12 febbraio 2013

"Cinema: a Visual Anhtropology", Gordon Gray


Capitolo 2

In questo capitolo l’autore passa in rassegna alcune delle correnti culturali che si sono avvicendate nel corso degli anni in Occidente e cerca di mostrare quali siano i vari approcci di queste al cinema.
La visione del cinema come forma d'arte si è sviluppata dopo l'avvento del sonoro mentre a partire dagli anni ’70 viene analizzato in quanto apparato ideologico cercando di indagare il suo funzionamento non legato alla tecnica ma anche al messaggio artistico.
Dalle avanguardie francesi nacquero le prime teorie di formalismo cinematografico. In particolare Louis Delluc negli anni ’20 cercò di evidenziare gli aspetti di rappresentazione del cinema nel contesto dell'industria commerciale.
Sebbene in Germania non ci sia stato un portavoce come Delluc, i registi ed i teorici tedeschi elaborarono l’ideologia dell'espressionismo, la rappresentazione della "realtà" come insieme di stati mentali ed emozioni. La telecamera venne coinvolta nelle dinamiche della scena, diventando talvolta protagonista (ad esempio in Psycho nella scena in cui viene pugnalata la donna). 
A Francoforte, Kracauer tra il 1920 e il 1930 assieme ai colleghi della testata giornalistica Frankfurter Zeitung criticava le forme di capitalismo contenute sia nel cinema che nella altre forme d'arte, tra cui anche l'urbanistica, cercando di vedere quali ideologie politiche ed economiche fossero dietro la creazione delle opere. La scuola di Francoforte vedeva nel cinema un potenziale strumento di propaganda politica sia costruttiva, come testimonia l’esempio russo, che negativa, durante il controllo sociale nazista.
Anche i registi sovietici, tra cui Vertov, vedevano il cinema come strumento di propaganda politica. Film come "L’uomo con la videocamera" (1929) raccontavano una parte della rivoluzione. In particolare questo film fu importante anche per l'uso di tecniche di editing (correzione ed unione) dissoluzioni, split screen (due inquadrature sovrapposte). Queste tecniche, definite da Parkinson come manifestazione di “cine-poetica”, furono le prime a dare l'idea del montaggio dove era possibile fondere contesti, spazi e tempi lontani e saranno rese celebri in film di molto successivi quali “Million Dollar Baby”.
Dopo la seconda guerra mondiale il cinema in Europa venne visto sia come uno strumento d'arte che come propaganda. Il contesto in cui veniva scritto il film diventava perciò cruciale per la comprensione dei contenuti.
Il Neo Realismo italiano rappresentava la distruzione economica e morale avvenuta dopo la seconda guerra mondiale, i film dipingevano situazioni popolari, spesso ingaggiando attori non professionisti, l’opposto della fantascienza e degli attori di serie “A” hollywoodiani. Il linguaggio dei film italiani era colloquiale e non letterario: il film “Ladri di biciclette” (1948) era interamente amatoriale.
Per Bazin, esponente del Realismo francese negli anni ’50, il cinema era legato alla realtà in cui veniva ideato e lo si apprezzava nel cogliere tali collegamenti. In maniera opposta ai russi Bazin prediligeva scene lunghe, inoltre vedeva la propaganda sovietica come qualcosa di ideologico, non reale. Fu inoltre uno dei primi a riconoscere l'influenza del cinema sulla cultura popolare. 
Il marxismo influenzò anche le teorie cinematografiche e in particolare Althusser, secondo Lapsey e Westlake, fu una figura di spicco perché evidenziò e criticò gli aspetti della società moderna capitalista in cui erano ancora presenti concetti quali la sovrastruttura (insieme di leggi politiche, religiose, di parentela), il valore dei lavoratori che dipende esclusivamente dalla resa, il controllo dalla classe predominante su quella operaia, la rivoluzione socialista e comunista come unica maniera per ribaltare i ruoli sociali. 
Althusser sviluppò l'idea dell'identificazione: l'identità di una persona si forgiava all'interno della società ma l'individuo è complice di tale processo, è responsabile di affermare, riaffermare, o cambiare la sua ideologia. Il marxismo tuttavia non ha vita eterna perché si allontana dai modelli teoretici secondo cui il cinema si giustifica da se senza bisogno di interpellare i processi in atto al suo interno. Il marxismo cinematografico viene visto come una spingere verso ideologie ipoteticamente dedotte piuttosto che determinate empiricamente. Da ciò deriva il fatto che il contesto del film viene acquisito piuttosto che ricercato.
