29 marzo 2011

Lavoro sul campo

Ciao a tutti,
venerdì 25 si sono svolte le prime riprese a casa di Mike e Paul.
Abbiamo lavorato separatamente con ognuno di loro esplorando lo spazio della loro abitazione/studio attraverso la cocostruzione di un dialogo e l'osservazione a partire dagli elementi materiali che loro utilizzano per sviluppare i loro itinerari e percorsi artistici.
Con Paul abbiamo percorso - e sostato - i suoi quadri, schizzi, appunti, esperimenti, sculture, foto e libri. Uno spazio denso in cui l'articolazione tra vita, memoria ed evoluzione artistica è il risultato di una ricerca quotidiana, "una battaglia" per l'espressione di sé.
Con Mike siamo partiti dal suo piano di lavoro per approdare alle sue composizioni musicali disseminate nella rete e al contesto culturale ed economico milanese ed italiano.
I video girati, che abbiamo parzialmente visionato ieri a lezione, sono le tracce di questo lavoro di campo e, al tempo stesso, il mezzo che abbiamo utilizzato per svolgerlo.
Una riflessione critica sul materiale ci consentirà non solo di procedere con il lavoro ma, soprattutto, di approfondirlo e proseguire con intenzionalità chiare.

Un primo elemento di riflessione è relativo all'equilibrio tra osservazione e partecipazione.
Un secondo elemento, non meno rilevante, è invece relativo all'esplorazione degli itinerari urbani dei due artisti.

In aula abbiamo avviato la discussione di questi elementi, utilizziamo il blog per approfondirla.

un caro saluto,
sara

6 commenti:

  1. Considerazioni...prima parte...

    Scrivo solo ora in relazione al progetto perchè volevo prima vedere le riprese effettuate a casa di Mike e Paul e farmi un'idea d'insieme più ampia. Dall'incontro preliminare in aula avevo avuto delle impressioni e volevo vedere se emergessero anche dalle riprese fatte in un ambito più famigliare ai due artisti.
    Paul sembra essere più introverso del fratello, ma in generale mi è parso nel primo incontro in aula si sia sviluppato un rapporto sereno col il gruppo d'ascolto e la telecamera.
    Direi anzi che il mezzo filmico non abbia causato nessun tipo di reticenza. Non mi sono sembrate due persone che si sentissero sotto pressione, o si percepissero come cavie da laboratorio. È già stato notato in effetti che la conversazione è stata fluida e senza sorta di imbarazzo. L'ambiente e il media non sono quindi risultati inappropriati e deleteri per l'approccio epistemologico (anche se forse va tenuto conto del fatto che entrambi hanno già dei trascorsi di riprese video alle spalle e hanno probabilmente sviluppato una certa familiarità nel porsi davanti ad un obbiettivo).

    Forse per dei miei preconcetti o per una mia mancanza d'esperienza pratica in una ricerca di questo tipo, sono rimasto un po' sorpreso da chi mi sono trovato davanti. Dalla presentazione del progetto mi ero fatto l'idea di due artisti portati inevitabilmente a fondere i particolari, le sfumature le radici di due culture, quella d'origine con quella d'adozione.
    Invece i loro progetti artistici mi sono sembrati in tutto e per tutto di stampo occidentale.
    Del resto come Mike ha sottolineato in aula, e canta nelle sue canzoni, sono “stranieri” di seconda generazione. Ci hanno mostrato di essere ben coscienti della propria situazione sociale e della posizione nei confronti delle istituzioni. Si rivelano ben lontani dallo stereotipo bombardato dai media televisivi.
    Forse il mio pensiero sarebbe meglio calzato a due persone emigrate da un paese straniero e trapiantate in Italia, costrette a scontrare il senso del loro conosciuto con situazioni di un senso altrui.

    Potrebbe forse risultare interessante riuscire ad intervistare i genitori dei due artisti, conoscere i loro pareri in merito alle scelte di vita dei figli, anche se so che tecnicamente, trovandosi loro a Roma, non è questione di facile attuazione.

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  2. Considerazioni...seconda parte...

    Tornando a Paul, credo che la prima sfaccettatura che salta agli occhi, sia dall'incontro in aula che dal video-intervista, si mostri nella sua continua fuga dalle etichette e dalle valutazioni altrui. Ostenta di non apprezzare il giudizio di senso endogeno, non accetta di essere oggettivato da un filtro di significazione sociale che oltretutto giudica molto volubile, che segue troppo la moda del momento (mi riferisco all'esempio degli aperitivi “in” diversi ogni settimana: un giorno sono tutti fotografi, un giorno tutti filmaker ecc.).
    Racconta che per l’esame di maturità è addirittura arrivato ad inventarsi lo studio su un falso filosofo, studio risultato molto apprezzato dai professori, per poter mettere in ridicolo il sistema di giudizio istituzionale, che è poi quello che permea tutto il sistema sociale.
    Nei suoi lavori rielabora continuamente il concetto di maschera/etichetta come filo conduttore di significato.

    Mi chiedo quanto l’essere di seconda generazione e quanto i suoi studi filosofici/artistici possano aver influito su questa sua percezione del nascondere/mostrare quel che si è veramente, sulla costruzione del sé, sulla poiesi della sua persona. E della critica di un altro da sé.

