè… Io, da meridionale, non vado a prendere quelle scatolette”.

Finita la chiacchiera con la panettiera, entriamo nel negozio di animali di cui ci aveva parlato la signora del kebab. In un ambiente molto curato e pretenzioso (le gabbie dei cagnolini sono come vetrine sulle nostre teste, davanti al bancone, illuminato con luci calde, ci sono poltrone in pelle per accogliere i clienti), troviamo due commesse, una austriaca l’altra romana, che si dimostrano un po’ titubanti di fronte alle nostre richieste, ma alla fine accettano di farsi audio registrare.
I loro discorsi, però, non si scostano da un malcelato razzismo e dalle continue lamentele per la situazione attuale di via Padova. Cerchiamo di farci raccontare anche le loro storie di migrazione, ma riusciamo a raccoglierne solo piccoli brandelli.
La commessa austriaca si è trasferita a Milano 15 anni fa e vive in via Padova da 5, solo perché un amico le ha trovato casa qui. Era venuta in Italia immaginando il romanticismo italiano, mentre ora afferma di non capire più dov’è, vista l’esagerata presenza di stranieri (“quando la domenica esco non capisco dove sono”, “ero venuta in Italia per essere in Italia, ma adesso…dove sono?!”). Non sa cosa fare nel futuro, di certo andarsene da via Padova, magari in una villetta fuori Milano, perché tornare in Austria ora, dopo tanto tempo, sarebbe difficile.
La ragazza romana, invece, che è quella che più si dilunga in sproloqui anti-stranieri (“comunque...ehm...marocchini…cose… lì, sempre ubriachi!” “ragazzi italiani che mi infastidiscono…guarda, ci metterei la firma!”) è sempre passata da Milano, ma si è trasferita qui (in un’altra zona) 9 anni fa.
Approfittiamo dello squillo del telefono per concludere e rimetterci alla ricerca di altre persone da intervistare.
Identifichiamo un bengalese dall’espressione simpatica, ma è alle prese con lo scarico merci. Pensiamo che potremmo intervistare il ragazzo (pare italiano, del sud?) che è fisso come un palo di fronte alla vetrina di un negozio cinese di telefonia e con cui abbiamo scherzato sul passeggino della bimba di Irene lasciato incustodito, ma ci sembra che sarebbe deviante rispetto ai nostri obiettivi. Entriamo allora nel negozio, ma la ragazza e il ragazzo cinesi al bancone non vogliono collaborare con noi, con la scusa di non abitare in via Padova. Proviamo allora nel ristorante latino-americano dietro l’angolo, dove però riceviamo l’ennesimo rifiuto.
Ci lasciamo attrarre dallo scorcio interessante di un piccolo negozietto, nel quale una signora è alle prese con una vecchia macchina da cucire. Entriamo ed otteniamo l’intervista che ci renderà soddisfatte della giornata! Inizialmente chiacchieriamo con Annamaria, la signora, che, una volta appurato che i nostri interessi non toccavano il razzismo attuale in via Padova, ha dato inizio ad un piacevole flusso di ricordi, al quale hanno poi contribuito anche Giuliano e Mario, i due signori che, al nostro arrivo, chiacchieravano tra loro nel retrobottega. Si delinea così, attraverso la polifonia delle loro voci, l’immagine di una via Padova molto diversa da quella attuale: la strada lastricata di pavè attraversata da fiumiciattoli da cui risuona il frinire dei grilli ed il gracidare delle rane, il tram giallo, le biciclette che trasportano il ghiaccio, i carbonai, i corrieri, ragazzi che si trovano a ballare al civico 61, il Parco Trotter come polmone verde per guarire i bambini tisici, e, in periferia, addirittura marcite e risaie.
Ricaviamo anche degli interessanti cenni sulle loro storie personali, specialmente sul percorso migratorio di Mario, trasferitosi in città a 18 anni dalla val del Cassero.

Soddisfatte dell’ultima chiacchiera, della registrazione e del paio di riprese ricavate (tra cui una buffissima in cui Mario finge di cucire!), decidiamo che la nostra avventura si può, per il momento, concludere qui.

Interviste semi-sbobinate:
● NEGOZIO DI ANIMALI
commessa austriaca venuta in Italia 15 anni fa, vive qui da 5 anni perché è stato facile trovare un alloggio tramite un amico
clientela italiana prevalentemente
se potesse andrebbe via immediatamente, da questa via, che “quando di domenica esco non capisco dove sono...c'è anche brava gente che va a lavorare, non si può mettere tutti nella stessa pentola”
vorrei una villetta fuori Milano
quello che pago per una casa in via padova è davvero esagerato
le specialità di altri paese li vogliamo provare tutti,alle volte vado dal cinese o dal Kebab
ero venuta in italia per essere in italia, adesso mi guardo intorno...dove sono?
in austria di stranieri ce ne sono tanti ma non possono permettersi quello che si permettono qui

commessa romana: milano è cambiata tanto negli ultimi 10 anni...paragone con Paolo Sarpi
è qui da tanto tempo ormai (9 anni) ed è sempre passata di qui
anche quando esco da casa mia dalla parte opposta di Milano vedo sempre alle 9 di sera “comunque...emh...marocchini/cose ,lì, ubriachi!! con bottiglie di birra che ti rompono cmq le scatole...
“poi non è che uno deve fare discorsi di razzismo”.... poi dice dice rivolgendosi agli stranieri:- “io sono a casa mia e loro mi devono portare rispetto!”
ragazzi italiani che mi infastidiscono -guarda- ci metterei la firma
ripeto, Non è un discorso...“uno vuol fare razzismo...ci mancherebbe altro”

