30 dicembre 2013

Musei del pane



Una delle tappe pensate in questa mia ricerca sul pane e sulle immagini utilizzate per veicolarlo al pubblico, prevedeva la visita ad un museo, luogo della conservazione, della divulgazione e dell’immagine, ma vista l’impossibilità di visitare il museo di Sant’Angelo
(l’unico nelle vicinanze di Milano) perché chiuso, ho pensato di analizzare i siti di alcuni di questi per farne una comparazione ed analizzarne gli elementi visuali.
I siti analizzati sono quelli dei cinque musei che appaiono digitando sui motori di ricerca e più esattamente mi riferirò al museo di Sant’Angelo Lodigiano, il museo del Pane Rituale di Salemi, quello del Comune di Maiolo, quello del Comune di Panettieri ed infine il museo del Pane Rituale di Borore.

Una prima considerazione di carattere generale riguarda il fatto che non sono molti gli alimenti che possono vantare musei, in rete si possono reperire musei del Vino, dell’Olio, dell’Acqua e dell’Alimentazione in genere. Il Pane quindi, come per i precedenti alimenti tipici della cucina mediterranea (Olio e Vino)gode di alta considerazione sia simbolica che nutritiva.
Analizzando i siti proposti si nota subito che solo due di essi (Salemi e Borore) si presentano come siti dedicati integralmente al museo, mentre per gli altri tre il sito del museo è parte di altri siti istituzionali (due siti di Comuni e uno di Provincia). Questi ultimi tre poi sono composti di una sola pagina mentre per i primi due il sito si presenta composto di diverse pagine divise per argomenti e attività.
Analizzando nel dettaglio i primi tre siti si può vedere che le pagine presentano semplicemente le descrizioni degli allestimenti e delle locazioni dei musei. Nella prima parte una breve descrizione del museo seguita da alcune descrizioni sulla panificazione, sui legami sociali del pane, sulla coltivazione del grano, ecc.
Sotto l’aspetto visuale, i siti presentano pagine semplici con poche o addirittura una sola fotografia che presenta forme di pane, mentre quello del comune di Panettieri presenta immagini di strumenti utilizzati per la panificazione.
I due siti dei musei di Borore e Salemi si riferiscono a pane realizzato per feste e rituali, oltre essere interamente dedicati ai musei del pane,  risultano compositi e ben curati oltre che ricchi di informazioni ed immagini. Dei due quello di Salemi sembra di fattura semplice e meno professionale e con impaginazione e fotografie poco curate.
Certamente il sito del Museo del Pane Rituale di Borore è quello meglio realizzato con numerose pagine ben curate e denso di informazioni ed immagini.
Le immagini proposte riportano al passato ed alla tradizione a ribadire quanto già da me proposto nella presentazione del mio percorso di indagine. Rifacendomi alle tesi di Appadurai verifichiamo spesso che le immagini ci vogliono riportare ad un passato mitico in cui l’aspetto nostalgico ci fa pensare ad un periodo in cui i cibi erano buoni, genuini, fatti a mano in case, contrapponendolo ai cibi prodotti oggi, da industrie e venduti nei centri commerciali. Questo senso dell’antico lo cogliamo maggiormente nel sito di Borore in cui si vedono utilizzati sfondi che riproducono assi in legno e in cui le fotografie ritraggono ambienti con allestimenti in legno e pietre che rievocano i tempi passati.
Non ho trovato in nessun museo allestimenti sulla moderna panificazione o riferimenti ai trascorsi tempi difficili in cui il pane bianco era destinato alle classi dominanti mentre il pane del popolo spesso era confezionato mischiando cerali diversi e il pane era il simbolo della povertà e della fame.  L’iconografia proposta dai siti intende quindi riportarci verso una falsa età felice in cui il pane era il prodotto genuino che oggi non sarebbe, dimenticando invece che le migliori selezioni di grano, le raffinate tecniche di molature e pulitura, l’uso di impastatrici meccaniche e di cottura forniscono oggi un pane di qualità che presenta garanzie di igiene e standard qualitativi elevati. Anche le moderne panetterie e le industrie panificatrici fanno oggi largo uso di immagini che ci rimandano ad un passato mitizzato che ci suscita nostalgia per un tempo in cui i più non hanno preso parte e di cui non hanno quindi ricordo.

