19 aprile 2011

spunti di riflessione e analisi

Ciao a tutti,
ieri nel laboratorio di antropologia visiva abbiamo finito di montare le riprese effettuate durante il primo incontro con Paul e Mike in sede universitaria che linkeremo al più presto sul blog via youtube per consentirne a tutti la visione e la riflessione.

A questo proposito ho trovato interessante il commento di Marta (l'altra Marta)sul blog in merito al lavoro di montaggio e alla possibilità che questo offre in termini di interstestualità.
La compresenza di una moltiplicità di sguardi, a cui accenna Marta, mi sembra accentuare la dimensione riflessiva del nostro lavoro a partire dall'etnografia.
l'intimità con i soggetti prodotta dalla visione di queste specifiche note di campo - riprese - ci consente di fare la loro conoscenza in un modo diverso da quello che ci offrirebbero altri strumenti di osservazione e analisi.
Queste riflessioni mi ricordano una delle considerazione di MacDougall sulle risorse e sulle potenzialità dei mezzi audiovisi(vedi post).
MacDougall parlava di knowledge by acquaitance(fare la conoscenza di)per significare la possibilità di raggiungere l'esperienza corporea ed emozionale dei soggetti implicati(anche quella dei fruitori).
A questo proposito nelle prime lezioni del lab ci siamo anche soffermati sui tentativi di Rouche di far partecipare lo spettattore al grado di coinvolgimento che lui aveva con i soggetti.
L'intezione di Rouche era che i soggetti fossero visti attraverso la sua esperienza non solo in qualità di osservatore ma anche e, aggiungerei, soprattutto come partecipante.
Posto che l'intenzione(nostra)è quella di esplorare la soggettività dei due artisti(Paul e Mike), mi sembra che l'implicazione dell'esperienza di esplorazione stessa vada in questa direzione.
Ricordate la nozione di cinetrance di Rouche?:
“ la paragono spesso all’improvvisazione del torero di fronte al toro.
Qui come là niente è conosciuto in anticipo, la smoothness di una faena è come l’armonia di una ripresa di viaggio che si articola perfettamente con i movimenti di coloro che sono filmati….è questo aspetto della ricerca sul campo che marca l’unicità del regista di film etnografici. invece di elaborare ed editare le sue note dopo essere ritornato dal campo, lui deve, sotto pena di fallimento, fare la sua sintesi nel momento esatto dell’osservazione".(pag. 113, David MacDougall, Transcultar Cinema)

Mac dougall interpretava questa nozione di cine-trance sia letteralmente che metaforicamente sviluppando in questo modo un’idea complessa di rappresentazione etnografica.
Non si può mai duplicare l’esperienza dell’altro, ci ricorda questo autore. Con lo sviluppo della nozione di cinetrance Rouche suggerisce che internalizzando aspetti della vita dei soggetti risulta possibile riprodurli nella prima persona attraverso la telecamera.
Una forma specifica di dialogo etnografico o, se vogliamo, una parte di questo dialogo nel quale l’etnografo è direttamente implicato nell'esperienza.

Posto che l'intenzione(nostra)è quella di esplorare la soggettività dei due artisti(Paul e Mike), mi sembra che l'implicazione dell'esperienza di esplorazione stessa vada in questa direzione.

Si cerca di costruire uno spazio/tempo di rappresentazione attraverso il quale istituire una piattaforma, un terreno comune di dialogo, sul quale l'esperienza etnografica possa risultare comprensibile e ovvia. l'elaborazione in itinere dell'esperienza e della soggettività dei due artsiti non ci consente di denifire a priori gli elementi significativi sui quali diregirci. questi emergono piuttosto nel farsi del lavoro implicando direttamente gli artisti nella riflessività inerente al nostro lavoro.

Come mi vedo? come mi vedono gli altri? come vorrei che mi vedessero? ( faccio esperienza, produco musica o un dipinto, cammino, respiro, penso e vivo)
queste sono altrettante varianti della stessa domanda che implicano direttamente i soggetti nella costruzione di un terreno comune di condivisione e dialogo, attraverso il quale ci muoviamo, al fine di rispondere a queste questioni.
per ora passo e chiudo.
vi consiglio di aprire il post "risorse e potenzialità dei mezzi audiovisivi" e di provare a riflettere su questo a partire dai materiali ad ora condivisi/partecipati durante le lezioni e/o le riprese. Gli spunti di riflessione sono davvero molti.



