23 gennaio 2013

Capitolo 5: Theorizing the "Body" in Visual Culture

La letteratura sul “corpo” nelle scienze umane e sociali si diffonde alla fine degli Anni ’70 e verso la metà degli Anni ’80 appare dappertutto. Nell’antropologia americana, però, il “corpo”, come materiale visivo, era presente già negli Anni ’40.
In questo capitolo gli studi sul “corpo” sono suddivisi in tre gruppi:
1.    Discorsi sul corpo (il corpo come oggetto biologico, culturale e sociale)

1.1  Il corpo come oggetto culturale: Nei testi antropologici il corpo dei non-Occidentali sono descritti come oggetti culturali. Attraverso le fotografie, gli schizzi e le descrizioni antropologi ed etnologi prestano molta attenzione a fenomeni visivi come maschere, abbigliamento, ornamenti, etc. I tatuaggi e i body painting sono visti come identità sociali in base all’età, sesso o stato politico.

1.2  Il corpo come oggetto biologico ha avuto grande importanza per l’antropologia generale nel XIX e XX secolo. E’ stato classificato, descritto e differenziato per le sue caratteristiche fisiche. Già nel 1758 Carl Linnaeus distingue 7 razze diverse, ciascuna con caratteristiche che la distinguano dalle altre: gli Europei bianchi (robusti e muscolosi), gli Asiatici gialli (malinconici e freddi), gli Americani rossi (irascibili e onesti), gli Africani neri (lenti e rilassati), i Ferus (irsuti e selvaggi), i Trogloditi e i Mostruosi (per definire i giganti e mutanti genetici). Qualche anno più tardi Blumenbach classifica gli umani per anatomia e non più per caratteristiche culturali: Caucasici (bianchi), Mongoloidi (gialli), Americani (rossi), Etiopi (neri) e Malesi (marroni).

1.3  Il corpo come oggetto in movimento: Non solo la superficie del corpo dei non-Occidentali, decorata e modificata, ma anche i suoi movimenti sono oggetto di studi antropologici. Le abitudini insolite, le danze selvagge e i rituali esotici furono di grande interesse per gli esploratori e gli etnologi del XIX secolo. Grazie a queste pratiche, che a volte disgustavano gli Europei, i popoli esotici erano etichettati come “primitivi”. Secondo l’antropologo inglese Tylor il linguaggio dei gesti era nato molto tempo prima del linguaggio parlato e scritto ed era universale. A conferma di questa sua tesi condusse alcuni studi sul linguaggio dei sordi in diversi paesi. Per Franz Boas, che studio anche le danze dei “primitivi”, il linguaggio dei gesti era importante quanto quello parlato per comprendere le culture studiate, per capire come gli indigeni percepiscono il proprio corpo. Anche le sue allieve Margaret Mead e Ruth Benedict prestarono molta attenzione al movimento del corpo nei propri studi.

2.    Discorsi del corpo (com’è vissuto il corpo, I feel/experience; Antropologia dei sensi – la Prima rivoluzione somatica) - Negli Anni ‘80/90 gli studi di Foucault si concentrarono sul corpo come costruzione culturale e nell’ambiente degli antropologi si cominciò a parlare del corpo dal punto di vista medico, sessuale, politico e sociale. Il “corpo vissuto” è il corpo che sentiamo e sperimentiamo. E' attraverso i sensi che l'uomo entra in contatto con il mondo esterno e con il proprio stesso corpo.

3.    Discorsi dal corpo (il concetto post-cartesiano della personificazione dinamica – la Seconda rivoluzione somatica) – Molto poco si è parlato del corpo come un agente in movimento in uno spazio di significati ben organizzato. Drid Williams, Brenda Farnell e Charles Varela hanno contribuito molto agli studi dell’azione umana come pratica dinamica (il movimento stesso del corpo che, ovviamente, può essere anche percepito). Qui vediamo la differenza sostanziale tra la Prima e la Seconda rivoluzione somatica: la differenza tra il sentire il corpo (in movimento o statico) e il movimento stesso; l’uso del termine “azione” sostituisce il termine “comportamento”.

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