● TAPPEZZIERE (ha qui il negozio da 50 anni)
il figlio continua il lavoro del padre nell'altro negozio di via padova.
Annamaria
nata e vissuta a pta venezia, ora vive in via padova (dal 54) e non le piace.
Ricorda quando veniva, da giovane, con un tram giallo, che partiva da pta venezia e arrivava qui, nella zona delle case popolari, che veniva chiamata “mulino”. Aveva una zia che abitava nelle case popolari e già quando aveva 12 anni veniva a trovarla per andare a ballare, al numero 61 di via padova, insieme anche alle sue cugine più grandi. Si andava a ballare in questo posto gestito da un partito o a volte anche in luoghi più eleganti, si seguiva l'onda. Si poteva andare in giro da soli a tutte le ore del giorno (lei finiva di ballare a mezzanotte e a volte partiva da casa di dua zia la mattina presto). Ora, nemmeno alla sua età, se la sente di andare in giro da sola la sera.
Lei viene qui per passare il tempo.
Ha fatto ragioneria e poi ha lavorato nella ditta del padre autotrasportatore.
Di via padova si ricorda la gelateria “il mago del gelato” ora, ci guardi dentro, c'è un bar di cinesi. Di fronte c'era una teleria...adesso invece un negozio di cineseria. All'altro angolo c'era un altro bar...adesso gestito sempre da cinesi. Le macellerie che lei vede una volta erano di italiani e adesso non ce ne sono più d'italiane., tutte arabe o insomma di extracomunitari. (...)autofficina, colorificio, ora tutte cineserie.
era tutto pavè, era più bello, aveva una sua caratteristica.
Quando hanno sgomberato il leoncavallo, i ragazzi del leo si trovavano qui.
Ha sposato un siciliano, l'ha conosciuto qui al 61, a ballare.

Verso i meridionali c’era ostruzionismo. Facevano fatica ad inserirsi. Anche perché noi eravamo un po’ chiusi. Un po’ come adesso: noi ci chiudiamo lasciandoci, come si può dire, sopraffare da tutte queste persone. Prima o poi ci seppelliranno. Ma non siamo capaci di reagire. E allora come si reagisce? Chiudendosi in noi stessi e lasciando in disparte gli altri. Questo era quello che succedeva a loro. Anche perché purtroppo quando arrivavano, arrivavano con le valigette chiuse con la corda. Dico la verità che portavano su il mangiare (pecorino, cose del genere), quindi quando arrivavano erano un po’ rifiutati. Mio marito era siciliano (provincia di Palermo). Ogni tanto servivano anche loro!
Ricorda anche di come si sentiva un po’ rifiutata quando è scesa al paese di suo marito. Nonostante l’ospitalità siciliana, i genitori dell’uomo avrebbero preferito che avesse trovato una moglie lì al paese.

Mario (val del cassero) e Giuliano (val seriana, madre pavese)
(polifonico)
Io ricordo che via Padova, negli anni dal 46 al 53-54 era la via dei corrieri. Mi ricordo c’era Dani, Domenichelli, ecc. io me lo ricordo perché quando volevo andare al mio paese d’origine, il treno era molto scomodo (si viaggiava in piedi sui carri merci e il treno faceva tutte le fermate), allora io venivo in via padova e siccome i miei lavoravano a un magazzino qui, c’erano tutti i corrieri che conoscevo e ce n’era anche uno del mio paese. Lui mi portava fino a bergamo, poi la corriera mi portava in val seriana.
L’unità del tempo era molto diversa da adesso.
La via padova negli anni 50-60 era attraversata da fiumiciattoli. Allora quando arrivavi in fondo a via padova eri già fuori milano e non c’erano mica tutte ste case. Alla gobba c’era l’osteria. Eran tutte marcite, c’era il riso qui a destra. Era roba da paesani. Come attività, negozi ecc, ghe n era casi minga.
La cosa più bella secondo me che c’era a milano in questa zona qui erano i tram, poi han fatto il metrò. Qua in via padova ora c’è l’autobus lì scalcinato. Poi abbiamo una storia qui a piazza loreto abbiamo ucciso il duce.
Al’’angolo via padova- ple loreto c’era il cinema novecento e poi c’era una chiesetta, che era un prototipo della nostra chiesa “il redentore”, che a sua volta è
Io mi ritengo un fortunato perché sono nato in un epoca in cui ho potuto vedere un cambiamento che… – ma in un attimo! – è stato impressionante. Io andavo alle scuole elementari con i miei amici che avevano su gli zzoccoli e che venivano in classe con gli zoccoli sporchi di cacca di mucca…bene…quando in quarta elementare abbiamo inaugurato la nuova scuola del mio paese, ci sembrava un monumento! In stile mussoliniano. Ricordo l’odore dell’aula nuova, che io non riesco a definire, a esprimere – posso aggiungere una cosa: c’era invece l’odore del posto vecchio che eran tutte case di ringhiera, come questa è ancora del 1901, quella di là del 1899. era bella come casa. Era un proprietario unico.
Quando noi siam venuti a milano per noi è stato un trauma, perché abituati a un paesotto.
A 11 anni io giravo già con le stoffe! Prima uscita ero con gli zzoccoli, come dice il mio amico qui e dormire sul carro di notte, col freddo, col gelo e tutto quanto. A milano sono venuto a 18 anni, nel 53, da solo… dopo un po’ mi sono portato la bicicletta, non avevo neanche da mangiare. Però prima sono andato a genova, facevo la spola da là a genova. Lavorava da minatore, (con la rivoltella), visto che suo papà era minatore. C’erano molte miniere di lignite (sostituto del carbon cock, dell’antracite). Si usava fare miniere in obliquo, la prima volta che ne hanno fatta una in verticale io sono rimasto impressionato.
In via padova di carbonai ce n erano tantissimi (uno c è ancora li avanti).
Alla nostra epoca non c erano i frigoriferi, il cubo (50x20)di ghiaccio lo si portava con le biciclette. (gli è venuto in mente perché oggi il padrone dell’orto gli ha mostrato un mobiletto, che aperto era tutto in acciaio per mantenere il freddo)
Ora al parco trotter ci vanno tutti, di tutti i colori. una volta ci andavano i figli delle persone che non stavano bene, che avevano la tbc. Era un polmone di milano, di aria pura. C’erano le scuole montessoriane.
Altri ricordi in libertà…(il freddo, la cucina-soggiorno, i fiori sui vetri)
Qui avanti c’era una di quelle acque marce, solforosa. (ci raccontano l’origine di una al lago vicino al suo paese e ne discutono)
Una volta si sentivano i grilli e e le rane in martesana. Ora ci mettono dentro gli anatroccoli ma c è qualcuno che se li mangia! Di notte li vanno a prendere, i cinesi. Ci fanno spegnere il registratore per raccontarci l’aneddoto.

