14 marzo 2014

Contributo non ferquentante

Buongiorno professoressa, eccomi. Saluti, Laura Tognoni

14 commenti:

  1. benvenuta Laura,
    sto valutando se la sua partecipazione non possa in qualche modo essere di appoggio esterno ai gruppi di lavoro dei frequentanti e di coloro che hanno optato, come nn frequentanti, all'opzione di ricerca individuale.
    L'idea sarebbe quella di articolare dei commenti ragionati alle ipotesi di lavoro/ricerca dei suoi colleghi attraverso la lettura attenta e mirata del testo di Bill Nichols, Introduzione al documentario, Il Castoro, 2001.
    cosa ne pensa?
    sara

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    1. Buongiorno professoressa, sembra interessante, però non mi è molto chiaro come si svolgerebbe nella pratica. Se non capisco male si tratta quindi di legare le teorie di nichols al lavoro di un collega, corretto? Si tratterebbe quindi di una relazione/analisi iniziale su un tema scelto da uno di loro? grazie

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  2. i suoi colleghi frequentanti devono elaborare dei microprogetti di ricerca attraverso l'utilizzo dei mezzi audiovisivi; il testo di Nichols affronta molte questioni in modo pratico: dall'etica alle modalità di regia, etc.
    la lettura attenta del testo dovrebbe consentirle di interagire con i suoi colleghi on line e fornire loro domande, questioni, consigli, possibili approfondimenti audiovisivi per realizzare al meglio il loro lavoro.
    si tratterebbe, dunque, di calare il contenuto del testo nella pratica di ricerca dei suoi colleghi e di utilizzare in modo circostanziato le parti che possono risultare stimolanti per una riflessione sull'utilizzo consapevole e intenzionale - da una prospettiva antropologica - dei mezzi audiovisivi. Il testo di Nichols non propone un approccio antropologico ma molte dei contenuti del testo si prestano molto bene ad essere ampliati/declinati in tal senso: la questione della rappresentazione, del rapporto tra realtà e la sua rappresentazione, le diverse forme della rappresentazione, il rapporto con gli interlocutori, la dimensione intertestuale della ricerca, etc.
    spero di avere chiarito meglio, mi faccia sapere
    sara

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    1. Buongiorno,

      grazie. Le chiedevo dei chiarimenti perchè se si tratta di dover interagire in modo più o meno costante con i miei colleghi nella realizzazione dell'analisi temo purtroppo di non avere il tempo a causa del mio lavoro. Mentre se si tratta di elaborare un'unica analisi da pubblicare allora non ci sarebbero problemi. Ho comunque nel frattempo cercato il libro di nichols per informarmi ma risulta fuori catalogo sia on line che in libreria. Attendo sue. grazie e buona giornata

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  3. ok, mi lasci qualche gg per definire il testo/video che vorrei analizzasse. lo scopo dell'analisi sarà comunque quello di elaborare delle riflessioni sulle potenzialità/limiti dei mezzi audiovisivi di conoscenza/trasmissione da una prospettiva antropologica. non si tratterà, dunque, di fare una sintesi ma di cogliere spunti e di rielaborarli
    sara

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  4. Buongiorno professoressa, ha avuto modo di definire un testo/video per il mio esame? grazie.

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  5. Salve Laura,
    ho pensato che - se non ci sono problemi con l'inglese - sarebbe utilissimo che leggesse il testo di Sarah Pink, Doing visual ethnography, ecco il link via google per darci un'occhiata:http://books.google.it/books?id=pwdEAgAAQBAJ&printsec=frontcover&dq=visual+anthropology&hl=it&sa=X&ei=8GA9U8uiLYm2yAOC3oGAAg&ved=0CHIQ6AEwCQ#v=onepage&q=visual%20anthropology&f=false
    mi faccia sapere
    sara

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    1. Buongiorno prof, non ho problemi con l'inglese per cui va bene. Vedo di procurarmi il libro quanto prima. Che genere di analisi vorrebbe che facessi? Grazie,

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    2. quando ha il libro in mano ci si vede, anche velocemente, e si imposta insieme la tipologia di lettura e di analisi dei materiali.
      sara