22 dicembre 2013

La Società del Pane Quotidiano



La visita alla storica Associazione Il Pane Quotidiano che si  occupa dal 1908 di distribuire alimenti alle persone in difficoltà, è prima di tutto una esperienza fatta di immagini e di emozioni.  L’esperienza che vi racconto inizia già prima del cancello; dal marciapiede si incontrano persone che  giornalmente si mettono in fila per accedere al cibo. Questo prologo fatto di immagini, di visi, di etnie e di età diverse, ci restituisce un forte senso di eterogeneità e ci consente di iniziare a comprendere cosa troveremo addentrandoci all’interno dell’edificio, ovvero una associazione ( che racchiude in questo sostantivo la totalità del suo significato) che si occupa di nutrire lo spirito e di saziare il corpo, fatta di persone che donano il proprio aiuto e di persone in difficoltà. Questo è il messaggio che accoglie chiunque  abbia necessità di avere del cibo.
Volutamente ho scattato poche fotografie, se volete ne potrete vedere sul sito dell’Associazione  perché ho avvertito un forte senso di pudore e di rispetto nei riguardi di tutte le persone in fila. Cercherò di rendere nel racconto ciò che visto.
Il pane, per il Pane Quotidiano, non è solo una metafora ma un simbolo della necessità alimentare, un bisogno da soddisfare uguale per chiunque. Il pane è una presenza negli spazi della sede; dal profumo che ci accoglie risvegliando quella sensazione familiare legata ai ricordi e al piacere che porta con se, alla sua vista, imponente e invadente per le grandi quantità, che troviamo  stivate nei passaggi e nei magazzini.

La mia visita di oggi è stata resa possibile dalla disponibilità di Luigi, uno dei responsabili della struttura, che mi ha raccontato e mi ha permesso di comprendere ciò che avviene tutti i giorni, oltre a spiegarmi quale sia il legame tra il pane e l’Associazione.
Il primo ed immediato lo ritroviamo nei giorni di apertura. La sede è aperta tutti i giorni in cui si panifica. Questo è facilmente spiegabile perché l’Associazione, attiva da più di cento anni, ha legato la propria missione alla distribuzione del pane, elemento base della alimentazione, e in qualche modo, per chi ha fondato questa organizzazione laica, ad un’idea di giustizia il cui scopo era far si che il pane a Milano non mancasse mai a nessuno e che forse, nei primi anni del ‘900 costituiva tutto quello che veniva effettivamente distribuito. Oggi oltre al pane vengono distribuiti diversi altri alimenti, necessari anch’essi alla sopravvivenza. Questo importante cambiamento è frutto dell’intensa collaborazione costruita con le aziende che contribuiscono alla realizzazione di tutto questo attraverso le donazioni, unica forma di
autosostentamento dell’Associazione. Tutto ciò che viene distribuito è frutto di donazione così come tutte quelle monetarie vengono impiegate per l’acquisto di alimenti. Solo una piccola parte di queste ultime viene utilizzata per sostenere le spese della struttura che basa il proprio funzionamento sul fondamentale supporto dei volontari.
Il pane assume quindi il duplice significato di metafora sulla fame umana e il nutrimento. Tra i duemila e i duemila e cinquecento chili di pane vengono giornalmente distribuiti alle duemila e cinquecento persone che ogni giorno, pioggia, neve, freddo o caldo, si mettono in fila per ricevere ciò che a nessuno deve essere negato. Cifre che fanno impressione, cifre che rendono l’Associazione un potenziale osservatorio sulla povertà milanese. Scopro però, intervistando Luigi, che tutto ciò per loro non è motivo di interesse. Ci tiene a ricordarmi che lo scopo associativo è “semplicemente” quello di dare da mangiare a chi ne ha bisogno, senza domandare nulla a nessuno, senza chiedere e senza aver bisogno di alcuna spiegazione.
Le risposte  sono da cercare negli sguardi delle persone. A poco valgono per loro le inchieste giornalistiche e le statistiche sui nuovi poveri. I volontari dell’Associazione distribuiscono cibo, e questo basta.
Il pane distribuito è parte di questo spirito, viene interamente donato ogni giorno dalla Panem che lo  produce e lo dona senza chiedere come moneta di scambio pubblicità e ritorno di immagine, così come si confà al puro spirito “milanese” della filantropia.
Ho scoperto e attraversato un luogo carico di simboli ed emozioni, un luogo in cui il pane rappresenta la povertà e la fame, ma anche il mezzo per poterla placare. Un luogo che profuma di pane, che parla di pane e che da solo ne riassume la storia.
E alla fine della mia visita Luigi mi saluta con una speranza ovvero che  i principi e i valori che rendono ogni uomo uguale all’altro diventino il vero nutrimento dello spirito e del corpo. Mi saluta raccontandomi il suo sogno, quello di poter chiudere un giorno l’Associazione perché nessuno avrà più bisogno di fare la fila per sopravvivere ed ognuno avrà acceso al proprio Pane Quotidiano.