Esplorazione di: Beatrice Meroni, Irene Carrara

17/11/11 - Gruppo 1: Resoconto Interviste Chiara e Irene B.

Ragazzo bengalese - supermarket alimentare "Asian African Market"

Si tova in Italia da circa due anni ed è riuscito a trovare lavoro grazie al capo, un suo parente.
In questo arco temporale non ha notato cambiamenti all'interno della via.
Nel negozio entra anche clientela italiana.
Data la sua disponiblilità a parlare con noi, nonostante anche un italiano incerto, gli abbiamo chiesto se fosse disponibile ad una registrazione audio e/o video, ma la sua risposta è stata negativa, a causa dell'assenza del capo.

Sala slot machine e calzolaio: non ci hanno concesso un'intervista in quel momento. Ci hanno detto di tornare verso le tre del pomeriggio, quando ci avrebbero comunicato se sarebbero stati disponibili o meno ad una registrazione.

Ragazzo bengalese - internet point (+ phonecenter + rimesse)

Ci ha raccontato di vivere da 14 anni con un visto. Arrivato per la prima volta in Russia con un visto di un anno per motivi di studio, è riuscito a rinnovarlo per altri 5 anni, sempre per lo stesso motivo, finché nel 1998, con la sanatoria, gli venne consegnato un permesso per l'Italia di 2-3 mesi.
Ha lavorato per 5 anni Italia, inizialmente pensando a lavori manuali, per crescere, ma ciò non è successo. Ha lavorato all'Esselunga e in altri supermercati.
In Italia è riuscito ad appoggiarsi inizialmente ad uno zio, fino a giungere in via padova nel phone center di proprietà della sorella acquistato da un egiziano, anche se attualmente non è contento di tale sistemazione per le lunghe giornate di lavoro senza cambi.
Ritiene che le condizioni della via siano migliorate, è più pulita e meglio illuminata: prima vi era il buio dopo le otto, e questo aumentava il senso di insicurezza.
Afferma che nei palazzi della via vi abitano molti italiani, che si possono trovare anche nel suo negozio, come nel caso di siciliani che mandano rimesse a casa.
Gli piacerebbe che la sua famiglia venisse in Italia. In Bangladesh ha una moglie e un figlio di un anno che riesce a vedere due volte all'anno.
Non ha voluto essere registrato perché non interessato al progetto e a farsi riprendere.

Ragazzo cinese - ferramenta e negozio di idraulica
Si trova in via Padova da 5 mesi, mentre il padre ha la stessa attività in viale Sarca da 7-8 anni. Ha deciso di aprire questo negozio in quanto l'unico, nel suo genere, presente nella zona.

Boliviano - ristorante
Si trova in Italia da 8 anni, ma solo da due anni ha acquistato l'attività da una sua amica.
Ha portato subito con se la sua famiglia.
Prima di giungere in Italia provò a lavorare in Argentina, ma trovò un ambiente ostile e razzista e i soldi guadagnati bastavano solo per sfamarsi; in Italia invece non ha trovato un paese intollerante, o almeno è cosi apparentemente.
Attualmente non pensa di voler tornare a casa, a meno che non subentrino problemi.
Rileva un cambiamento nella via dopo l'uccisione del ragazzo egiziano. Oggi la via è più tranquilla, più pulita, ma ovviamente, il fatto che vi sia meno gente, non è un aspetto positivo per lui.

Due signori bengalesi - supermarket alimentare
Hanno accettato di fare una registrazione audio, ma non risulta di buona qualità per il tono di voce basso e l'italiano poco comprensibile.
Dalla loro testimonianza emerge che l'Italia sia da loro vissuta come un paese di passaggio, un luogo in cui lavorare, per guadagnare, e poi tornare in Bangladesh.
Percepiscono una forte crisi economica e un cambiamento della via dall'uccisione del ragazzo egiziano, che ha comportato un rafforzamento delle forze di polizia che arrivavano a chiedere i documenti anche 4-5 volte al giorno.

Esplorazione di: Irene Borchi, Chiara Valsecchi.

24 novembre 2011

11/11/11 - Gruppo 1: Resoconto Interviste di Alice, Arianna, Claudia

Le interviste di questa giornata hanno avuto come target i negozianti italiani rimasti nella via Padova. Dopo esserci recate alla bocciofila del circolo Caccialanza e ottenuto una informale chiacchierata col signor B, la nostra attenzione si è infatti concentrata sulla ricerca dei possibili interlocutori individuandoli nelle persone del signor G (macellaio) e del signor E (produttore di cappelli). Il nostro metodo è stato appositamente quello di impostare un colloquio di tipo informale (con utilizzo di carta-matita per gli appunti e di registrazione audio) da cui abbiamo ricavato spunti interessanti da poter approfondire nelle prossime interviste col supporto dei mezzi audiovisivi.

Signor B - bocciofila circolo Caccialanza

La bocciofila è un circolo privato dei soci frequentato regolarmente da italiani e solo occasionalmente da persone immigrate che si recano al bar.

La memoria della via emerge fin da subito nelle parole dell’intervistato: “Una volta a Milano c’erano i rioni ed era un paese “governato” dalle figure del prete, del sindaco e del maresciallo dei carabinieri: anche via Padova era costituita più o meno in questo modo”. L’immigrazione sulla via è iniziata circa un ventennio fa e “se andiamo avanti così comanderanno loro”; i negozi italiani sono quasi tutti scomparsi e sostituiti da cinesi nonché sudamericani ed egiziani (il signor B fa riferimenti anche alla compravendita dei beni immobili da parte dei cinesi).

Le provenienze delle persone immigrate in generale (non necessariamente proprietari di negozi) sono le più disparate: Sud America, Maghreb, Filippine, Romania, Giappone, anche se emergono opinioni discordanti (nelle tre interviste effettuate) sulla percentuale più o meno alta dei cinesi nella zona (essi sembrano essere molto più presenti in via Paolo Sarpi).