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  6. Approccio sensoriale. Le immagini ci permettono non solo di vedere ciò che è evidente ma anche di immaginare le cose che non possiamo vedere. L'immaginazione sta sempre di più diventando un campo etnografico, dove sogni e pensieri interiori diventano oggetti di analisi sul campo. Le immagini sono parte della nostra immaginazione e le pratiche visive ci aiutano ad analizzarle allo scopo di far emergere sentimenti e sensazioni. L'etnografia visiva non è quindi solo un metodo di osservazione ma ci può aiutare ad entrare in una sintonia partecipativa con le persone con cui lavoriamo. Vi è quindi un aspetto intangibile nelle immagini. I video e le foto sono realizzate nella relazione con gli altri per cui sono sia parte del mondo del ricercatore si parte del mondo e dell'ambiente dei soggetti oggetto della ricerca, creando inevitabilmente un rapporto dove il lavoro dell'etnografo diventa parte della vita delle persone e dove la loro vita diventa parte della ricerca. L'etnografia visuale diventa un modo per comprendere quegli aspetti dell'esperienza che spesso sono sensoriali, taciti e invisibili.
    Aspetto etico. L'etica dipende dal contesto nel quale ci si trova e dalle relazioni di potere che si creano sul campo fra etnografo, informatori, altri professionisti, sponsors, uffici istituzionali. La Pink suggerisce di fare una riflessione sulle proprie credenze etiche, senza considerarle necessariamente superiori e di crearsi un proprio codice etico personale e professionale, magari facendo riferimento a diverse fonti, tra cui le guide etiche di associazioni professionali. Compito dell'etnografo è essere responsabile assicurandosi di rispettare i principi a cui fa riferimento. Un giusto approccio secondo la Pink è quello che tiene conto della sensibilità con cui le persone nei vari contesti sperimentano ansia e stress per evitare di danneggiare i soggetti. Inoltre bisogna avere un approccio collaborativo e trasparente informando opportunamente i soggetti in merito al consenso alla pubblicazione fin dall'inizio e condividendo con loro il materiale prodotto.


    Passando ora all'aspetto più pratico della ricerca diventa importante capire che tipo di metodi e mezzi usare sul campo. A volte è possibile, se non necessario, scegliere ciò prima della partenza, mentre altre volte è possibile decidere sul posto in base alla relazione che si viene ad instaurare con i partecipanti. La Pink suggerisce tre metodi principali di ricerca visiva: photo elicitation (intervistare con le immagini), video tour e participant-produced images. Prima di partire può essere utile cercare online siti web, blogs, forum, video, fotografie per capire come la cultura visiva di una società è rappresentata di solito e analizzare ciò che altri ricercatori hanno fatto prima di noi. In realtà però solo quando si è sul posto si capisce come si può realmente procedere. La Pink quindi suggerisce di avere un approccio aperto alle possibilità durante il processo di ricerca, questo significa che la nostra strategia potrebbe anche dover essere modificata in corso d'opera. E' importante inoltre quando si decide quale tecnologia usare ricordare che una macchina fotografica o un computer saranno parte del contesto di ricerca e diventano elementi dell'identità del ricercatore. I mezzi diventano parte delle relazioni sociali e del modo in cui i partecipanti interagiscono con noi, può diventare argomento di conversazione, collaborazione e condivisione di interessi. Inoltre bisogna tenere conto che in alcune circostanze bisogna vagliare bene aspetti come la marca, la grandezza, il design o la portabilità dell'equipaggiamento e vari aspetti pratici (trasporto, elettricità etc). A volte infatti può essere necessario sacrificare la qualità delle immagini per rappresentare un particolare tipo di conoscenza etnografica, dove immagini scure o sgranate possono essere di maggiore efficacia.

    Analizziamo ora i mezzi: fotografia, video, web.

