19 maggio 2014

INTRODUZIONE AL DOCUMENTARIO.

Capitolo 2: in che modo i documentari sono diversi dagli altri tipi di film?

Nichols, a questo punto della sua indagine, si trova a fare i conti con la definizione di documentario. Operazione che si presenta piuttosto complessa, poiché questo particolare tipo di video acquista significato in relazione ai suoi opposti (film di finzione, sperimentale o d’avanguardia).

La difficoltà si fonda sul fatto che il documentario non riproduce il mondo in cui viviamo, ma ne rappresenta alcuni tratti piuttosto che altri, evidenziandone in questo senso le specifiche qualità che pongono in relazione il regista e lo spettatore. Il film di rappresentazione sociale può essere definito “concetto misto” (p.31). Tuttavia, non tutti i documentari, pur appartenendo alla medesima categoria, sono uguali (nel procedere del testo saranno affrontate numerose tecniche di produzione). Una definizione esaustiva, che fissi in un’unica categoria il significato di documentario, non è raggiungibile e soprattutto sarebbe superficiale. Il modo migliore per affrontare, non più il documentario ma i documentari, è prendere in considerazione caso per caso, mettendo in discussione il concetto di definizione, così come queste produzioni fanno a loro volta presentando nuovi stili, sperimentando e innovando. Perciò dobbiamo analizzare i prototipi (cfr. Nanuk l’eschimese, Night Mail o la serie Why We Fight). Questa analisi ci consente di prendere in considerazione sia l’uso del singolo attore sociale, del commento fuori campo, così come quello di gruppi più estesi e fondati su un discorso più impersonale.

Diverse angolazioni ci permetteranno di abbozzare una serie di “definizioni”, fondate sulle istituzioni, sui registi, sui testi (film e video) e sul pubblico.

Il documentario può essere definito come tale a partire dalle istituzioni che ne etichettano la particolare categoria. A partire dalla sponsorizzazione possiamo facilmente comprendere di che genere potrà essere il prodotto cinematografico. I canali Tv, che trasmettono generalmente film di carattere documentaristico, tenderanno a descrivere ogni forma di video riprodotta con questa definizione, mantenendo intatta la propria identità. Tuttavia, in queste emittenti possono essere proposti film come This Is Spinal Tap (1984) che rappresenta – sotto forma di documentario – un ipotetico e inesistente gruppo rock. Questa forma specifica di finzione viene detta mockumentary. Con questo tipo di produzione il documentario viene messo in discussione, soprattutto perché  viene ricostruito e “immaginato” l’impianto logico, con cui si tende a legittimare la veridicità delle immagini proposte.

I registi, a loro volta, consentono di definire il documentario in un modo invece che in un altro. Il loro compito è quello di rappresentare il mondo, affrontando spesso temi sociali quali l’effetto dell’inquinamento o l’identità sessuale. La loro posizione critica nei confronti delle fonti e della tecnologia digitale gli consente di analizzare nuovi problemi sia teorici che pratici, in merito alla loro stessa produzione. Possiamo pertanto comprendere che tanto quanto cambia la loro impressione di cosa possa essere il documentario, così anche per noi, il concetto del tipo specifico di film di rappresentazione reale, può variare nel tempo, declinando qualsiasi tipo di fissità.