Dall'intervista del signor B emerge che, a suo parere, non può esserci integrazione tra italiani e stranieri. La zona che addirittura i carabinieri evitavano (testuali parole del signor B) fino a poco tempo fa è quella di via Arquà: fino a due anni fa giravano nella via i carabinieri accompagnati dall'esercito. Nel settore commerciale il cambiamento sembra essere dovuto non tanto alla presenza di immigrati, quanto alla situazione economica che inizia a pesare per il lavoro in calo…

Signor G - macelleria

Il signor G. racconta che da Loreto fino a Crescenzago c’era “la bellezza di centoventi negozi italiani” fino a circa quindici anni or sono. Ci spiega che il motivo per cui tanti italiani hanno ceduto i loro negozi di macelleria potrebbe essere ricondotto in primo luogo a fattori quali la mancanza di passione verso questo tipo di attività ed ai sacrificanti orari di lavoro che un negozio del genere richiede: “io inizio alle 7 del mattino e finisco alle 11 la sera: dopo la chiusura non si finisce di lavorare poiché c’è da fare la pulizia, sistemare la carne, riordinare il banco.”

Il signor G ha un negozio di macelleria in via Padova dal 1963: nato in brianza da genitori macellai, da generazione di macellai, ha imparato il mestiere anche facendo pratica in Francia e successivamente nella zona di Usmate. Ci racconta di aver iniziato come garzone con il compito di pulire il negozio: solo dopo sei mesi “quando ho imparato a pulire, mi hanno messo in mano il coltello”. Il signor G. pare voler farci capire come sia stato impegnativo imparare il mestiere, non solo facendo riferimenti alla sua “gavetta” ma anche mostrandoci i vari diplomi e premi da lui ottenuti (ha studiato anche un po’ di veterinaria).

Afferma di avere una buona clientela: da una parte quella italiana “delle nonne di una certa età che saranno 40-50 anni che le servo” e dall’altra, negli ultimi anni, quella immigrata composta da peruviani, ecuadoregni, cileni, colombiani, boliviani, filippini, magrebini, salvadoregni, rumeni e giapponesi. Alcuni di questi clienti hanno voluto ringraziare e lasciare un loro ricordo al signor G donandogli piccoli pensieri dal loro paese di provenienza che sono stati da lui esposti in negozio.

Il nostro intervistato sostiene che la sua clientela immigrata si sia formata anche per il fatto di essere stato fin da subito disponibile: “i primi anni che hanno cominciato a venire qua, son venuti da me perché se avevano bisogno qualche piacere glielo facevo, se avevano bisogno una via gliela dicevo, se potevo mandare a lavorare una persona la mandavo, e allora hanno cominciato da una voce all’altra, da una voce all’altra e insomma…mi vogliono bene, ecco!”.

In generale emerge un buon rapporto con le persone immigrate “che siano educate e all’altezza di capire certe cose” anche se non ne mancano altre che “si ubriacano o non rispettano la legge italiana” ma, continua il signor G, non è possibile fare una stima precisa, una percentuale completa.

Parlando ancora della sua attività, il signor G imposta un confronto fra le macellerie di una volta e quelle di adesso: “io vendo un po’ di salumi e tutto il resto di macelleria; non è che un macellaio deve vendere le patate, i piselli, le carote…Un macellaio dev’essere un macellaio, una drogheria dev’essere una drogheria! Una volta eran più bravi che adesso perché c’era il droghiere che vendeva il vino, che vendeva i liquori, il macellaio che faceva il macellaio. Ora ci sono i bazar!”.

Il cambiamento della via, esulando dal settore del commercio, risulta evidente: “sulla via Padova prima c’erano delle feste, lì c’era il gioco delle bocce, si andava a ballare, si andava a cantare, c’erano delle osterie belle, c’era più compagnia…Adesso cosa c’è?”

Signor E – Borsalino, negozio di cappelli

Il signor E, proprietario del negozio da 50 anni in via Padova, sostiene che a partire dal 2000-2001, la zona è cambiata totalmente: sembra essere rimasto tutto inalterato per almeno 30-35 anni e poi negli ultimi 10 anni c’è stata la svolta. Nella zona sono rimasti pochi italiani, “quei pochi vecchi, con reddito basso (anche come capacità di acquisto) e il resto tutti stranieri”.

Riguardo la nostra richiesta di spiegazioni circa i motivi per cui gli italiani avrebbero lasciato via Padova, il negoziante elenca dei fattori tra cui emerge innanzitutto che “la vita di negozio è una vita di sacrificio (elemento emerso anche nell’intervista al negoziante della macelleria): fai orari più lunghi degli altri, non fai weekend perché il sabato è lavorativo, ed è un lavoro abbastanza faticoso”. Fino a un certo punto è stato remunerato adeguatamente per cui “c’era qualcuno ancora disponibile a portarlo avanti perché faceva un po’ più fatica degli altri ma guadagnava bene; dopo i guadagni sono diminuiti e a quel punto lì uno dice se devo lavorare molto e guadagnare poco e posso fare dell’altro, allora preferisco.”

Di conseguenza i negozi hanno cominciato a chiudere, le nuove generazioni non sono state più sollecitate a continuare e quei pochi giovani che ci hanno provato, non avendo nessuna esperienza o capacità nel campo, e pensando che avere un’attività fosse semplice e molto remunerativo (modo di dire, a detta del signor E, lasciataci dalla tradizione), hanno aperto e chiuso negozio nell'arco di tempo di uno o due. Il nostro intervistato, a riprova di ciò, ci dice che il mestiere gli è stato insegnato dal padre e che lui lo ha insegnato al figlio.

Nel frattempo sono subentrati gli immigrati (soprattutto cinesi ed egiziani), disposti a comprare a prezzi superiori rispetto agli italiani e a pagare affitti alti che gli italiani non erano propensi a pagare e hanno offerto di più agli italiani che non quello che offrivano altri italiani (“un cinese nella via ci sta, soltanto che nessuno si immaginava che un cinese, poi un cinese, poi un altro cinese, alla fine è diventato tutto cinese nel giro di poco tempo!”).

