12 maggio 2013

Interculturalismo e seconde generazioni nell’hinterland milanese. Cap 13.


Le ultime riprese di svolgono nuovamente nel laboratorio teatrale di Pioltello. Anche qui, complice la confidenza e fiducia instauratesi, i risultati appaiono sorprendenti. Giulia e Giulia hanno in programma una lezione di “racconto”, ognuno si racconta a partire dalle proprie paure.

La prima cosa da sottolinearsi è l’indifferenza verso le telecamere, i ragazzi, anzi le ragazze soprattutto, si aprono come se noi non ci fossimo. Nessuno guarda più in macchina, nessuno fa un po’ di show per lo schermo (come avveniva le prime volte) e, soprattutto, viene messa da parte la timidezza e la chiusura, fino a tirar  fuori delle paure e riflessioni molto profonde e talvolta crude. Come accaduto con Hassan e Mirko anche qui vediamo l’intrecciarsi della quotidianità e delle difficoltà di un adolescente dei giorni nostri con la differenza, il posizionamento e anche lo scontro interculturale che, ad esempio una ragazza egiziana, rivela parlando dei suoi timori legati all’amore e l’approvazione dei suoi sentimenti da parte dei genitori, in particolare del padre.

Terminata la lezione, ancora una volta seguita attentamente dalla signora Virgillito, veniamo invitati da quest’ultima in una cascina in cui si svolgono delle attività con alcune donne marocchine. Si tratta di un invito a pranzo, infatti arrivati a destinazione tutti insieme si cucina un cous-cous molto ricco. Ennesimo fuori programma in cui non possiamo sottrarci dal tirar fuori nuovamente le telecamere!

2 commenti:

  1. ciao Vittorio,
    ho scritto qualche commento ai tuoi precedenti post tutti molto interessanti.
    volevo ringraziarti per aver condiviso con noi il work in progress nel dettaglio e in modo puntuale.
    sono molto curiosa di vedere il vostro video finale.
    sara

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    1. Buongiorno,
      Di seguito rispondo ai suoi commenti ai precedenti post, per comodità e dare consequenzialità li ho uniti tutti qui.

      Con Giulia e Giulia sono stati fatti due diversi sopraluoghi. Il primo solo con loro, in cui ci hanno spiegato il significato e gli obiettivi del laboratorio e noi quelli del nostro progetto e un secondo con i partecipanti al laboratorio, sempre di conoscenza e, non indifferente, di richiesta del consenso per le riprese. I singoli esercizi non sono stati invece “concordati” e sinceramente, l’impressione è che in questo caso le insegnanti siano andate avanti con la loro programmazione senza modificarla per le telecamere, come forse invece era accaduto alla scuola d’italiano dove, come si ricorderà, questa differente scelta ha contribuito a generare una piccola rivoluzione sperimentale interna.
      Le riflessioni a posteriori sono invece state condivise con i partecipanti al laboratorio, alcune sono rientrate nel video, altre invece si è deciso di tagliarle perché molto personali e a volte crude, per quanto significative, in sede di montaggio abbiamo ritenuto fosse un’invasione nelle emozioni di questi ragazzi un po’ eccessiva, non sentendocela di inserirle.
      Le riflessioni dei ragazzi sulla presentazione del testo della signora Virgillito hanno effettivamente poco risalto nell’indagine, forse perché meno interessanti di altro, ma soprattutto perché le parole e le memorie della Virgillito vengono rilanciate e ridiscusse da Hassan e Mirko (studenti della classe in questione). I due ragazzi sembrano, inconsapevolmente, continuare la storia della signora mentre parlano sull’Ape-car, proprio da quella chiacchierata nascono spunti molto interessanti.
      Sulle motivazioni del posizionamento della classe nel sottoscala francamente mi trova impreparato! Quando ci è stato detto ci è sembrata una scelta di carattere logistico dell’organizzazione di una scuola sovrappopolata. Senz’altro la situazione crea del disagio, la posizione crea un senso di ghettizzazione ma né le insegnanti né gli studenti hanno mai manifestato un senso persecutorio dato dalla composizione o dall’indirizzo curriculare del gruppo classe in questione, anzi molte sezioni della scuola hanno un elevatissimo numero di studenti stranieri, come nel nostro caso, oltre il 50%.

      Le tecniche di ripresa sono state scelte in seguito ai sopraluoghi, la scelta registica di utilizzare spesso una doppia camera è data dalle situazioni. Spesso si sono incontrati infatti contesti dialettici: lezioni, presentazioni, racconti. La doppia camera ha consentito di riprendere contestualmente studenti e professori, chi raccontava un luogo e il luogo stesso, il senso generale e il detteglio. Poter disporre di una doppia camera ha quindi molto facilitato e valorizzato, laddove questa non è stata sufficiente o adeguata ci si è attrezzati implementando le strumentazioni in dotazione. Mi vengono in mente le riprese nell’Ape-car in cui si è utilizzata una camera “Go-pro” di uno dei documentaristi e si sono chiesti in prestito due microfoni a collarino che catturassero al meglio le voci senza che fossero sporcate con il rumore del motore e della strada.

      Sul tema del “diritto” all’interno delle lezioni d’italiano, come già scritto l’impressione è che Giovanni abbia scelto appositamente il tema/la parola per mostrarci una dinamica più curiosa di quanto già fosse di per sé. Come appunto sottolineato, questa lezione, per quanto interessante, viene smascherata quando a condurre il corso sono unicamente i ragazzi pakistani che scelgono un filone completamente diverso, anche sbagliando, a loro modo di vedere, ma provandoci e mettendosi in discussione con una verifica molto autocritica e propositiva.

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