    La sua conscia situazione di essere “straniero” di seconda generazione, sembra pesargli meno che al fratello (che mi sembra di aver capito non avere ancora la carta d'identità italiana), ma allo stesso tempo dall'intervista traspare una sua continua ricerca della definizione di se stesso. Sfrutta l'arte visiva sotto diverse forme, per esprimere un modo di vedere e criticare il mondo (o almeno una parte di mondo), per darvi un senso. In nessun momento mi è parso però di notare riferimenti alle proprie origini. I due fratelli mi sembrano in tutto e per tutto inseriti in un contesto culturale occidentale, o almeno è quel che esibiscono.
    Anche il riferimento al concetto di “fidanzata” potrebbe essere valutato in questo senso: non hanno molto tempo da dedicare alle relazioni sentimentali perché sempre immersi nei propri progetti di lavoro. Avere una relazione amorosa fissa (o comunque una cerchia più o meno ampia di conoscenze femminili) e un lavoro in cui tuffarsi con dedizione possono essere considerati, in diversi contesti, dei mezzi per emergere, significanti di un certo tipo di status sociale, dei quali il secondo ha un valore gerarchico più alto. Quindi mettere in mostra il sacrificio del primo per il secondo potrebbe essere un modo più o meno conscio di acquistare un certo tipo di visibilità.

    Detto questo mi fermo. Credo di essermi dilungato già abbastanza.

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  3. Personalmente ho sentito la mancanza della presenza e dialogicità tra antropologo e interlocutore. Mi chiedo se questa presenza però possa essere "sostituita" dal girato e dal punto di vista che esso presenta a chi lo guarda. Porre l'attenzione su alcuni aspetti (il volto, le mani piuttosto che un'inquadratura a mezzo busto ecc)mi spinge a vedere in esso il frutto delle negoziazioni dovute dalla presenza dei due soggetti nel dialogo. Usare il video permette di lavorare interattivamente nel tempo e nello spazio (attraverso il montaggio per es.). Non mi convince non riprendere tutte le persone (anche parzialmente) che vivono in quel momento il contesto, almeno nel girato immediato. Penso che nel nostro caso il problema sia far sentire in modo efficace i molti sguardi e corpi presenti nello spazio: un antropologo, 2 artisti, un videomaker, uno studente. Altrimenti mi viene da pensare che quello che si raggiunge sia un ottimo prodotto video ma non un denso prodotto antropologico.

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  4. Mi ricollego velocemente a quanto scritto da Riccardo in merito al video girato a casa di Paul.
    Paul ci ha presentato una parte di sé attraverso creazioni artistiche evidenzianti elementi non velati di denuncia sociale ad ampio raggio. Pare non gradire qualsiasi tipo di etichettamento con una trasversale provocazione nei confronti di una società rappresentata sempre attraverso categorie dalle quali si cerca di fuggire. La maschera nel suo significato sotteso è una tematica costante nella sua produzione artistica, una maschera che forse tutti manteniamo con cura difendendola ma non per questo si può sempre teorizzare che sotto vi sia solo una connotazione a senso unico e magari pure negativo. Emerge il timore a conformarsi anche se ritengo che non si debbano dimenticare le caratteristiche di un mercato dell’arte che ama nutrirsi di nuove contraddizioni in grado di catturare i desideri del compratore/cliente ma anche richiede un rispetto di regole precise per far conoscere l’artista, per ottenere la “protezione” di certe gallerie per la vendita, per avvicinare determinati artisti già affermati che fan da volano etc etc etc.
    In ultimo, per quanto riguarda il rapporto tra partecipazione ed osservazione, ho riscontrato un certo disequilibrio all’interno del video. Paul è stato ripreso in ogni particolare, con immagini interessanti sulle produzioni artistiche che hanno preso vita sulle pareti di casa e all’interno dei suoi quaderni.
    Mentre si muoveva nel suo spazio domestico gli sono state poste delle domande per stimolare una comunicazione già decisamente fluida e, a mio avviso, sarebbe stato ancora più significativo dedicare delle riprese a chi poneva quelle domande al fine di creare una circolarità dialogica.
    Questo è il mio modestissimo parere da profana in materia.
    A domani
    Marta B.

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  5. Dal video visto settimana scorsa, ho notato che, come già detto da Riccardo, dall'intervista non sembra affiorare, attraverso il discorso che Paul fa sull'arte, un'elaborazione dell'esperienza migratoria dei loro genitori.
    Durante l'incontro in aula è stato solo accenato il fatto che alcune volte capita loro di dover negoziare la loro appartenenza nazionale di fronte all'evidenza dei tratti somatici.
    Ma se si vuol parlare di interculturalità, a me sembra che dal video non emergano elementi che rimandino ad un discorso di "diversità culturale" e di migrazione.
    Altro quesito: nel video le riprese coinvolgono esclusivamente l'artista. Perchè non viene filmata la relazione di intervista? Qual è la scelta che ha portato a questo tipo di riprese, e visto che non sembra esserci compartecipazione, che ruolo dovrebbero avere le altre persone che partecipano agli incontri?
    A pomeriggio
    Lovely

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  6. Anche io, come Lovely, penso che dalla visione del video di Paul non emerga in modo chiaro il lavoro che l'artista fà sulla sua identità o appartenenza culturale che nasce dall'elaborazione dell'esperienza migratoria dei genitori.
    Credo che se l'intenzionalità del lavoro che si sta portando avanti sia quella di far emergere l'idea di un interculturalità possibile ed immaginabile,in vista delle prossime riprese bisogna fare il possibile perchè tutto ciò venga messo a fuoco ed esplicitato.
    Paulh

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