Dal colloquio col signor E risulta che la minor rendita dei negozi italiani sia da ricondurre al periodo precedente l’immigrazione; anche per l’affitto degli immobili gli immigrati hanno offerto di più (elemento congruente con le parole del signor B alla bocciofila). In modo particolare sembra che i cinesi, pur essendo stati gli ultimi ad arrivare nella via, poiché prima sono immigrati nella zona i nordafricani e i sudamericani, abbiano “preso piede” più degli altri, almeno per quanto riguarda le attività commerciali e gli ultimi negozi rimasti non potrebbero andare che a loro perché ormai la via è tutta cinese, “è zona loro”.

Data la particolarità del negozio (vendita di cappelli al dettaglio, che “non si trovano dappertutto” oltre che altri articoli) il signor E ha conservato una clientela italiana che però va sempre più riducendosi non raggiungendo nemmeno una percentuale del 50%. Il motivo sembra collegarsi al fatto che in una via dove ci sono tutti cinesi, le persone con una certa fascia di reddito preferiscono recarsi in una via commerciale consona alle loro possibilità economiche e al loro livello e di conseguenza non percorrono tutta la via Padova “per vedere il signor Borsalino”: “a quel punto il cliente deve venire solo per te mentre prima faceva due passi”. Inoltre la clientela del cappello risulta essere un po’ anziana e questo, legato alla difficoltà di parcheggio e all’avvento dei centri commerciali ha provocato i noti esiti.

Il signor E sostiene anche che gli ultimi ristoranti, gestiti da cinesi o sudamericani, non cucinano italiano per gli italiani ma sono ristoranti gestiti da cinesi o sudamericani per cinesi e sudamericani! Questi ristoranti guadagnerebbero in media di più di quelli italiani.

L’integrazione manca di quelle premesse che la renderebbero tale: gli italiani si sono quasi tutti trasferiti, a parte gli anziani che non hanno la possibilità di farlo. “La via è diventata di loro proprietà: come la via Paolo Sarpi: là è tutto solo cinese, qui siamo in una via Paolo Sarpi internazionale!”. Il signor E sostiene che a suo parere nessuno più comprerà o prenderà in affitto un appartamento in un condominio dove sono tutti sudamericani o cinesi: “è inutile fare questioni di razzismo o non razzismo…Ci si trova meno bene! Non ci si capisce, quelli cucinano che puzza e per loro puzzeranno le nostre cucine, quindi integrarsi è facile ma a chiacchiere! Se uno sta di qua e l’altro di là vanno tutti d’amore e d’accordo ma quando si vive nello stesso condominio la musica cambia! Questa via, in un certo senso è diventata un ghetto e così gli italiani se ne vanno: anche il comune ha lasciato che le cose andassero come stavano andando.”


Esplorazione di: Arianna Albieri, Alice Comotti, Claudia Esposito




23 novembre 2011

gruppo due: alcune videoriprese della giornata di lunedì 21 novembre 2011

VEDI VIDEOPOST

Il primo video l'abbiamo girato direttamente sul bus 56 così da poter riprendere lo scorrere della via Padova fino al ponte. E' possibile sentire anche la voce che segnala le fermate.
Il secondo ed il terzo video riprendono la vetrina di un negozio cinese, mentre il quarto indica le destinazioni di chiamata di un call-center. Abbiamo inoltre girato una gran quantità di video circa insegne di negozi e panoramiche della via in generale. Abbiamo però in programma di tornare di nuovo per fare e perfezionare altre riprese. Si è preferito non inserire video con volti di persone o di specifiche insegne, per una questione di privacy, ma sono comunque molte le riprese di questo tipo.
Ci chiedevamo se ai fini del montaggio fosse meglio girare tante brevi riprese focalizzandoci anche sul medesimo oggetto, o invece se possono andar bene anche riprese più lunghe.
A nuovi aggiornamenti.
                             
                                                                                                                                         Roberta


Gruppo due: Roberta, Annalisa, Imma, Elisa; Corinna, Moreno e Silvia

21 novembre 2011

Resoconto della giornata: 21 Novembre 2011

Questa mattina, 21 novembre 2011, il nostro gruppo si è dato appuntamento in piazzale Loreto al fine di proseguire nell'intento di creare un itinerario visivo che renda l'idea del cambiamento avvenuto in via Padova nel corso degli anni. Gli obiettivi che ci eravamo proposti per la giornata di oggi erano principalmente due: effettuare delle riprese ad elementi  che potessero risultare significativi per il nostro progetto e reperire materiale di tipo fotografico inerente "la vecchia via Padova" (concentrandoci, in particolar modo, sul primo tratto della via, quello che si estende da piazzale Loreto fino al ponte adiacente la chiesa evangelica), al fine di coniugare, in un elaborato visuale finale, le diverse fasi storiche attraversate dalla zona oggetto d'indagine.
Il primo dei nostri obiettivi è stato raggiunto, a nostro avviso, in maniera piuttosto soddisfacente: abbiamo effettuato sia riprese "d'insieme", che dessero conto di una prospettiva ampia della via Padova, sia, ed in modo prevalente, riprese focalizzate su dettagli. In questo secondo tipo di riprese abbiamo trovato le insegne dei negozi, in lingue ed alfabeti diversificati, così come gli svariati volantini attaccati ai pali della luce particolarmente rappresentativi della multiculturalità che caratterizza la via Padova di oggi.
Altre riprese hanno avuto come oggetto l'autobus numero 56, simbolo della via, in quanto la attraversa in tutta la sua lunghezza.
Nell'effettuare le riprese abbiamo utilizzato, oltre che la videocamera fornitaci dall'Università, un cavalletto allungabile, così da potersi soffermare sugli oggetti d'interesse per i giusti tempi ed ottenere risultati maggiormente efficaci.
Per ciò che concerne in nostro secondo obiettivo, i risultati ottenuti si sono dimostrati meno appaganti. Il materiale fotografico riguardante il tratto di via che a noi interessa risulta difficile da reperire e i nostri tentativi di individuare centri e cooperative che potessero fornirci documentazione utile si sono fino ad ora rivelati infruttuosi (al contrario, abbiamo constatato quanto sia più facile reperire documenti su Crescenzago, Cascina Gobba ed altri borghi che oggi coincidono o sono prossimi alla parte ultima di via Padova ma che un tempo erano comuni autonomi).
Abbiamo inoltre provato a sollecitare alcuni negozianti di attività di lunga data circa fotografie che ritraessero i rispettivi esercizi nel passato, ma anche questa strada si è dimostrata inefficace (malgrado ciò, un'ultima speranza è riposta nel negozio di cappelli "BORSALINO", che oggi era chiuso!).
Il nostro prossimo passo consisterà nel partecipare ad una mostra che si terrà il prossimo venerdì pomeriggio riguardante foto del presente e del passato della zona. Dedicheremo inoltre tempo al fine di reperire sia fotografie e titoli apparsi nelle pagine di cronaca dei giornali durante i periodi di tensione verificatisi tra gli abitanti della zona, sia articoli che evidenziano altri aspetti della via, utili ad un'analisi che contempli anche le rappresentazioni che vengono fatte dei luoghi.
A breve, inoltre verranno indicati i link che permetteranno di accedere ad alcuni video fatti nella giornata di oggi.
                                                                                                                    Annalisa Consonni

