7 aprile 2013

Interculturalismo e seconde generazioni nell’hinterland milanese- Risposte ai commenti - Cap 7.


Le Sue riflessioni sono state molte spero quindi di riuscire a rispondere a tutte, se dimenticassi qualcosa mi faccia sapere, cercherò di essere più preciso.

Per comodità mi torna utile rispondere dalle ultime questioni che mi ha posto, aiutandomi nel procedere cronologicamente.

Le domande che muovono l’indagine e la decisione di procedere in uno specifico modo hanno una derivazione, questo documentario infatti dovrebbe nascere come “fratello minore” di uno realizzato lo scorso anno focalizzato sul tessuto sociale di Quarto Oggiaro e le esperienze nascoste o inattese di un quartiere molto connotato nell’immaginario comune. L’associazione per cui lavoro e parte della troupe del lavoro su Quarto, hanno deciso di replicare la sperimentazione spostandosi sull’hinterland popolare di Milano, come ulteriore specificità forse ancora meno indagata o data per scontata dai più perchè vista tradizionalmente come una sorta di dormitorio per pendolari.

Si è immediatamente deciso di circoscrivere un’indagine che avrebbe potuto essere molto dispersiva. L’interesse è subito ricaduto sulla presenza straniera in una zona, quella est. Anche per dare seguito a campagne come quella di “L’Italia sono Anch’io” sostenute dall’associazione. Una presenza, quella straniera qui, talvolta vista come impenetrabile, molto chiusa. Ci siamo chiesti quindi: Chi sono queste persone? Come vivono il territorio? Qual è il terreno di relazione tra le persone? Come si svolgono queste relazioni?

Sicuramente l’oggetto d’indagine è rimasto inizialmente molto sfumato, sfuggente. Come si è visto dai miei post l’approccio con esso è stato lungo e delicato prima di poter entrare in confidenza, in una relazione di fiducia.

La domanda attorno al “quando” che Lei mi pone, ha senz’altro dettato il modo di procedere. La tempistica su tutto. Essendoci dati circa tre mesi di tempo molte accortezze si sono dovute riadattare, talvolta mediare. Luoghi come il quartiere Satellite di Pioltello appaiono come fortezze impenetrabili al primo impatto pertanto per potervi entrare in contatto in modo non invasivo e in tempi stretti è stato indispensabile cercare qualcuno che mediasse l’ingresso. Inevitabile in questo modo spostare inizialmente lo sguardo secondo il punto di vista dei nostri accompagnatori, così come accettare alcune condizioni. Come quella posta di non far apparire esplicitamente il centro di cultura nell’indagine, cosa tuttavia accolta senza grossi sacrifici, del resto l’interesse è quello di raccontare il contenuto e non il contenitore; la mediazione di persone come Don Luigi o Barbara (la professoressa) dovevano fungere fin da subito da sorta di “shattle” da cui staccarsi una volta in orbita.

Dei luoghi scelti solo uno è un’istituzione, la scuola (anche se indagando un gruppo classe, è sfumata la definizione). Gli altri invece no, possiamo definirli come iniziative spontanee, tutti generati comunque da italiani, anche se poi progressivamente passati nelle mani di stranieri qui residenti da alcuni anni.

Forse proprio per questo li abbiamo individuati come primi oggetti d’indagine. Del resto si era fin da subito immaginato che rivolgendosi a realtà già costituite e presentati da persone “fidate” sarebbe stato poi più facile e immediato sviluppare l’indagine sulla quotidianità e le relazioni di persone di origine straniera. Senz’altro siamo stati convinti dalle richieste di Don Luigi che ha chiesto di raccontare, portare alla luce delle esperienze non note, nascoste anche se rilevanti nella zona; così dalle richieste di Barbara di dar modo a degli adolescenti di tirare fuori se stessi e confrontarsi con un identità in costruzione, sia per l’età dei ragazzi sia per le differenze culturali tra Cernusco e i Paesi d’origine.

Entrando in contatto con gli interlocutori individuati (studenti e frequentanti dei centri culturali) abbiamo riformulato il nostro modo di procedere perché abbiamo trovato molto interessante dare spazio a queste persone che in modi diversi avevano voglia di raccontarsi o talvolta sfruttare la nostra presenza per conoscersi o confrontarsi. Ad esempio inizialmente la nostra presenza voleva essere lontana dalla scena, abbiamo deciso invece di inserire anche alcune interviste come modo forse più semplice per comunicare da parte di alcuni. L’idea del focus group a posteriori posso dire che avrebbe potuto essere interessante anche se non sono sicuro che sarebbe stata vincente. Anche data la giovane età di alcuni o la difficoltà linguistica di altri, le cose più interessanti uscite nel corso della conoscenza, sono derivate da scambi di battute “uno a uno”, nel gruppo, temo si sarebbero perse. Per quanto riguarda lo story board, senz’altro l’imprinting di alcune scene è stato costruito con gli interlocutori (non mancherò di sottolinearlo nei prossimi post riguardanti le riprese) anche se poi l’organicità viene data dalla troupe già di per se numerosa. Su quest’argomento possiamo sì definirlo come un processo di ricerca partecipato applicativo, secondo qualche ricerca che ho potuto fare on-line, ammetto però di essermi un po’ perso e non aver ancora letto il testo di Sarah Pink.

