1 giugno 2011

Post di Cecilia Zucchetti

Il terremoto di 8.9 gradi richter, l'onda sconvolgente che lo ha seguito, case, treni, auto travolt, immense distruzioni e rottura di un circuito di raffreddamente nucleare.
Il popolo giapponese risponde ad una tale tragedia ambientale con una compostezza esemplare.
Villaggi distrutti dalla forza delle acque, una centrale nucleare fuori controllo, ma il Giappone va avanti spinto da una clma disumana, incomprensibile al popolo occidentale.
Di fronte ad una simile catastrofe il mondo si chiede come sia possibile non farsi prendere dal panico, non lasciarsi andare e cadere nella più totale disperazione.
Il Giappone non si sente perso, continua a vivere, nel popolo vigono ancora le antiche lezioni degli antichi samurai: rispetto per le regole e spirito di gruppo.
Per questo popolo tutto deve essere perfettamente programmato, tutto deve essere sotto un totale controllo (consapevole del fatto che non vive in una terra ad alto rischio sismico), motivo per tutti i luoghi pubblici hanno dei piani di evacuazione ben collaudati che vengono periodicamente testati.
La cultura giapponese, la preparazione psicologica che vi è dietro a questo popolo, lo ha istruito ad avere sempre tutto sotto contrllo: mai farsi prendere dal panico, ma, inforcare lo zainetto delle emergenze, infilarsi l'elmetto e dirigersi verso il punto di aggregazione prestabilito.
La calma mostrata dal Giappone di fronte a questo disastro non stupisce se si pensa al fatto che il controllo delle emozioni è un tipo di esercizio psicofisico a cui i Giapponesi vengono sottoposti fin da piccoli. Ruth Benedict li definisce come "coloro che giudicano se stessi e gli altri in base alle categorie di autocontrollo e autogoverno"
Mostrare quindi in pubblico eccessi di un qualsiasi stato d'animo viene considerato come segno di debolezza.
Anche se all'Occidente sembra un comportamento disumano, irreale, incomprensibile, la capacità di astrazione mostrata da questo popolo e il controllo delle proprio emozioni sembra essere l'unico modo per riuscire a sopravvivere di fronte alla perdita improvvisa di tutto ciò che si aveva.
In una situazione di tale emergenza nazionale, il grande senso di apparteneza alla collettività si forma attraverso la perfetta coesione e il perfetto funzionamentodel "gruppo" in sè.

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