Componenti del gruppo: Roberta Leva, Silvia Caprioli, Corinna Guenzoni, Imma Guarino, Moreno Paulon, Elisa Rancati, Annalisa Consonni

proiezione documentario

Ciao a tutti,

nell'ambito dell'evento annuale di Filmmaker a Milano,
domenica 27 alle 15.00 presso il teatro Gnomo a Milano ci sarà la proiezione del documentario che abbiamo realizzato sull'Orchestra di via Padova.

Siete tutti invitati
un caro saluto
sara

DOMENICA 27 ORE 15.00
CINEMA GNOMO DI MILANO: Via Lanzone, 30
PROIEZIONE DOCUMENTARIO: L'orchestra in via Padova
MM: S.Ambrogio (linea verde)

18 novembre 2011

9/11/2011: Gruppo 1 - Pianificazione lavoro sul campo

In data 9/11/2011, il gruppo si è riunito per darsi un primo orientamento progettuale. Dall'incontro è emerso un abbozzo di scaletta e alcune riflessioni relative a come impostare il lavoro etnografico.

Qui di seguito i punti principali:
1. Scegliere se riferirsi ad un solo tratto di via Padova e quale.
2. Primo approccio ai negozianti italiani della via: fare domande che cerchino di far emergere ricordi relativi al cambiamento commerciale della via (domande aperte, che lascino agli interlocutori la libertà di dirci cosa ritengono più rilevante e consentano a noi la possibilità di cogliere stimoli e circoscrivere meglio i nostri obiettivi).
3. Approccio ai negozianti immigrati: fare domande che possano aiutarci a ricostruire il loro arrivo in via Padova e l'apertura dei relativi negozi (perché proprio quei negozi, perché in via Padova, com'era la vita quando sono arrivati e com'è cambiata da quando sono residenti lì).
[In entrambi i casi, sarebbe interessante soffermarsi sui seguenti aspetti: rapporto con la clientela, prodotti venduti nei negozi, come i negozi rispecchiano le diverse abitudini, chi è la clientela.]
4. Approccio agli anziani: cercare di comprendere come abbiano vissuto il cambiamento della via e se si recano nei negozi attuali.

Alla luce di queste riflessioni, abbiamo ritenuto che potrebbe essere interessante allargare la nostra prospettiva sulla memoria alla situazione odierna. Si tratterebbe quindi di comprendere come sia vissuta la via oggi da parte degli attori sociali che la compongono, in riferimento alla loro situazione passata e presente, di migranti o autoctoni.
I punti di riferimento emersi sono stati i seguenti:
1. Processi di costruzione di nuove forme di identità dei soggetti.
2. Osservare gli oggetti come strumenti di affermazione identitaria (oggetti transizionali - th di Winnicott), come modalità di auto-rappresentazione (Rif. Zoletto, "Il gioco duro dell'integrazione").
3. Rapporto fra auto ed etero-rappresentazione.

Relativamente all'utilizzo della videocamera durante le interviste, si è ritenuto di riprendere soprattutto i negozi per fornire una contestualizzazione visiva (nel montaggio si potrebbero così osservare i luoghi, accompagnati da una descrizione vocale).

Per facilitare gli incontri e procedere nelle esplorazioni etnografiche, il gruppo ha deciso di procedere suddividendosi in ulteriori sottogruppi, nel modo seguente:
Venerdì 11/11: Alice, Arianna, Claudia
Giovedì 17/11: Chiara, Irene B.
Venerdì 18/11: Beatrice, Irene C.

In data lunedì 21/11 seguirà un incontro del gruppo al completo, per confrontarsi sulle informazioni raccolte e procedere nel lavoro.

Gruppo 3. Ricerca del materiale in vista di un primo utilizzo degli strumenti audiovisivi

In seguito al nostro primo approccio sul campo, abbiamo
passato le scorse settimane alla ricerca del materiale che riteniamo possa
esserci utile per realizzare l’itinerario visivo a cui abbiamo pensato. L’idea
di base è infatti quella di accostare vecchie immagini della via, ad immagini e
riprese attuali della stessa, in modo da rendere più evidente l’impatto del
cambiamento visivo che si è avuto negli anni. In particolare vorremmo porre la
nostra attenzione a come nel tempo gli edifici, i negozi, e le insegne di
questi siano cambiate.
Pensiamo inoltre possa essere molto interessante inserire
nel nostro lavoro (se sarà possibile) anche il modo in cui gli eventi di violenza
accaduti a differenti ondate nella via siano stati raccontati dai giornali.

Siamo così partiti alla ricerca di vecchie fotografie di via
Padova, sia attraverso la consultazione di diversi libri in varie biblioteche,
sia iniziando a contattare alcune associazioni e persone che hanno tenuto in
passato mostre fotografiche sulla memoria della zona, in particolare durante la
manifestazione “via Padova è meglio di Milano”, avvenuta lo scorso anno.
Al momento siamo riusciti a recuperare alcune vecchie foto
da dei libri, mentre per ciò che riguarda il materiale utilizzato nelle mostre
stiamo ancora contattando e mandando mail alle diverse persone ed associazioni
per riuscire ad ottenerlo. Riguardo gli articoli di giornale ci attiveremo
invece nei prossimi giorni.