18 dicembre 2013

WAYS OF SEEING - episodio 4

E il quarto.


WAYS OF SEEING - episodio 3

Il terzo.




WAYS OF SEEING - episodio 2

Ecco il secondo.



















WAYS OF SEEING - episodio 1

Ciao a tutti,
vi posto la rielaborazione dei 4 episodi della serie WAYS OF SEEING realizzata da John Berger.
Per chi fosse interessato ad approfondire, su you tube potete trovare i video integrali in lingua originale.

Ecco il primo. 
(Per visualizzare le immagini a dimensione maggiore, e poterle leggere senza problemi, cliccate visualizza immagine - clic sull'immagine e poi tasto destro. Vi permetterà di zummare.).









editing video 20 dicembre

Ciao a tutti,
vi ricordo che la sessione di montaggio di venerdì 20 dalle 15.30 alle 18.30 si svolgerà in U6 al 4°piano come concordato in precedenza.
Attendo il gruppo Burlesque e Parmigiani (le  due macchine disponibili sono occupate): chi vuole aggiungersi deve di necessità portare il proprio portatile con il  lavoro di editing avviato.
Eventualmente posso venire prima - dalle 13 per coloro che necessitano un confronto sul work in progress -  ma segnalatemelo cortesemente  via mail.
va da sè che non posso prestare attenzione a più di due gruppi per volta
un caro saluto e Buon lavoro
Sara

9 dicembre 2013

avviso per montaggio

Ciao a tutti,
segnalatemi il prima possibile le vostre disponibilità per il montaggio via commento al presente post.
Venerdì 13/12 non ci sarà lezione in quanto il gruppo che sta lavorando sul burlesque è impegnato con le riprese.
Le prossime disponibilità sono dunque:

lunedì 16 alle 13.00 per Roberto Parmigiani e contemporaneamente per un altro gruppo a cui chiedo di segnalarmi al più presto la presenza. Possono intervenire anche coloro che hanno i propri mezzi (portatile con programma), tenete presente però che non riesco a seguire più di due gruppi per volta.

venerdì 20 alle 15.30 per gruppo burlesque e altro gruppo che si segnalerà

lunedì 23 alle 11 (fino alle 18.00) ?

é importante venire al montaggio con i file acquisiti su supporto (usb/hard disk): tenete presente che non tutte le estensioni file sono compatibili con il programma ed è quindi importante verificarne la compatibilità e, in caso, convertire i file in formato .mov
Sul web trovate un programma gratuito che vi consente le conversioni con le estensioni più comuni: mpeg_streamclip in versione per window o per mac

per ora è tutto
buon lavoro
sara

8 dicembre 2013

Primi girati da Fikirtepe!


Questi sono i primi girati fatti a Fikirtepe (Istanbul), dove le demolizioni stanno continuando. Nel montaggio provvisorio (fatto con iMovie, che il mostro -Final Cut- dorme nel computer a Milano), talmente provvisorio che ho dimenticato di togliere i neri, ho tentato di riprodurre il mio progressivo avvicinamento, che corrisponde al processo reale di conoscenza del campo. Il suggerimento è venuto da Sara che mi ha invitato ad avvicinarmi alle persone. Ecco, io lo preso come dispositivo visuale! Prima un'immagine che colpisce e attira l'attenzione: le case-fantasma senza finestre, prima fase della demolizione; poi quelle case da vicino, lo spazio svuotato, laddove prima c'era un quartiere, poi la voce delle persone, le loro esperienze. In un'altra serie di video che devo ancora montare ci sono gli interni delle case, una ancora abitata, l'altra in fase di svuotamento. Su di esse mi piacerebbe confrontarmi in un post successivo, dedicato. In questo primo montaggio il mio interesse era rendere l'idea dello svuotamento, del valore forte e simbolico di una demolizione, dell'abbattimento di una forma di vita. L'immagine della scala che non conduce più a nulla voleva mostrare questo contrasto per esempio tra uno spazio abitato e uno spazio sgomberato, volevo che fosse il segnale di una mancanza, di una sottrazione. Chissà se ha reso, oppure chissà come altrimenti potrei rendere l'idea. Accetto suggerimenti. Ho usato molte panoramiche che ho rifiutato in fase di montaggio. Non mi pare che dicano gran che. Forse è nella composizione dell'immagine, la presenza nell'immagine di elementi chiave che rende meglio l'idea. O forse devo solo imparare ad usare la ripresa panoramica (a parte che ho un cavalletto che fa pena). Nel caso della scala le ho accostate entrambe, l'immagine fissa e la ripresa con la camera in movimento. Ditemi cosa ne pensate. Riguardo alla qualità delle riprese in generale devo dire anche un'altra cosa. Per non mettere in imbarazzo le persone con cui parlo e per non creare distanza, spesso non guardo nello schermo e tengo la camera a mezza altezza, controllando ogni tanto che il soggetto entri nel riquadro. Così ci rimette un po' la qualità della ripresa ma riesco a tenere il contatto occhi-occhi. 
Una nota pubblicitaria: qui pubblico solo le riflessioni visuali della mia ricerca. Per chi volesse seguire la mia esperienza di campo, vi invito a seguirmi sul blog www.kiz-reporter.blogspot.com
Grazie, Alessandra