Il film, per appartenere al gruppo specifico detto documentaristico, deve mostrare alcune caratteristiche condivise da altre produzioni della medesima categoria. Alcune caratteristiche tecniche ci consentono di sottolineare i punti salienti del documentario: l’uso della voce fuoricampo, le interviste, l’audio in presa diretta, scegliere per protagonisti attori sociali, ecc… un altro strumento di identificazione è l’analisi della struttura logica, spesso connessa alla risoluzione di un problema (simile alla narrativa poliziesca). Questo tipo di organizzazione consente di argomentare a favore di un tema specifico, sostenuto da una narrazione temporale e lineare grazie ai collegamenti attuali e storici (senza l’uso del montaggio). Il documentario presenta un numero di scene e inquadrature maggiore della fiction, fondato sulla necessità di argomentare a favore di un tema centrale. Con il “montaggio evidenziatore”, ovvero l’inesistenza di un’uniformità di tempo e spazio nell’immagine montata preservando il contenuto e l’argomento, il documentario alterna un primo piano su un’azione con un campo lungo sulle conseguenze di quell’azione anche spaziotemporalmente molto lontane. Storicamente sono sorti movimenti differenti sul documentario: negli anni Venti e Trenta in Russia si formarono stili promossi da Dziga Vertov, Esther Shub, Victor Turin; negli anni Cinquanta il free cinema inglese; e negli anni Sessanta negli USA il cinema di osservazione come quello di Frederick Wiseman,ecc… questi stili, oltre che rappresentare movimenti storici, consentono alle nuove produzioni di riprendere alcune tecniche innovative. Seguendo la classificazione di Nichols, possiamo parlare di vari modelli di comunicazione, promossi da uno o più movimenti:

1)    Modalità poetica: enfatizza le associazioni visive, le qualità di tono o di ritmo, i passaggi descrittivi e l’organizzazione formale.
2)      Modalità espositiva: enfatizza il commento verbale e la logica argomentativa; questa è la caratteristica che la maggior parte delle persone identifica come modalità del documentario.
3)     Modalità osservativa: enfatizza il coinvolgimento diretto con la vita quotidiana dei soggetti, osservati con discrezione da una cinepresa.
4)   Modalità partecipativa: enfatizza l’interazione tra regista e soggetto. Le riprese sono composte da interviste o altre forme di coinvolgimento.
5)  Modalità riflessiva: richiama l’attenzione sulle presupposizioni e sulle convenzioni della regia documentaristica. Aumenta la consapevolezza che la rappresentazione della realtà da parte del film è una fabbricazione.
6)      Modalità interpretativa: enfatizza l’aspetto soggettivo o espressivo del coinvolgimento del regista col soggetto, e la reazione del pubblico a questo coinvolgimento. (Elenco tratto da B. Nichols, Introduzione al Documentario, il Castoro, Milano, 2006, pp.44-45).

Ognuna di queste modalità nacque dalle riflessioni dei movimenti che si sovrapposero e vennero a costituire un corpus di strumenti per la produzione documentaristica. Pertanto, i testi che raggiungono gli spettatori sono molteplici: dal carattere normativo e convenzionale della produzione, all’organizzazione logica; dall’uso di una specifica tipologia di montaggio all’importante ruolo del discorso rivolto al pubblico.

Infine, la caratteristica forse più importante è che il documentario si rivolge ad un pubblico  particolare. L’idea che un film sia un documentario nasce dalla mente dello spettatore tanto quanto dal contesto e dalla struttura della produzione stessa. Una serie di caratteristiche ci consentono di comprendere se il film sia una fiction o una rappresentazione della realtà. Il documentario utilizza suoni e immagini presenti nel mondo reale, questo fatto dà al prodotto un carattere di documento. Il modo con cui la macchina da presa, seguendo le istruzioni del regista, documenta un’azione, rappresenta uno stile specifico. « Per questo motivo si può dire che tutti i film sono dei documentari, che si tratti di documentari dell’immaginazione o di rappresentazione sociale. Nella fiction, tuttavia, rivolgiamo la nostra attenzione non alla documentazione di persone reali, ma alla costruzione di personaggi immaginari ».(p.48). Per il pubblico, spesso, il documentario prende in considerazione “discorsi impegnati”, ovvero legati ad ambiti particolari della realtà sociale come la scienza, la storia, l’economia, la medicina, la strategia militare, la politica estera e l’istruzione. Lo spettatore tuttavia desidera appassionarsi a ciò che vede; vuole che sia commovente e spera che alla fine del film possa conoscere di più il suo mondo (scaturisce in ognuno il desiderio di conoscenza).


Grazie a questi spunti proposti da Nichols, possiamo comprendere quanto la definizione di documentario sia molteplice, soprattutto se affrontata a partire da diversi punti di vista. Un’unica definizione non potrebbe che apparire riduttiva e semplicistica. 

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