28 dicembre 2012

Capitolo 3: Visual Anthropology and the Built Environment: Interpretations of the Visible and the Invisible

L’architettura è fatta per avere un impatto visivo sull’uomo e non può essere studiati senza l’impiego dei metodi visivi. L’antropologia che studia l’architettura riguarda le relazioni tra quest’ultima e l’ambiente, la parentela, la suddivisione dei ruoli maschili e femminili, i rituali, la storia e lo stile di vita.
La costruzione della casa, con o senza l’aiuto dell’architettura, è da sempre un universale impulso culturale. Avere un posto da condividere con persone con cui si ha una relazione, possedere una casa fa parte della natura umana. Le case possono essere di vari tipi in base alla cultura delle persone che vi abitano. Possono essere case disegnate per durare nei secoli oppure essere mobili, come nel caso dei nomadi che si spostano con le loro tende in continuo; possono essere imponenti oppure quasi invisibili (i ripari di foglie dei Punan nelle foreste del Borneo). In tutti questi casi abbiamo bisogno di vedere e capire le trace visibili che ci offrono le diverse costruzioni per comprendere la cultura dei loro abitanti.
Con architettura vernacolare si intendono le forme architettoniche-edilizie che appartengono alla tradizione più antica dell’uomo (dalle tende dei nomadi alle tombe celtiche fino ai portici come dispositivo urbano) e che non sono attribuibili a nessun progettista o autore in particolare. Nel passato quasi la totalità delle abitazioni veniva costruita dai propri abitanti. Secondo Paul Oliver, negli anni Ottanta soltanto il 5% delle abitazioni è stato costruito con l’aiuto di professionisti, ma quelli disegnati da architetti erano meno dell’1%.
In Africa le donne sono le principali costruttrici delle case di fango e materiale vegetale. Il film Building Season in Tiebele è un documentario sulla costruzione delle tipiche case in terra cruda dei kassena (etnia del distretto Tiebele di Burkina Faso, Africa). Le costruzioni hanno forma arrotondata, senza finestre verso l’esterno e hanno le pareti esterne affrescate con disegni geometrici realizzati dalle donne sposate. I disegni rappresentano oggetti di vita quotidiana e animali. Il particolare impianto di questi villaggi aveva scopo difensivo. Le case costruite da molte società dell’Asia Sudorientale sono, invece, opera degli uomini adulti, molto abili nella lavorazione del bamboo e del legno.
Questi sono due esempi di architettura vernacolare che riflette le culture, le usanze, le storie dei popoli. Questa architettura è molto più interessante per gli studi antropologici degli edifici costruiti dai professionisti. Gli antropologi studiano anche l’architettura moderna opera degli architetti, tenendo conto, però, che gli edifici progettati rispecchiano il loro stile e non quello di chi vi abiterà. L’architettura vernacolare è in netto contrasto con quella moderna e spesso è vista in modo negativo dagli architetti in quanto non-moderna.
Gli antropologi sono molto attenti al significato sociale dell’architettura ma poco pratici nel disegnare e analizzare le tecniche di costruzione. Gli architetti, al contrario, possono riprodurre perfettamente gli edifici ma prestano poca attenzione al loro lato sociale e al loro significato. Una soluzione sarebbe insegnare le tecniche di disegno e fotografia agli antropologi ma, per quanto portati, non avranno mai le qualità degli architetti. Un’altra soluzione potrebbe essere una collaborazione, ma spesso gli architetti sono troppo ambiziosi per “perdere tempo” a prendere misure e disegnare case antiche per poi lasciare l’interpretazione del significato sociale agli antropologi.
Il contributo più significativo per lo studio dell’architettura vernacolare è stato dato da Paul Oliver. Dopo svariati studi sul campo in zone colpite da calamità naturali, ha introdotto il master in International Studies in Vernacular Architecture all’Oxford Brookes University. Ha pubblicato anche l’Encyclopedia of Vernicular Architecture of the World in tre volumi.
Molto importanti sono anche le ricerche e gli studi di Labelle Prussin (African Nomadic Architecture: Space, Place and Gender), che si definisce “architetto e storico dell’architettura”. Ha studiato alcune società nomadi dell’Africa e il modo di trasportare con sé tutta la loro vita. Impacchettare la propria casa e caricarla su un cammello sono abilità straordinarie, riservate alle donne, che solo se provata dai ricercatori riesce a essere apprezzata veramente. La Prussin ha raccolto fotografie e disegni che testimoniano queste straordinarie tecniche, che le ragazze imparano ancora in tenera età giocando con tende in miniatura.
Molte culture hanno dovuto fare i conti con i tempi moderni. E’ il caso delle tradizionali case balinesi. L’aumento della popolazione urbana (quintuplicata a Denpasar) ha portato la popolazione locale a usufruire dell’architettura moderna per trovare spazio per tutti. Non è possibile riprodurre le case tradizionali come in campagna e si cerca con l’aiuto dei professionisti ad adattare lo spazio che si ha a disposizione al numero sempre crescente di persone che abitano in città. Un cambiamento molto importante è stato la suddivisione interna come nelle case occidentali (stanze con funzioni diverse).
L’antropologia visiva, nel caso dell’architettura vernacolare, dovrebbe servirsi più spesso dei media visivi, come il video. Il caso del film Building Season in Tiebele documenta tutto il processo della costruzione delle case tradizionali, ci dà un quadro completo del lavoro svolto, della suddivisione dei lavori, dell’importanza del lavoro femminile in questa società.
Lo studio dell’architettura vernacolare è un ramo molto importante dell’antropologia, sottovalutato nel passato, che consente di conoscere il modo di vivere di tanti popoli nel mondo. Per farlo nel migliore dei modi deve ricorrere ai media visivi e alla collaborazione tra architetti e antropologi.

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