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  7. Fotografia.
    Secondo la Pink non è possibile attribuire una valore di “etnograficità” all'immagine in base al suo contenuto, alla sua forma o al suo potenziale di dato raccolto. Il valore dell'immagine dipende dalla sua interpretazione e dal contesto in cui si colloca. In una foto antropologica non è il soggetto che conta ma il significato che nasconde. Inoltre una foto non ha un singolo significato ma dipende da chi la analizza e in quale contesto. La fotografia è quindi composta da elementi soggettivi, ognuno ha la sua teoria di rappresentazione.
    L'etnografo ha una responsabilità, interpreta le immagini in un certo modo dando una visione della realtà che si deve relazionare con le aspettative di molti attori (istituzioni accademiche e culture locali).
    La fotografia crea una forma di connessione con la comunità. In alcuni casi la cosa è immediata soprattutto quando i soggetti hanno familiarità con la presenza di fotografi (es. lo studio che la Pink ha fatto sulla corrida in Spagna). Altre volte invece, prima di poter usare la macchina fotografica, è necessario essere riconosciuti come persone di fiducia.
    Come usare le fotografie:
    come mezzo per intervistare e non solo come oggetto di studio, la foto in questo caso diventa un metodo etnografico mobile.
    Walking and photograpy. È un metodo che sta diventando molto popolare nella ricerca, il cui scopo è rappresentare l'esperienza di ambienti particolari. Chi vede le foto è chiamato a fare un viaggio attraverso le immagini in modo empatico, si crea una relazione con l'ambiente. La fotografia è un processo per creare immagini mentre ci muoviamo nel mondo spesso insieme ad altri. Camminare, fare dei tours e fotografare insieme alle persone è un modo per partecipare al modo in cui sperimentano e danno significato al loro ambiente e ci permette di avvicinarci alla sensorialità del luogo. Quindi, significa muoversi nell'ambiente come parte dell'ambiente stesso.
    Fotografia partecipativa e collaborativa. Lavorare con uno o più informatori in lavori creativi che uniscono il punto di vista dell'etnografo a quello dei partecipanti. Importante è entrare nella cultura fotografica locale riproducendo le immagini che sono più popolari per loro. Spesso la foto che noi facciamo per rappresentarli non è quella che loro vorrebbero perchè non li rappresenta. Ascoltare come loro vorrebbero essere fotografati è importante per capire l'idea che loro hanno della performance sociale che deve emergere dalla foto. Un' altra possibilità è lasciare che loro facciano delle foto per capire la loro prospettiva, anche perchè possono accedere a contesti che gli etnografi non riescono a vedere. Si può imparare molto osservando come le altre persone usano la fotografia per inserirci nelle loro categorie.
    Uso della foto nelle interviste (photo elicitation). L'intervista fotografica (metodo creato da John Collins Jnr. 1986) è un modo per invitare, co-creare e generare conoscenza, serve come riferimento per esaminare l'atteggiamento degli informatori nei confronti della vita, del lavoro, del loro ambiente. Le immagini mostrate scattate dall'etnografo sono indicative del modo in cui lui vede la realtà e questo può essere lo spunto per discutere e confrontarsi sul diverso modo di vedere le cose, di rappresentare la realtà e le immagini. Spesso inoltre mostrare le foto diventa un modo per parlare di cose che è difficile descrivere a parole e le foto sono particolarmente efficaci per rievocare ricordi e storie personali perchè alimentano la dimensione sensoriale ed evocativa.

