21 maggio 2014

INTRODUZIONE AL DOCUMENTARIO. (Bill Nichols).

Capitolo 4: di che cosa parlano i documentari?

Proprio per il fatto che nel capitolo precedente Nichols diceva che il documentario “parla di”, è giunto il momento di comprendere quale possa essere il contenuto della sua storia. Per la precisione, è meglio utilizzare il plurale, poiché le storie narrate sono almeno tre: quella del regista, del film e del pubblico.

Nell’osservare il video comprendiamo che una storia riguarda come e perché il film è stato realizzato. Molti fattori, anche al di fuori del contenuto stesso, si intrecciano e determinano la produzione dell’opera. Il trionfo della volontà di Leni Riefenstahl, per esempio, contiene sia l’ambizione del regista di creare un film dal grande impatto emotivo e per certi aspetti colossale sia il desiderio del partito nazista di costruire un’immagine di sé che rispecchiasse sentimenti positivi. Infine, anche lo spettatore concorre a determinare una storia del film, in base alle proprie aspettative e alle proprie esperienze passate. Spesso trova nell’opera ciò che vuole vedere e ne legge il contenuto alla luce delle sue impressioni o “pre-visioni”; va da sé che persone differenti coglieranno spunti differenti dal film. Spesso nei documentari etnografici sono presenti sacrifici di piccoli animali (polli o maiali), queste azioni possono creare repulsione in uno spettatore occidentale, non più avvezzo ad azioni di questo genere. Il film, in questo caso, ci parla anche degli spettatori, i quali mostrano questa specifica reazione. I documentari si fondano sulle nostre esperienze passate e grazie ad esse cercano di trasmetterci particolari sentimenti.

I concetti che veicolano tuttavia sono “invisibili”(cfr. p.74). Ad esempio non possiamo vedere il concetto “povertà”, ma ne possiamo percepire la rappresentazione: alcuni vedranno il dramma dei bambini di strada, altri la spazzatura e i vagabondi. La forza del documentario sta nel mostrare ai nostri sensi, attraverso la disposizione dei suoni e delle immagini, una rappresentazione meno sfuggevole possibile. Nel mostrare determinate immagini il regista parla di come vede una situazione e di quale può essere l’impressione che vuole trasmettere. John Huston nel suo film San Pietro non inserisce una voce fuori campo che annuncia “la guerra è un inferno” o “il soldato semplice paga con la sua vita ciò che i generali decidono”(p.74), ma lo trasmette attraverso le immagini. Il documentario si fonda sulla commistione tra concetti astratti e immagini selezionate, da ciò nasce una gestalt, ovvero un modo di trattare un argomento concettuale.

Attraverso il film, come Nichols diceva nei precedenti capitoli, siamo convinti, persuasi e predisposti nei confronti di un particolare punto di vista sul mondo che ci circonda. Attiva oltre la nostra coscienza estetica quella sociale, fondata su temi specifici che oltrepassano quelli semplicemente artistici; ritengo sia una sorta di “estetica militante” (questo termine non è presente in Nichols). Con la retorica e l’oratoria il film ci indirizza agli argomenti che tratta, spesso incorrendo nei tre tipi di problemi che furono affrontati già dalla disciplina classica. Innanzitutto emerge una sfera legislativa o deliberata: il film esorta il pubblico ad abbracciare un determinato modo d’agire. Le questioni politiche di rilievo sociale, come la guerra, il benessere, la conservazione, l’aborto, la sessualità, ecc… fanno parte di questa categoria. In secondo luogo, si può avere a che fare con la sfera giudiziaria o storica, accusando o difendendo azioni compiute in passato. Il regista vuole che attraverso il documentario lo spettatore sia spronato a valutare un problema, ad affrontare un certo numero di prove e alla fine trarne delle conseguenze, così che giustizia sia fatta. La storia, oltre ad avere carattere logico, mostra aspetti particolarmente oratori o se si vuole “emotivi”. In terzo luogo, la sfera apologetica o encomiastica fa riferimento alla lode o all’accusa di altre persone. Con questa particolare retorica, il regista può inserire le proprie impressioni che sostengono la tesi che va argomentando.

Molti dei concetti presi in considerazione nel film, tuttavia, non possono essere veicolati direttamente, ma necessitano di significati metaforici. L’amore, la guerra e la famiglia, sono tutti argomenti che una descrizione da dizionario non potrebbe cogliere appieno. I documentari “ci mostrano un modo per dire che la guerra è un inferno o le famiglie sono nidi di serpi o una gioia” (p.82). le metafore servono ad accostare questi concetti (ed altri ancora più astratti) a cose che inconsciamente li richiamano. Queste possono rafforzare le nostre definizioni dandone una connotazione, morale, sociale e politica. Ad esempio per rappresentare il successo, il film può mostrare un uomo che scala una montagna vera e propria, oppure una serie di cadaveri per dire che la guerra è un inferno. I documentari ci danno l’idea di come poter comprendere con categorie a noi familiari le esperienze vissute degli attori sociali, spesso anche molto distanti da noi. Essi ci trasportano con grande enfasi verso le questioni principali che hanno mosso la produzione stessa. In Padeniye dinastii Romanovykh (1927) Esther Shub delinea, attraverso il recupero di immagini d’archivio, uno scenario ambiguo, contro cui si pone criticamente. Nella sequenza di immagini viene mostrato un conte, pochi anni prima della rivoluzione russa, che sta prendendo il tè con sua moglie. All’uscita di scena dei due, subentra quella dei camerieri che sparecchiano il tavolo. Shub con queste immagini vuole mettere in evidenza chiare opposizioni: il piacere e il lavoro, la ricchezza e la povertà, l’eleganza e la necessità. In questo caso le immagini biasimano quel prodotto che era nato con l’intento di elogiare, proprio come un quadro campestre, i possedimenti e gli agi della nobiltà. 

I Film e i video documentari parlano di fatti sociali nell’intento di smuoverci. Affrontano spesso temi che sono mediati dalla istituzioni come la famiglia, la scelta sessuale, il conflitto sociale, la guerra, la nazionalità, l’etnia, la storia, ecc… affrontando una tra le storie possibili, mettono in campo alcune strategie in grado di persuadere, divenendo una tra le molteplici voci del dibattito. Basandosi su questo tipo di convenzioni, il regista può distaccarsi dalla definizione dei concetti per il senso comune e affrontare in modo distaccato l’argomento. Il documentario ci consiglia di riflettere sul mondo in cui viviamo e agire in un modo politicamente determinato. 

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