La rivista “Cahier du Cinema” fondata da Bazin e soci, era contraria al marxismo tanto da dichiarare nel ‘79 che un prodotto artistico non può essere legato ad un contesto socio-storico in maniera diretta, è in realtà parte di un testo storicamente e socio-politicamente più ampio. Per esempio “Young mr Lincoln” di Lanuck uscito nel 1939 può essere visto sia nell'interno del contesto economico del cinema hollywoodiano che come la sintesi di un particolare evento storico: emerge infatti chiaramente la necessità di riprendersi dal momento di depressione di Hollywood che si trova sotto il controllo dei grandi affari delle banche e si vede inoltre come la 20th Centuy Fox avesse sponsorizzato il partito repubblicano personificandolo nella figura di Lincoln, il simbolo di legge e verità. 
L’altra corrente che sviluppò un discorso attorno al cinema fu lo strutturalismo che si manifestò nella figura di Saussure che vedeva una sorta di dualismo contrapposto tra bene e male, triste e allegro. Effettivamente tali criteri vennero criticati poiché non erano necessariamente uguali per tutti e venne fatto notare che tale corrente spingeva verso una coerenza spesso astratta.
Propp prese spunto delle fiabe russe per rielaborarle in una struttura che si ripete, c'è sempre infatti la figura dell'aiutante magico e di quello che manda l'eroe fuori pista. Propp non venne riconosciuto come strutturalista tra gli strutturalisti perché non cercava di inserire un significato nascosto. 
La semiotica ha interesse verso il linguaggio di segni e simboli. L’analisi semiotica si basa sulla scienza piuttosto che su impressioni filosofiche e su sentimenti personali.
Secondo la visione cinematografica di Metz ogni inquadratura ed ogni elemento tecnico di un film doveva avere un senso, in caso contrario sarebbe stata la prova di un film fatto male. Per comprendere questi linguaggi Metz li categorizzava in contesto del film (relazioni del film con gli intenti di produzione o, se tratto da un libro, dalla sua storia) e contesto cinematografico. La semiotica di Metz era interessata praticamente solo su questo secondo punto, la scienza del cinema. Le sue teorie partivano dal concetto di pellicola come insieme di inquadrature: ognuna è importante quanto una parola in un discorso. Lo scarso successo di questa metafora lo spinse a concentrarsi nel fornire maggiori elementi di significazione. 
Anche Freud e Lacan furono presi in forte considerazione nell'analisi cinematografica. In particolare Hollywood era vista come la fabbrica dei sogni che raffigurava nell’inconscio dei desideri in maniera celata: per fare un esempio si può prendere la metafora del treno che entra in una galleria come inconscio simbolo del desiderio sessuale.
Fu rielaborata la teoria di separazione dalla madre di Lacan: il bambino che si separa dalla genitrice afferma la propria maturità e completezza però d'altra parte deve riuscire a compensare la mancanza della figura materna. L'auto consapevolezza viene tradotta in termini cinematografici come la fase specchio che garantisce al soggetto una nuova visione ma di per se non basta, ha bisogno del linguaggio come mezzo di socializzazione e di completamento. Secondo i teorici psicoanalisti il film opera quindi sul livello dell'individualità.
I lavori di Mulvey attorno al 1975 mostrano l'importanza di tali teorie rielaborandole nel concetto di piacere nell’uomo: identificazione, voglie sessuali e feticismo. Il piacere deriva dall'auto riconoscimento nel protagonista che esercita il suo potere di controllo su esseri più deboli come le donne.
Sembra che le teorie psicoanalitiche elaborate per il cinema siano difficilmente riconducibili alla realtà, questa è il rischio che si corre quando viene assunto il linguaggio di un'altra disciplina dimenticandosi di aver fatto uso solo di metafore. 
Le teorie letterarie degli anni ‘80 trasposte nel cinema erano incentrate principalmente sulla soggettività e sulla critica della narrativa. Confrontando le correnti letterarie pre moderne con quelle moderne, i teorici si sono soffermati alla visione della novella perché la letteratura rispecchiava quel periodo di transizione, di formazione del concetto di nazione ed identificazione, del domandarsi chi sia a dettare la storia. 
Il difetto comune alle grandi teorie quali il marxismo, la semiotica e la psicanalisi è stato quello di cercare una verità universale in maniera astratta applicando delle categorie teoriche troppo difficili da riscontrare poi anche nella pratica. 

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