Lunedì 21 novembre torneremo a fare ricerca sul campo,
questa volta con la videocamera messa a disposizione dall’università; tenteremo
così di acquisire la giusta manualità con il mezzo e faremo le prime riprese
iniziando in questo modo a visualizzare, non più solo nelle nostre menti, il
percorso che abbiamo pensato per il nostro lavoro di gruppo.

Caprioli Silvia, Consonni Annalisa, Guarino Imma, Guerzoni Corinna, Leva Roberta, Paulon Moreno, Rancati Elisa

15 novembre 2011

4/11/2011 - Gruppo 1: PRIMA ESPLORAZIONE DEL CONTESTO

Nel pomeriggio di venerdì 4 Novembre, il gruppo si è recato in via Padova per una prima esplorazione del contesto di ricerca. Sullo sfondo del tema della memoria, si è cercato di tracciare un possibile progetto di indagine, sfruttando gli stimoli provenienti dallo spazio circostante. L'aspetto più immediatamente percepibile, anche agli occhi del più distratto osservatore, è la fitta presenza di attività commerciali non italiane: particolare fonte di attrazione sono le numerose insegne scritte in diverse lingue, spesso accostate ad indicare il medesimo negozio (come cinese e italiano), e il richiamo ad aree geografiche tra loro fisicamente distanti, ma rese vicine dalla vendita di prodotti di diversa provenienza nello stesso luogo (specialità cinesi, sud-americane e italiane). Talvolta i confini vengono "reinventati", come nel caso di almeno due dei negozi osservati, le cui insegne recavano la scritta:"Eurasia - Prodotti da: Sud America, Africa, Europa e Asia". A questo proposito, come prima ipotesi di ricerca, si è pensato di partire proprio dai negozi attuali, per cercare di ricostruire il cambiamento delle attività commerciali nel corso del tempo. In particolare, cominciando ad intervistare i proprietari dei pochi negozi italiani rimasti, cercando di raccogliere racconti e memorie di chi possa aver vissuto la trasformazione urbanistica e sociale della via. Successivamente, si potrebbero interrogare i negozianti-migranti, nel tentativo di ricostruire il loro percorso di migrazione e comprendere come abbiano vissuto il loro arrivo nella zona e i relativi cambiamenti a livello sociale e politico. Inoltre, concentrandosi sulla popolazione della via, certo piuttosto eterogenea, si è cercato di individuare alcuni possibili centri di aggregazione di anziani (bocciofila). Infatti, sarebbe interessante poter ricostruire la memoria del luogo a partire da persone che molto probabilmente hanno vissuto a loro volta una migrazione, ma interna, dal sud al nord Italia, o da coloro che, pur essendo nati e cresciuti a Milano, hanno osservato la via cambiare nel corso degli anni. Si tratterebbe quindi di realizzare un "intreccio di memorie" che si potrebbero definire "multi-posizionate", volte a dare voce ai diversi soggetti coinvolti in un complesso panorama socio-culturale, nel tentativo di valorizzare le diverse memorie storiche di cui è composto. Parlando di memoria, non si può prescindere dal percorso esistenziale degli individui coinvolti che, non tanto nella loro dimensione personale, quanto piuttosto nel loro essere parte di una dimensione collettiva, ci parla dei complessi meccanismi sociali e politici della nostra struttura sociale. Sicuramente questo quadro di riferimento richiederebbe molto più tempo di ricerca di quanto non sia a nostra disposizione. Tuttavia, abbiamo ritenuto importante sottolineare le difficoltà che richiede la scelta di un oggetto di ricerca, in questo, come in qualsiasi altro terreno a cui si scelga di approcciarsi. Durante la passeggiata in via Padova sono state scattate alcune fotografie per catturare immagini e aspetti ritenuti significativi.

Arianna Albieri, Borchi Irene, Carrara Irene, Comotti Alice, Esposito Claudia, Meroni Beatrice, Valsecchi Chiara

microetnografia

Ciao a tutti,
un piccolo aggiornamento sulle attività del laboratorio in corso.
Il gruppo che si occupa degli itinerai visivi e quello che si occupa della memoria/e dei soggetti nel contesto della via Padova hanno iniziato a lavorare autonomamente sul campo:
il contesto di ricerca è comune ai due gruppi: il primo tratto della via che da Piazzale Loreto arriva fino al ponte. scopo: costruire possibili sinergie tra i diversi materiali di ricerca raccolti (audio -video).

alle scribane dei 2 gruppi il compito di aggiornarci sull'andamento dei lavori svolti e da svolgere tenendo presente che:
- il materiale audiovideo può essere linkato sul blog via youtube nell'apposita sezione (se ci sono difficoltà fatemi sapere che le risolviamo insieme. ricordatevi dell'opzione di condivisione ristretta per quel materiale che non si accompagna a una firma nella liberatoria che vi ho distribuito)
- gli aggiornamenti sull'andamento del lavoro via blog sono indispensabili
- una comunicazione fertile tra i due gruppi può generare non solo una maggiore consapevolezza ma soprattutto uno svolgimento più produttivo del lavoro (a questo proposito tenete presente i consigli/riflessioni che abbiamo discusso insieme a lezione)

Il gruppo che si sta occupando del montaggio - come Matteo ci ha felicemente aggiornato - è alle prese con il tentativo di dominare il programma final cut e, contemporaneamente, di fare chiarezza via storyboard sulle parti da inserire nel montaggio e su quelle da escludere. Procederà quindi nei prox lunedì con il lavoro che si è rivelato più complesso di quanto immaginavano.

Per ora mi sembra tutto: solo ricordatevi di far firmare le liberatorie ai soggetti se volete che poi il vs lavoro assuma un carattere pubblico/fruibile + ho lasciato la telecamera al gruppo itinerari visivi e vi ricordo di non cancellare il materiale presente in memoria o - al limite - di copiarlo su file precedentemente.

un caro saluto
sara

10 novembre 2011

IL MONTAGGIO E' CREATIVITA', DEDIZIONE E TANTA FATICA...