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  8. Video.
    Per la Pink la video etnografia è basata su tre presupposti principali: a) non è possibile filmare o girare un video di persone o culture in modo 'indisturbato'. Le persone saranno sempre influenzate, almeno in parte, dalla presenza del video. L'etnografia è sempre una rappresentazione e quindi è costruita. b) la conoscenza etnografica non si manifesta sempre attraverso fatti osservabili. La conoscenza nasce dalla negoziazione sul campo, non è una realtà oggettiva. c) l'etnograficità di un video non dipende dal suo contenuto ma è contestuale, un video è etnografico quando chi lo vede ritiene che contenga informazioni di tipo etnografico.
    Il senso di un video non è quello di portarci indietro nel tempo ma quello di proiettarci in avanti verso una nuova conoscenza. Anche in questo caso l'approccio riflessivo è sempre importante. Per la Pink il video deve essere prodotto di una configurazione di persone e cose in movimento.
    Quando si fa un video ci sono due elementi che influenzano le relazione con i partecipanti: le differenze culturali e ambientali e la presenza della videocamera che ha un impatto sulle relazioni fra etnografo e individui coinvolti; la videocamera e la registrazione diventano elementi della relazione.
    Osservare la relazione dei partecipanti di fronte alla videocamera può essere molto importante per capire la rappresentazione che loro hanno di sé stessi. Ad esempio, nel lavoro di Manuel Cerezo sugli immigranti africani in Spagna (Tres antropologos inocentes y an ojo si parpado, 1996), i soggetti non hanno apprezzato il video perchè vi vedevano rappresentata la loro condizione di povertà.
    Spesso prima di fare il primo video potrebbe trascorrere molto tempo, soprattutto quando i soggetti sono molti ed ognuno ha tempi diversi di adattamento e interazione. A volte però la preparazione del luogo per il video (luci, etc) può essere un modo per interagire.
    Come usare i video:
    Mostrare le immagini ai soggetti. E' un modo per ascoltare le critiche su come l'etnografo ha visto la scena e cosa loro invece vedono attraverso le immagini; questo permette di capire il loro modo di osservare. Cristina Grasseni (Video and ethnographic knowledge, 2004) dice che l'etnografo può, affidandosi agli informatori, sviluppare ciò che lei chiama la 'skilled vision': l'abilità di capire e vedere i fenomeni locali nello stesso modo delle persone con le quali il ricercatore sta lavorando.
    Creare dei video tour collaborativi. Creare un video in diretta collaborazione con le persone coinvolte, chiedendo loro di essere attori partecipi. Lo scopo è chiedere loro di mostrare a parole e fisicamente alcune loro attività o aspetti della loro vita. (es. lavoro della Pink, Cleaning Homes and Lifestyles, 1999). Il tour video permette alle persone di mostrare le loro esperienze ai ricercatori, offrendoci un modo per cercare di comprenderli.
    Dare la telecamera ai partecipanti. Lasciare che siano loro a girare il video. Diventa per i soggetti un processo di auto-esaminazione che aumenta la loro consapevolezza e ci permette di raggiungere luoghi e contesti personali e intimi ai quali spesso il ricercatore non ha accesso. Diventa un processo di brokerage culturale. (Chalfen and Rich, 2004).
    Video partecipativi. Fare un video insieme ai partecipanti è importante non tanto per il risultato finale ma per il processo collaborativo che si produce perchè attraverso questo processo si generano nuovi livelli di coinvolgimento e consapevolezza che servono per produrre conoscenza.

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  9. Web.
    Parlando di web la Pink non vuole semplicemente mostrare come quella particolare piattaforma o tecnologia può essere usata nella etnografia digitale, ma invitare i lettori a vedere nei media digitale nuove opportunità. L'uso dei media è di per sé un progetto di ricerca per sperimentare nuovi metodi.
    Dato che la tecnologia digitale è in continua evoluzione per la Pink non è importante parlare dei singoli mezzi tecnologici; nell'era digitale infatti le tecnologie non sono così distinte. Il suo scopo è capire il legame che esiste fra i mezzi usati (foto, video) e internet e le implicazioni legati alla pubblicazione on-line del lavoro dell'etnografo. I video, le registrazioni e le altre tecnologie sono parte di un assemblaggio che compone il materiale on-line. Il tema principale qui infatti è che chi fa etnografia digitale deve stare attendo al significato e alla conoscenza che le informazioni possono produrre nel contatto con il web.
    La Pink tratta alcuni esempi di come la fotografia e il video vengono usati per creare comunicazione, interazione e relazioni sociali attraverso il web. Un esempio è lo studio di Fors (Fors et al, 2013) sui giovani svedesi che creano di diari fotografici sul web da condividere con gli amici. I photo diaries forniscono un ricco contenuto per capire cosa è importante per i giovani e permette agli etnografi di entrare nella loro dimensione altrimenti inaccessibile, permette di capire come i giovani vivono fra loro in connessione con l'ambiente e le cose. Quello che questi studi dimostrano è come, coinvolgendo i giovani in un progetti di digital media nella loro vita di tutti i giorni, possiamo creare dei modi per capire il loro mondo anche oltre i media. Lo scopo è comprendere i loro movimenti online e offline.
    Ardevol e San Cornelio nel loro lavoro sui video girati nella metro di Madrid (Si quires vamos en accion: Youtube.com, 2007) mostrano come l'analisi dei video online possono diventare oggetto di ricerca etnografica, studiandone sia l'aspetto tecnico sia l'esperienza dei soggetti nella produzione stessa del video e analizzando come la presenza sicura di potenziali spettatori sia parte della creazione del video stesso generando delle aspettative.
    I video sul web sono un modo quindi per fare etnografia; inoltre analizzandoli nel corso del tempo si nota come è cambiata la tecnologia, le persone, la società e il loro rapporto con il web. Partendo dal web si può legare la ricerca tradizionale (es. interviste, metodo partecipativo, analisi di testi). Il luogo etnografico diventa quindi non solo quello materiale e fisico ma è il web stesso.

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