19 dicembre 2012

Capitolo 1: Skilled Visions: Toward an Ecology of Visual Inscriptions


Cristina Grasseni analizza, in questo primo capitolo del libro Made to be Seen, le abilità visive come un atto sociale, un interagire attivo con il mondo, l’insieme delle esperienze personali in un ambiente strutturato che ci portano ad avere una visione personale del mondo.

Le diverse culture portano le persone a vedere la stessa cosa in modo diverso. L’ambiente in cui viviamo influenza il nostro modo di vedere il mondo. Uno degli esempi a conferma di questa teoria è lo studio etnografico, effettuato dalla stessa Grasseni, sugli sguardi degli allevatori di una razza di mucche da latte (Italian Brown).

I bambini degli allevatori giocano con miniature di mucche che sono perfette dal punto di vista fisico per gli standard di questa razza (un modello perfetto). Sono influenzati da questi manufatti e dai discorsi dei genitori che descrivono le mucche. Questi bambini, grazie al contesto sociale in cui si trovano, imparano ad apprezzare caratteristiche di questi animali, che negli occhi degli altri non sono niente di speciale. Osservando quotidianamente le miniature "perfette", i figli degli allevatori incorporano lo standard. L’“essere un bell’animale” dipende da come uno impara a vedere questa “bellezza”.

La questione principale nei dibattiti epistemologici dell’antropologia visiva è: E’ possibile avere un giudizio visivo universale? Come facciamo a essere d’accordo su com’è il mondo? Ci aspettiamo che tutto quello che è sotto gli occhi di tutti, è visto da tutti nello stesso modo, mentre accettiamo il fatto di sentire i gusti o gli odori in modo diverso. Abbiamo la presunzione di pensare che siamo capaci di riprodurre rappresentazioni giuste del mondo.

Mentre Bruno Latour sottolinea la codifica convenzionale dei giudizi, dei registri, dei logbook, e di tutte le regole di verifica che i pedologi, i botanici e gli antropologi seguono al fine di garantire uno scambio d’informazioni valido tra le loro inscrizioni e il mondo (lo studio del suolo a Boa Vista con lo schema Munsell), Goodwin, sottolinea proprio gli aspetti idiosincratici di queste regole, il fatto che riportano sempre gli schemi e le norme dei contesti locali in cui vengono applicate queste regole (“La nerezza del nero”).

Il contesto sociale in cui viviamo e il modo in qui impariamo a vedere le cose sono responsabili delle fotografie e delle rappresentazioni che faremo delle cose che ci circondano.

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