4 dicembre 2013

appuntamenti per montaggio materiali

Ciao a tutti,
un riepilogo di max per quanto riguarda l'organizzazione delle lezioni dedicate al montaggio:

il venerdì (6/11)  ci si trova in aula U16/12 alla solita ora con il gruppo che aveva espresso l'impossibilità di un cambio di gg e orario. Il portatile che possiamo utilizzare è uno solo dunque escludo la presenza in contemporanea di altri gruppi a meno che non siano forniti di propri mezzi di lavoro (PC e programma): l'alternativa - che va però definita in anticipo di qualche gg per comunicazioni necessarie agli uffici competenti - è quella di trovarci anche il venerdì in U6 al quarto piano nel laboratorio di antropologia visiva che si trova nello stesso corridoio - per capirci - dell'aula dottorandi e degli uffici amministrativi del dipartimento.

ESCLUDO quindi la possibilità di cambiare sede per questa settimana - dalla prox ci accordiamo.

il lunedì io sono disponibile ad accompagnare il lavoro dei vari gruppi dalle 13 alle 17,30 /18.00
possono ruotare 4 gruppi: due dalle 13.00 alle 15.30 e altri due dalle 15.30 alle 17.30

segnalatemi cortesemente la suddivisione via commento in modo impostare fluidamente il tutto.

RACCOMANDAZIONI VARIE: è necessario venire a lezione con i file già acquisiti su supporto USB o segnalare prima le  difficoltà di acquisizione materiali specifiche.

ricordo a tutti, frequentanti e non, che i vostri lavori dovranno essere consegnati entro la fine di gennaio o la fine di giugno (per registrazione dei crediti formativi)

se ci sono dubbi scrivetemi via mail
un caro saluto
sara
p.s. sono arrivate le telecamere in dipartimento, conto di ritirarle venerdì prima della lezione. confermatemi chi ne ha bisogno.

2 dicembre 2013

"COSPLAYER": PASSIONE ED ARTE

Buongiorno a tutti,
il mio progetto consiste nell'intervista ad una “cosplayer”.
Il termine cosplayer (contrazione dei termini “costume” e “play” nell'accezione di “interpretare, giocare”) indica la pratica di indossare un costume che rappresenti un personaggio riconoscibile in un determinato ambito e di interpretarne il modo di agire.
Il fenomeno ha avuto inizio alla fine degli anni '70 quasi contemporaneamente negli Stati Uniti (dove travestirsi da supereroi come Batman e Superman era già una pratica diffusa) ed in Giappone dove le persone vestono come personaggi dei cartoni animati (“anime”), dei fumetti (“manga”) o dei videogiochi, benchè ultimamente costituiscano fonte di ispirazione anche opere occidentali di fama internazionale (la trilogia de' “Il signore degli anelli”, “Harry Potter”,...).
Mentre in Oriente si organizzano per lo più delle rassegne nelle quali i cosplayer si incontrano per condividere la stessa passione e per farsi fotografare, in Occidente è molto più marcato l'aspetto interpretativo (delle vere e proprie scenette di combattimento, ballo, canto, mimo a seconda del personaggio) ed agonistico (gare).
Dal momento che agli occhi di un occidentale tali eventi possono sembrare simili alle sfilate di Carnevale, occorre fare alcune precisazioni:
  • mancano l'aspetto religioso e di rinnovamento simbolico (non è un periodo di festa durante il quale il caos sostituisce l'ordine costituito, che riemergerà rinnovato e garantito una volta terminati i festeggiamenti) e la violenza (cfr Carnevale di Ivrea);
  • la maschera non è un oggetto usato per celare la propria identità, al contrario un cosplayer sceglierà sempre un (o più) personaggio al quale si sente di assomigliare, spesso anche fisicamente.
Fondamentale è la realizzazione del costume e degli accessori, che deve essere accuratissima e spesso è molto impegnativa.
Nel corso delle riprese cercherò di mostrare come una cosplayer vive questa passione e forma d'arte, intervistandola e seguendola mentre si prepara a partecipare al “Lucca Comics&Games 2013”, la più importante rassegna del settore in Italia, seconda in Europa e terza al mondo (dopo il “Comiket” di Tokyo ed il “Festival international de la bande dessinée” di Angoulême in Francia) ma assolutamente unica perchè, a differenza di tutte le altre, si svolge per le strade della città, all'aperto e non al'interno di padiglioni appositi o in luoghi chiusi (palazzetti, capannoni).
Viola Donarini