 Il discorso attorno alla realtà multiculturale mi pareva di averlo affrontato e rimesso in discussione nel post in cui annunciavo il passaggio da multiculturale a interculturale, spiegandone i motivi. Forse ho omesso alcune riflessioni proprio attorno alle comunità e l’omogeneità di cui mi parlava, ad esempio siamo entrati in relazione con molti pakistani, spesso provenienti da regioni diverse in cui anche la lingua (oltre alla religione) differisce sensibilmente. In questi casi è forte lo scambio che avviene in egual misura tra persone provenienti dallo stesso paese ma da regioni diverse e persone provenienti da Paesi tra loro lontani. Le classi (sia dell’Itsos che d’italiano per stranieri) sono diventati quindi contesti interculturali proprio per questa caratterizzazione.

Infine per quanto consapevoli e concordi dell’opportunità di scegliere prima il campo/oggetto rispetto allo strumento d’indagine vista la genesi di questo lavoro è stato inevitabile rovesciare la prassi corretta.
 
Le nostre riprese nel frattempo sono iniziate, se mi da l’ok inizio a postare a riguardo, vorrei poi sapere se, a riprese a concluse o nel corso di esse, vuole che le mostri il pre-montato o visionerà il risultato finale.

Grazie

Vittorio

4 commenti:

  1. Ciao Vittorio,
    sarebbe interessante vedere il docu che avete fatto a Quarto Oggiaro. Se è fruibile ci puoi mandare un link?

    Le domande che vi siete posti (Chi sono queste persone? Come vivono il territorio? Qual è il terreno di relazione tra le persone? Come si svolgono queste relazioni?) mi sembrano chiare e importanti

    Sono domande rivolte agli "stranieri" - INTERLOCUTORI - presenti nel territorio da voi scelto come campo di indagine?

    Dai post che hai inviato - come tu stesso noti a più riprese e in modo esplicito attraverso l'aneddoto rivelatore fogne - la mediazione operata dalle diverse iniziative di soggetti autoctoni attivi sul territorio (che certamente sono importanti da valorizzare) mi sembrava che andasse esplicitata più chiaramente perchè contribuisce attivamente alla costruzione del campo della vostra ricerca e media - in forma diretta - la vostra relazione con gli interlocutori.

    In alcuni laboratori fa, un gruppo di studenti ha lavorato con un gruppo di stranieri a partire da un centro culturale italiano; una delle difficoltà maggiori da loro incontrata è stata la mediazione operata dagli autoctoni nella loro interazione con gli interlocutori stranieri.

    Il livello di mediazione operato dagli autoctoni, per diverse ragioni tra le quali - credo la più importante - il nn aver espresso intenzionalità conoscitive chiare fin da subito, ha determinato in itinere il contenuto, le modalità, i tempi e gli spazi dell'interazione con gli interlocutori (dove, come, quando e ovviamente il perché)

    Il processo di negoziazione si era svolto a margini degli interlocutori con conseguenze varie tra le quali quella di divenire, in un certo senso, ostaggio dei mediatori.
    Ti ho riportato brevemente questo caso per stimolare la vostra riflessione sul come, dove e perché - oltre che sul quando.
    il tutto - il lavoro degli studenti che ti citavo - ha poi preso una direzione interessante e altra rispetto alle domande di partenza.

    La riduzione delle distanze è importante, anzi fondamentale e la scelta degli informatori chiave lo è altrettanto.
    Anche la delimitazione del campo di ricerca è essenziale come lo è la costruzione delle relazioni (campo di relazioni) e la formulazione e riformulazione di un oggetto specifico di indagine.

    Alle domande iniziali se ne sono aggiunte altre? In che modo e perché? e se no, non perdetele di vista.

    Sia il centro culturale che la classe (scuola) sono parte del territorio certo ma il tutto è più della somma delle parti e il rischio può essere quello di confondere i due poli nel percorso.

    si parte dal particolare tenendo presente il contesto più ampio delle relazioni in cui il luogo è inserito, un contesto che - nel caso dei vostri interlocutori - è molto più ampio dei confini nazionali e si estende attraverso la rete di relazioni in cui i soggetti migranti - i vostri interlocutori - sono inseriti.

    curiosità: nella zona da voi scelta non c'erano iniziative culturali - formali o in via di formalizzazione - promosse da cittadini stranieri?

    per quanto riguarda i video post scrivimi che ti mando il canale tubo su cui caricare i vs materiali con password. puoi poi linkare, o lo faccio io, i tuoi girati sotto video post ( in basso a sx)
    un caro saluto e buon lavoro
    sara

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    1. Per quanto riguarda le domande rivolte agli "stranieri" interlocutori non è stato nascosto nulla, dal momento del contatto con loro, sono stati messi al corrente dei nostri intenti e coinvolti attivamente laddove avessero voglia di contribuire con idee e proposte che potessero aiutare nell’indagine, di fatto sostituendo progressivamente gli informatori iniziali.

