10 marzo 2013

Multiculturalismo e seconde generazioni nell’hinterland milanese. Cap 4.


Nuovi contatti e sopraluoghi nelle due realtà identificate come più interessanti delineano maggiormente l’approccio che potrebbe essere utilizzato nel corso del lavoro e delle riprese. Modificando livelli pratici e teorici rispetto a quanto immaginato all’affacciarsi della ricerca.
Più frequenti sono i contatti, più ci si aspetterebbe una qualche forma di confidenza, fiducia e informalità con gli interlocutori, non sempre però è così. E’ il caso del Centro Culturale di Seggiano e del rapporto con i suoi volontari. La nostra proposta come già precedentemente riportato incuriosisce, al punto di “convocare” un incontro allargato, con la “troupe”, i volontari del Centro più alcuni esterni vicini ai volontari o rappresentati di realtà simili dislocate sul territorio e che su una video-ricerca di questo genere hanno comunque qualcosa da dire. L’incontro è preceduto, come prevedibile, da un passaggio, una negoziazione interna, che ci viene poi riportata a noi anche attraverso la moderazione di Don Luigi. In sostanza il progetto continua a piacere, l’interesse è forte verso il lasciare una traccia delle attività e delle persone che girano attorno al centro culturale (sempre che esse siano concordi) sorprende invece l’improvvisa chiusura verso la visibilità del centro culturale stesso. Non riusciamo a capire il perché ma la condizione imposta è che il Centro scompaia dalla scena, nessun riferimento, nessuna inquadratura che possa identificarlo inequivocabilmente (esterni, le insegne…) e che faccia ricondurre lo spettatore a quel preciso luogo. Di fatto si vuole valorizzare il contenuto ma rendere molto generico il contenitore. Anche senza aver ottenuto precise spiegazioni su questa scelta, sembra opportuno rispettarla sia nelle inquadrature che in questi report sul blog, nei quali preferirei far riferimento il meno possibile al Centro Culturale da qui in avanti.
Anche i nostri interlocutori iniziali sfumano, si sottraggono dolcemente, passandoci nelle mani del coordinatore delle attività: Giovanni, vigile urbano e pilastro del corso d’italiano per stranieri. Il rapporto con lui si fa subito fitto, è lui a cercarci (numerosissime telefonate e messaggi in pochi giorni) per spiegarci, per suggerire cosa e come inquadrare, diventa anche difficile già da ora tracciare una linea tra ricercatore e oggetto della ricerca. Scopriamo che le attività si svolgono a Seggiano e a Pioltello (sede del laboaratorio di teatro), che il corso di lingua ha rischiato di chiudere siccome si sono chiamati fuori gli altri “insegnanti” storici, è rimasto solo lui e ha deciso, sotto loro suggerimento, di coinvolgere alcuni giovani ragazzi pakistani residenti in zona già da alcuni anni: Hassan, Faizan, Umer. Insieme insegnano l’italiano alla grande comunità pakistana ma non solo quella. Giovanni si sofferma sulla particolarità intererpretativa di alcune parole o concetti in base alla provenienza geografica degli utenti.
Progrediscono anche i rapporti con l’Istos, l’insegnante Barbara, si è convinta ad entrare in classe con le camere. Mossa da un episodio curioso: la lettura di una poesia di Dante in cui gli studenti di diversa provenienza hanno voluto ingaggiare una sorta di gara su chi meglio riusciva a riprodurla e reinterpretarla nella propria lingua d’origine. Barbara s’incarica di preparare il terreno prima di tutto con l’istituzione scolastica (preside e passaggi burocratici) e poi con gli studenti. Chiede a noi di ipotizzare un “ingresso dolce” nel contesto classe, che sia in grado di non sconvolgere gli equilibri e muovere anzi l’interesse degli studenti.

 Vittorio

1 commento:

  1. ciao,
    mi sembra che stati/state procedendo molto bene. qui però fatico davvero a leggere! riesci a postare con un carattere più grande
    grazie
    sara

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