1 dicembre 2013



IL BURLESQUE E LE SUE (NUOVE?) IDEE DI FEMMINILITA’

Buongiorno a tutti,
vorremmo brevemente presentare il nostro progetto di lavoro per il laboratorio di antropologia visuale 2013.
Abbiamo scelto di occuparci di un tipo particolare di performance, che sta prendendo sempre più piede nelle palestre, corsi di ballo, locali e anche sui media: il burlesque.
Il burlesque è un genere di spettacolo, comico o satirico, praticato già alla fine del 1700 in Inghilterra, e successivamente negli Stati Uniti, che ha a mano a mano assunto forme sempre più simili al varietà perdendo la sua vena parodistica e mettendo l’accento quasi interamente sulla femminilità e il corpo delle ragazze. Dagli anni Novanta viene declinato come “new burlesque”, legato al sorgere della moda vintage e in parte dark/gotica.
Abbiamo scelto questo argomento sia per interesse personale, anche se siamo tutte abbastanza “digiune” in materia, sia perché pensavamo potesse essere un occasione interessante, trattandosi di un’attività che coinvolge la danza, la messa in scena del corpo e l’uso di particolari “ferri del mestiere”, per metterci alla prova con una telecamera. In particolare volevamo soffermarci sulle idee di femminilità che possono essere sottintese al burlesque, il quale comunque mette in mostra, in modo anche esagerato e volutamente provocatorio, il corpo della donna. La nostra ricerca vuole indagare quale sia la concezione di femminilità, ma più in generale di genere, che scende qui in campo; se questa si possa considerare un’idea nuova, diversa da quella egemonica o meno, condivisa o meno da chi pratica questa attività e quale ruolo il corpo possa giocare in questa costruzione della propria identità. L’aspetto della corporeità rimane un tema centrale e ci sarebbe anche piaciuto soffermarci su come questo fisico, principalmente femminile ma non solo, viene plasmato da questa pratica (attraverso allenamento, esercizi di portamento, canto dal vivo ecc. ecc.) e se sono richieste delle particolari skill, delle abilità tecniche. Uno sguardo panoramico sulla “cultura materiale del burlesque”, cioè sugli strumenti usati dalle ballerine, ci sembrava d’obbligo; in particolare vorremmo soffermarci sulle scarpe (rigorosamente col tacco), le calze a rete, la sedia usata nelle coreografie e il trucco.
Per il nostro progetto abbiamo contattato una scuola di Cusano Milanino, che offre tra i suoi diversi corsi anche uno di burlesque, e abbiamo intenzione di filmare l’insegnante e le allieve sia durante le normali lezioni, sia durante le prove; pensiamo inoltre di riuscire a filmare anche uno spettacolo che realizzeranno a dicembre, facendo magari anche riprese nel backstage per mostrare i diversi contesti e i relativi comportamenti delle ragazze. Il corso, che si svolge sempre la sera, una volta a settimana, è frequentato da un piccolo gruppo di allieve, di età diversa (dai 25 a circa 40 anni) ed è tenuto da un ragazzo, Davide, che insegna diverse discipline in quella palestra. La presenza di un insegnante uomo rende ancora più interessante l’indagine sulla femminilità legata (o meno?) a questo genere di performance che solitamente fa di un certo tipo di corpo, delle curve e della sensualità il suo cavallo di battaglia. Si tratta innanzitutto di inquadrare alcune categorie (femminile/maschile, corpo volontariamente esibito/corpo mercificato, provocazione/volgarità e soprattutto il confine sottile che corre tra questi concetti) che sembrano strettamente in contatto con quello che il senso comune lega all’idea di donna e soprattutto a quella di femme fatale o di donna di spettacolo.
Vorremmo inoltre condurre delle interviste, singole o in gruppo, legate alle motivazioni e opinioni più personali, con l’insegnante e alcune delle allieve; una sorta di mini-storie di vita che possano portare uno sguardo più concreto e fornire una suggestione generale del vasto panorama di questa forma d’arte.

                                                           Maria Luisa, Tania, Patrizia, Anna