Lunedì 7 novembre un gruppo di sei studenti ha finalmente iniziato l'attività di montaggio del materiale audiovisivo acquisito dagli iscritti al precedente laboratorio di antropologia visuale.
Un lavoro apparentemente agevole, che non proponeva la fatica degli spostamenti, si è rivelato sin dall'inizio molto insidioso. Merito di Steve Jobs e dell'eredità che ha lasciato al mondo: il programma in uso per l'operazione di montaggio, "Final Cut Pro", gira solo su MacIntosh e nessuno dei componenti del gruppo ha dimestichezza della relatà parallela a Microsoft.
Si comincia praticamente dall'AbC... per esempio dal come ridurre a icona una finestra di lavoro.
Dopo aver già affrontato una lezione in classe sui comandi e le funzioni, la docente ci compie un nuovo sunto delle potenzialità infinite del programma, che, come indica il nome in sè, è proprio professionale e permette di fare cose mirabolanti. Una volta in laboratorio, a tu per tu con l'Alterità fatta Informatica, sarebbe opportuno "smanettare un po' a caso " per prendere confidenza col mezzo, ma non abbiamo abbastanza tempo: ci proviamo lo stesso dopo una mezz'ora di spiegazione pratica e a livello teorico sembra tutto facile.
Rimasti da soli, procediamo con la visione dei materiali: 22 Gigabyte di registrazioni audiovideo, che necessitano di essere setacciate e sgrezzate, per produrre un resoconto agli amici del Comitato Stranieri di Villa Pallavicini. E' necessario crare almeno uno storyboard mentale, ma prima bisogna conoscere i contenuti e in pochi hanno avuto un'anteprima del materiale.
Affiora il secondo scoglio: "dare senso" a immagini che sono state registrate da persone diverse da quelle che ne decideranno il montaggio. Sappiamo che e' un'operazione epistemologicamente proibita e che farebbe rizzare i capelli a molti antropolgi, ma ci tocca farlo.
E allora si parte, tra idee che affiorano durante la visione e animano il gruppo. E' pieno brain storming: ognuno ha le proprie, ma alla fine si riesce a convogliarle in una direzione. Siamo ancora all'inizio, si sperimenta, si fanno un sacco di errori, si maledice il programma; le cose scompaiono e riappaiono, i comandi non rispondono come si vorrebbe, il mouse scivola troppo, si ripredono gli appunti per rinfrescare la memoria.
Il primo prodotto è proprio sgraziato, un abbozzo senza capo nè coda, ma frutta alcune decisioni di carattere organizzativo e qualitativo: dovremo vederci al di fuori delle ore di lezione, perchè sennò staremo lì fino alle calende greche; introdurremo i protagonisti del video con scritte e faremo largo uso di effetti grafici, ma soprattutto si integrera' il girato con delle immagini di Via Padova, che sono state raccolte da una studentessa del precedente corso e che rappresentano un inedito per la ricerca in sè. Se non faremo un bel lavoro, almeno ci saremo resi utili, arricchendo il patrimonio documentale! Un piccolo risultato positivo nel panorama tragicomico del nostro primo approccio al montaggio e da cui ripartiremo la prossima volta.

To be continued...

Matteo Malanca

8 novembre 2011

Gruppo 3. Prime attività

Gruppo 3: costruire degli itinerari di conoscenza visiva.

Dopo l’intervento del Sig. Bonaconsa avvenuto nella prima
parte della lezione lo scorso 24 ottobre ciò che il nostro gruppo di
laboratorio ha tentato di individuare e discutere è stato non tanto un
obiettivo preciso e già definito, quanto invece un modo per iniziare, per
approcciare quello che sarà il nostro compito per questo laboratorio. Ciò è
stato dettato anche dal fatto che la maggior parte di noi non era mai stata in
via Padova o comunque la conosceva molto poco. Abbiamo quindi deciso, prima di
proporci obiettivi, di iniziare il nostro progetto facendo un sopralluogo, dopo
aver letto l’articolo “etnografia di via Padova” che era stato indicato come
utile per un primo approccio. L’idea era quella di avere solamente delle
informazioni di base, in modo da lasciare che i simboli che caratterizzano
questa via attirassero la nostra attenzione, senza che i nostri occhi li
cercassero, già consapevoli di quello che avrebbero trovato. Abbiamo così tentato
di utilizzare a nostro favore quello che sotto altri aspetti poteva essere
visto come uno svantaggio.

La mattina di venerdì 28 ottobre ci siamo quindi recate in
via Padova con macchine fotografiche e quaderni per gli appunti. Abbiamo
percorso il primo pezzo di via a piedi, osservando ciò che ci circondava,
dopodichè siamo salite sulla 56 e siamo arrivate fino a Crescenzago/Cascina
Gobba. Quello che più ha attirato la nostra attenzione credo siano stati i
tanti volantini colorati attaccati ovunque che pubblicizzavano di tutto (corsi
di ligua, feste, incontri, dibattiti,..); le insegne dei negozi (che spesso
specificavano di che nazionalità erano e con a volte i menù in due lingue), e
le tante diverse associazioni e circoli.

Ci siamo poi sedute ad un tavolo ed abbiamo cercato di fare
il punto della situazione: le nostre impressioni, la direzione che vorremmo
seguire, i simboli più importanti dell’itinerario che dovremo costruire.
Abbiamo alla fine pensato di focalizzare la nostra attenzione sull’impatto visivo
del cambiamento, in particolare riguardo ai negozi della via: a come questi
siano cambiati o meno a livello visivo (e non solo) negli anni e a come ciò
abbia eventualmente contribuito a cambiare anche l’aspetto della via.

Il prossimo passo sarà quello di recarci in diverse
biblioteche ed emeroteche di Milano; prima di tutto per ottenere qualche
informazione in più riguardo a via Padova, alla sua storia e anche a come
questa sia stata raccontata sui giornali ed inoltre per trovare qualche
documento, e soprattutto foto, sia sulla via in generale, sia in particolare su
negozi e fabbriche che prima potevano esserci ed ora non più e che possono aver
quindi modificato l’impatto visivo del luogo.

Elisa