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  2. Capisco perfettamente i dubbi attorno ai mediatori, premesso che, come già detto, è stato dichiarato fin da subito che il focus si sarebbe voluto tenere sulla presenza straniera, devo dire che i mediatori incontrati possono essere ascritti a diverse “tipologie”. Partiamo da Barbara, l’insegnante, molto attenta alla costruzione dell’identità dei propri studenti alla ricerca di nuove esche per entrarvi in contatto e strumenti alternativi alla frontalità didattica, dunque incuriosita dal fascino che esercita lo strumento camera per avvicinare e far aprire i ragazzi; ci sono poi Giulia e Giulia che invece appaiono molto discrete nella loro presenza, si muovono con naturalezza svolgendo lezioni di teatro (cinema e teatro forse non sono poi così lontani e per delle attrici la presenza di telecamere non inibisce, eccita o condiziona) come se noi non ci fossimo, poco preoccupate dell’interazione che possiamo avere come troupe con i partecipanti al corso purchè venisse rispettata la concentrazione necessaria per lo svolgersi degli esercizi. C’è poi più eclatante la presenza di Giovanni all’interno del corso d’italiano, con lui il rischio a cui faceva riferimento l’esempio che mi ha riportato si è corso.
    Sinceramente la vedo anche come una cosa naturale siccome quelle che vogliamo inquadrare non sono una o più comunità straniere isolate, ma la loro integrazione, armonizzazione o i conflitti con il resto della società. Una figura come Giovanni è emblematica, essendosi speso molto sull’attività d’integrazione degli stranieri, d’impatto vuole restituire il suo punto di vista, raccontare la sua esperienza, confondendola con quella dei ragazzi che frequentano o hanno frequentato il corso. Maggiori sono stati i contatti con gli interlocutori stranieri minore è stata la sua invadenza, senza ricapitolare tutte le tappe posso informare del fatto che, anzi, i ragazzi pakistani stessi hanno chiesto a lui e a noi di poter essere filmati durante una lezione tenuta interamente da loro, senza la presenza di Giovanni, il quale è stato ben felice di tale proposta, di fatto scongiurando i timori che Lei e noi potevamo avere circa suoi eventuali fraintendimenti.

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  3. Come può ricordare, con altri mediatori la negoziazione non è stata facile, ma si è giunti a compromessi che non ci hanno sottratto ai nostri intenti. Ci assumiamo invece la responsabilità e il rischio di aver coinvolto nelle riprese la signora Virgillito che pur non essendo una mediatrice o informatrice potrebbe potenzialmente aspettarsi (nonostante la nostra chiarezza iniziale) un documentario che racconti la sua storia, non sarà così, la sua storia sarà però uno sfondo importante per rimarcare la continuità di un territorio di profonda migrazione decennale.

    Per passare dal particolare a generale di cui parlava, ci stiamo facendo molto guidare dagli interlocutori che raccontano la loro provenienza, la loro cultura, lingua secondo quanto queste entrano nella propria quotidianità. Come già sottolineato hanno molti hanno voglia di raccontarsi e più s’instaura un rapporto di fiducia con noi più si fanno avanti. Rispondo a questa sua domanda unendola alla “curiosità” attorno alle iniziative culturali promosse da stranieri di cui chiedeva: non ne abbiamo incontrate in fase di progettazione ma sono emerse ora. Ad esempio i ragazzi pakistani ci hanno invitati a seguire alcune loro partite di cricket, chiedendoci anche di accompagnarli con le camere in municipio per chiedere uno spazio da adibirsi a campo da gioco. Pensiamo che questa richiesta sia tutto sommato interessata, siccome entrare in un ufficio Comunale con delle telecamere potrebbe a parer loro ammorbidire le posizioni dell’istituzione. Se il Comune ci accorderà la presenza saremo ben lieti di esserci.
    L’altro invito che abbiamo ricevuto verso iniziative culturali da loro promosse è per l’annuale festa/gara/guerra degli aquiloni, siccome non è ancora stata calendarizzata per il 2013 temiamo di dovervi rinunciare.

    Ecco invece il link del documentario realizzato su Quarto Oggiaro:

    http://www.youtube.com/watch?v=piXWe3dKLUg

    Saluti

    Vittorio

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