In ultimo: abbiamo istituito uno spazio videopost per raccogliere i commenti video ai lavori in corso e abbiamo linkato il commento audiovideo di Marta alla sua partecipazione al lavoro etnografico del 7 con Paul. Se lo preferite potete postare commenti video invece che scritti.

un caro saluto,
sara

2 commenti:

  1. Rispetto al girato visto ieri ci sono stati diversi momenti in cui la percezione dei tanti sguardi, di cui parla Macdougall, erano palpapili. Ho visto le potenzialità del video (il girato alla finestra di Paul o quando parlava dei suoi lavori davanti al computer). Lo stesso è capitato per il girato con Mike di ritorno dal lavoro. Seguirlo per Milano assieme alla telecamera e alle voci di chi parlava con lui mi ha dato l'idea di partecipare a quel "vostro" momento condiviso.
    Rispetto alle cose che "mancano" che mi sono segnata sono per lo più "già in programma": lavorare sugli artisti assieme in quanto fratelli e sulle loro reciproche influenze; concentrarsi sul ricordo e sugli spazi (anche artistici) a cui esso è legato o in cui esso emerge in contrapposizione al presente e per ultimo il rapporto che entrambi hanno con il web. Come viene da un lato utilizzato per promuovere un immaginario preciso legato alla propria identità (lavoartiva, artistica, familiare, ecc..) e dall'altra come un mezzo problematico che sfugge e fa sfuggire una parte importante di un'artista cioè il calore-immediatezza delle proprie emozioni.

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  2. Ciao a tutti,
    Avevo preparato questo post dopo l’incontro di ieri, ma non ero ancora riuscito a postarlo.
    Ora vedo che bene o male i concetti da me espressi sono analoghi a quelli della professoressa Bramani nel suo ultimo scritto. Ho deciso di postarlo ugualmente.

    “Questa volta scrivo per condividere alcune considerazioni e soffermarmi su un aspetto che non riguarda i soggetti della ricerca, non direttamente almeno.
    Man mano che il materiale audio-visivo aumenta mi sono reso conto di come ci sia una sorta di evoluzione sia nello schema metodologico che nel processo di costruzione di senso dell’oggetto .
    Riguardo al metodo mi sembra aver notato non esserci un preciso e rigido schema iniziale da seguire. L’aspetto dialogico del campo d’indagine evidenzia l’evoluzione, il modificarsi nel modo di rappresentarsi degli artisti intervistati e il modo di intervistarli. Man mano che si crea un rapporto di familiarità tra i soggetti regista/media , il ritmo dei dialoghi si fa più incalzante. L’artista si espone, si mette in gioco davanti alla telecamera, tenta di dare un senso al suo modo di vedere il mondo dando una sempre maggiore possibilità di coinvolgimento da parte di chi conduce la ricerca. Il modo di esprimersi di Paul e di Mike si fa più rilassato: il linguaggio si arricchisce di un certo turpiloquio inizialmente forse trattenuto e gli sguardi e gli atteggiamenti sono meno ingessati, tra una descrizione di senso e l’altra ci scappa anche qualche battuta. Non essendoci un schema preciso da seguire anche la scenografia, i punti focali inquadrati durante le riprese, l’ambiente in cui ci si muove, cambia, si modifica in relazione a quello che ci viene mostrato come avere un senso. Si parte seguendo una linea metodologica non ben definita che si va poi costruendo insieme ai soggetti intervistati.
    Dal momento che si evolve la scenografia delle riprese si evolve in qualche modo l’interpretazione che il regista da o potrà dare del soggetto. Mi viene in mente l’affermazione di Stuart Hall secondo cui “rappresentazione è interpretazione”. Il modo in cui il soggetto si pone da luogo ad una diversa interpretazione da parte dell’occhio del regista e diversa ancora potrebbe essere la nostra che abbiamo la possibilità di vedere il materiale grezzo prima del lavoro di montaggio.
    Sarebbe/sarà interessante far visionare ai soggetti il lavoro finito, riprenderli mentre si osservano in video e registrare le loro impressioni. Conoscere le loro opinioni riguardo l’interpretazione che di loro viene data dal taglio e dal montaggio del documentario arricchirebbero la costruzione del senso dell’oggetto antropologico.
    Alla fine del lavoro ne avremo forse una linea, uno schema,un vero modello da seguire per lavori futuri e forse una chiave di lettura da applicare ad altri video nati per scopi diversi dalla ricerca etnografica.”

    Un saluto
    Riccardo

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