12 febbraio 2013

"Cinema: a Visual Antrhopology", Gordon Gray


Capitolo 4

In questo capitolo viene affrontato il problema dell’audience: come cioè il pubblico recepisce ciò che guarda e ascolta e come il medium cinematografico si ponga in modo dialogico con il pubblico. Ancora una volta è importante l’analisi del contesto per capire che tipo di interazione c’è tra cinema e spettatori. Prendiamo ad esempio il caso della Thailandia che intorno agli anni ‘80 non aveva spazi legittimati per la discussione cinematografica. Sebbene ci fosse la libertà di parola, la critica doveva stare estremamente attenta a ciò che riportava di un film poiché un’opera poteva essere giudicata sovversiva anche se si spostava dalle rappresentazioni teatrali tipiche.
Il cinema è stato pensato in Occidente come un meccanismo che potesse fomentare la disparità sociale tipica del capitalismo: da un lato l'intrattenimento rilassante e la visione di fantasie faceva dimenticare la realtà poco piacevole alla classe operaia, dall'altro questa visione li spronava a lavorare di più per potersi permettere la bella vita rappresentata dai film.
Gli studi politici che si limitano ad associare un particolare film o genere cinematografico con specifiche qualità del pubblico (età, sesso, status sociale) non forniscono una risposta al come mai la gente scelga proprio il cinema come mezzo di intrattenimento e divertimento.
La psicanalisi associava la pratica dell'osservazione di strane figure bidimensionali in una stanza buia al cinema e cercava di capire come tale processo di osservazione potesse essere trovato interessante; per gli psicanalisti la soluzione era che il film influenzava il nostro subconscio, e lo faceva in maniera non solo positiva ma anche negativa. 
Secondo Barker l'errore della psicanalisi è stato quello di considerare l'audience in termini idealizzati e teoretici che raramente corrispondono alla realtà. Per giustificare questa discrepanza, la psicanalisi attribuisce al film il successo nel promuovere una falsa consapevolezza nel pubblico.
Le prime teorie che si interessavano all’audience adottarono il modello dei “due gradini” in cui i consumatori con maggiori competenze trasmettevano il messaggio a quelli meno dentro l'ambiente. I metodi usati per questo genere di studi erano quantitativi e si avvalevano dell’uso di questionari e statistiche.
Altro fenomeno fortemente legato e influenzato dal cinema è quello delle telenovela: nasce in Sud America dal melodramma ed è importante per la capacità di alienare il suo pubblico, specialmente nord americano, dal suo contesto culturale. Il successo delle telenovelas ha portato ad una sub produzione di fiction regionali in cui comparivano elementi specifici della cultura che li metteva in scena (per esempio in quelle messicane c'è una profonda divisione tra bene e male, in quelle brasiliane vengono sponsorizzati molti più valori reali).
Come nel modello di codificazione-decodificazione di Stuart Hall, gli studi culturali combinano idee dalle varie correnti teoriche. Infatti negli anni ‘60 la Birmingham University vide nascere il CCCS (Centro di Studi Culturali Contemporanei), che inizialmente seguì una matrice ispirata dalla scuola di Francoforte, poi si occupò delle relazioni tra cultura e potere ideando nuove teorie. Nel periodo di Stuart Hall i media venivano analizzati come forma di testo intermediario del rapporto tra consumatore e pubblico. Il leggere (o l’osservare) il testo è un metodo attivo di interazione con esso, che fornisce al pubblico gli strumenti per criticarlo e rendersi consapevole del contesto. Così come in ambito politico i gruppi hanno la possibilità di accettare o contrastare un ideologia predominante, il pubblico può accettare o rifiutare il messaggio contenuto nel testo cinematografico. 
Per lungo tempo gli antropologi hanno focalizzato il loro interesse solo sul cinema, trascurando una dimensione locale, più piccola ma dall’impatto fortissimo sulla popolazione: la telenovela e la soap opera. Come emerge dagli studi, le soap opera egiziane così come quelle sud americane hanno una grande identità culturale e sono estremamente ricche di valori. Importante da riportare è il lavoro di Abu-Lughod (2002) in riferimento ad una soap opera egiziana: Amira. Nella protagonista della fiction (Amira per l’appunto) sono incarnati un insieme di valori che permeano la sua vita e di riflesso quelle degli spettatori che la seguono numerosi: la religione, il rapporto con la società e via dicendo. Il legame tra religione e moderno indica una necessità di identità nelle persone della classe media come Amira. L'analisi dei valori di Amira è stato un successo per l'antropologia perché si è potuto dimostrare che le cause dell'apprezzamento del pubblico sono strettamente legate ai valori culturali vicini al popolo. 
Per gli emigrati, vedere un film è sempre mediato da dei filtri: spesso sono dissidenti religiosi o comunque si sono instaurati in un luogo da più generazioni e il messaggio che passa per loro è diverso che per gli altri.
Gli Hmong (gruppo etnico originario cinese emigrato in USA, Francia, Canada e Australia per la guerra in Vietnam) hanno prodotto molto materiale cinematografico (e non solo) esclusivamente per la propria cultura in maniera no profit; il loro scopo è stato quello di  rappresentare la loro cultura e la loro terra per avvicinare il destinatario Hmong ad un immaginario di ricongiungimento con le proprie origini. Questi film sono stati usati anche per comunicare a distanza con gli Hmong rimasti a casa.
Il difetto degli studi sull'audience è stato principalmente il focalizzarsi sul livello quantitativo  dell’analisi e sui modi di azione sul cinema senza chiedersi effettivamente come sia composto il pubblico e perché vada al cinema. Dall’altra parte tali teorie sono state utili perché hanno permesso meglio di capire che a seconda di come si guardi un film, trasmette un determinato messaggio (uno psicanalista ad esempio vedrà il film come manifestazione di subconscio a differenza di un emigrato magari dissidente che leggerà nel film un richiamo alla sua patria e alle condizioni socio economiche dalle quali è scappato). 
In tutto questo, ancora una volta è bene ribadire che il ruolo dell’antropologia è stato tutt’altro che marginale per capire fino a che punto il cinema non è semplicemente una rappresentazione di una società ma una parte della rete di relazioni sociali che va capito in correlazione alla società d'appartenenza.

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